venerdì 25 luglio 2014

Che attinenza ha l'espressione "Fare il pelo e il contropelo" con il Discorso del Monte?


Sto leggendo il contributo di Antonio Dal Muto sul libro di Adriana Destro e Mauro Pesce "La Morte di Gesù":


Facciamo il pelo e il contropelo a... Adriana Destro e Mauro Pesce "La Morte di Gesù" / Antonio Dal Muto.

Non ho ancora finito di leggere l'aggressivo pamphlet di Antonio Dal Muto, fortemente polemico nei confronti dell'ultima fatica scientifica di Adriana Destro e Mauro Pesce.
Mi riservo, naturalmente, a lettura ultimata, di fare una riflessione complessiva e compiuta sulle argomentazioni proposte da Dal Muto. Nell'immediato mi preme evidenziare un paio di aspetti di metodo, che a mio avviso hanno rilievo sostanziale.
Sono convinto che tutti i contributi conoscitivi siano, in positivo o in negativo, essenziali. La diversità di orientamento e di posizioni è, per la verità, il sale della vita. Ma sinceramente avverto un certo disagio quando la proposizione legittima di posizioni diversificate, anziché concentrarsi sulle idee e sulle loro motivazioni, scade nel dileggio o nell'assunto di essere gli assoluti detentori della verità.
Da un lato si invita a un esercizio della logica, ma poi si esordisce polemizzando con gli autori de "La Morte di Gesù", additandoli come abili utilizzatori del "filone religioso" che in questi ultimi anni sta incontando una certa fortuna nel mercato editoriale. 
Ho avuto modo di leggere il libro di Adriana Destro e di Mauro Pesce e lo ritengo un contributo utilissimo, offerto con gli strumenti della ricerca storica e antropologica, per conoscere Gesù di Nàzareth. Non sono uno storico, né un antropologo, ma sono convinto che i contributi di queste scienze possono arricchire la nostra conoscenza di Gesù, cioè di colui che, quanti di noi hanno scelto di essere cristiani, hanno deciso di seguire sulle vie del mondo, confrontandosi con i drammi e le speranze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Conoscere meglio Gesù, quel Gesù che abbiamo scelto di amare, ci è di grande ausilio per annunciare la fede. La fede, infatti, a mio avviso va annunciata, e non ha alcun bisogno di essere difesa.
Dal Muto sottolinea l'esigenza di un'accettazione totale dei Vangeli, dimenticando che a tal fine è necessario compiere uno sforzo per una comprensione piena del messaggio e dell'annuncio che essi ci propongono. E ciò richiede come condizione indispensabile la ricostruzione, nella forma più puntuale possibile, delle modalità con cui i testi dei Vangeli si sono venuti storicamente a formare. Ignorare questi complessi processi conduce inevitabilmente a una parziale comprensione e a un'altrettanto parziale accettazione dei Vangeli (proprio ciò che Dal Muto si propone di scongiurare).
Ritengo infine che anche il linguaggio usato, di natura sostanzialmente controversistica, sia sostanzialmente estraneo al messaggio dei Vangeli, dove faccio fatica a incontrare inviti a "fare il pelo e il contropelo". Ho letto piuttosto altri inviti: "amate i vostri nemici", "a chi ti colpisce su una guancia, progigli l'altra", "a chi ti chiede di fare con lui un miglio, fanne due"; e gli esempi potrebbero essere tanti altri. 
Non dimentichiamoci che Gesù, pur affermando che la salvezza viene dalla Giudèa e di essere colui capace di donare l'acqua "viva", accetta comunque dalla donna samaritana l'offerta dell'acqua materiale. E' pertanto importante essere grati ad Adriana Destro e a Mauro Pesce del dono della loro fatica di ricercatori, un'acqua materiale (fatta di metodo storico e di ricerca sociale) che tuttavia può rivelarsi davvero feconda sul terreno della nostra concreta esperienza di fede.


Vico Equense, lì 24 luglio 2014
Sergio Sbragia