Nelle odierne celebrazioni liturgiche, a
margine dell’assemblea domenicale, abbiamo avuto l’opportunità di meditare
intorno alla figura di Maria di Nàzareth, madre del nostro salvatore Gesù, nel
solco della tradizione di venerazione mariana formatasi intorno al santuario di
Pompei.
I riferimenti a Maria di Nàzareth che
troviamo nelle pagine dei Vangeli sono numericamente non molti, ma sono tutti
di grande significato spirituale e portatori d’insegnamenti decisivi per la
nostra fede.
Il punto di partenza più opportuno, a mio
avviso, lo troviamo in una delle pagine finali del “Vangelo di Giovanni”, se ci poniamo ai piedi della croce, sia pur indegnamente,
nei panni del discepolo amato e facciamo risuonare nel nostro cuore le parole
di Gesù che «disse al discepolo:
"Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé» (Gv. 19,27).
È proprio qui, ai piedi della croce, che trova il suo fondamento la maternità
di Maria di Nàzareth per quanti in piena libertà, e vivendo nella storia sulle
stesse strade delle donne e degli uomini del proprio tempo, scelgono di
prendere la propria croce e di seguire Gesù.
Allora
le parole di Gabriele che richiamato in esordio, «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc.
1,28b), mi sembrano le più opportune per connotare nel quotidiano la nostra relazione
di figliolanza con Maria di Nàzareth, una relazione di gioia e di fede adulta
che ci chiama a riconoscere nella nostra quotidianità, anche al di là delle
apparenze immediate, la volontà autentica del Signore e a essere capaci di far
nostre le parole di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo
la tua parola» (Lc. 1,38). Questa docilità, anche contro tutte le più comuni
evidenze umane, alla chiamata del Signore dimostrata da una giovanissima ragazza
galilèa è un’indicazione di fondo per ciascuno di noi. In ogni momento della
nostra vita, nelle difficoltà della vita quotidiana, nelle relazioni di lavoro,
nella vita sociale dobbiamo avere la capacità di ricercare quale siano le vere
e autentiche scelte che il Signore si attende da noi, saper leggere “i segni d
tempi”, nella consapevolezza che spesso le “apparenze ingannano” e che le
soluzioni abitudinarie e apparentemente “più ragionevoli e condivise” spesso
sono ingannevoli. È la ricerca della volontà di Dio, qui e oggi per ciascuno di
noi, costituisce la sfida gioiosa ed entusiasmante che siamo chiamati a
raccogliere. E Maria di Nàzareth, semplice donna del popolo, questo
insegnamento ha saputo con grande sapienza indicarla anche a un Gesù adulto e un
po’ recalcitrante, all’esordio della sua missione pubblica nel contesto delle
nozze di Cana, quando ha evidenziato ai suoi occhî i bisogni dei presenti: «Non
hanno vino» (Gv. 2,3).
La sfida decisiva è
allora quella di capire i bisogni autentici delle persone che incontriamo sulla
nostra strada, nelle comuni relazioni di ogni giorno. È lì che possiamo capire
ciò che a ciascuno di noi chiede il Signore, non attraverso prontuarî
artificiosi e comodi di comportamenti leciti o proibiti, ma attraverso un
ricerca autentica di ciò che è giusto e di ciò che, qui e oggi, significa il
verbo “amare”, sperimentando la stessa sensibilità di Maria che «da parte sua,
custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc. 2,19).
E, allora, in questi giorni dalla comunità
ecclesiale particolarmente dedicati a Maria, facciamo risuonare nel nostro
cuore le parole di una delle pagine più belle della Sacra Scrittura, l’inno
gioioso pronunciato da Maria di Nàzarteh, in occasione del suo incontro con
Elisabetta:
«L'anima
mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché
ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora
in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi
cose ha fatto per me l'Onnipotente
e
Santo è il suo nome;
di
generazione in generazione la sua misericordia
per
quelli che lo temono.
Ha
spiegato la potenza del suo braccio,
ha
disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha
rovesciato i potenti dai troni,
ha
innalzato gli umili;
ha
ricolmato di beni gli affamati,
ha
rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha
soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi
della sua misericordia,
come
aveva detto ai nostri padri,
per
Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc.
1,46b-55).
Vico
Equense, domenica 8 maggio 2016
Sergio
Sbragia
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