domenica 8 maggio 2016

«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc. 1,28b)



Nelle odierne celebrazioni liturgiche, a margine dell’assemblea domenicale, abbiamo avuto l’opportunità di meditare intorno alla figura di Maria di Nàzareth, madre del nostro salvatore Gesù, nel solco della tradizione di venerazione mariana formatasi intorno al santuario di Pompei.
I riferimenti a Maria di Nàzareth che troviamo nelle pagine dei Vangeli sono numericamente non molti, ma sono tutti di grande significato spirituale e portatori d’insegnamenti decisivi per la nostra fede.
Il punto di partenza più opportuno, a mio avviso, lo troviamo in una delle pagine finali del “Vangelo di Giovanni”, se ci poniamo ai piedi della croce, sia pur indegnamente, nei panni del discepolo amato e facciamo risuonare nel nostro cuore le parole di Gesù che «disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé» (Gv. 19,27). È proprio qui, ai piedi della croce, che trova il suo fondamento la maternità di Maria di Nàzareth per quanti in piena libertà, e vivendo nella storia sulle stesse strade delle donne e degli uomini del proprio tempo, scelgono di prendere la propria croce e di seguire Gesù.
Allora le parole di Gabriele che richiamato in esordio, «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc. 1,28b), mi sembrano le più opportune per connotare nel quotidiano la nostra relazione di figliolanza con Maria di Nàzareth, una relazione di gioia e di fede adulta che ci chiama a riconoscere nella nostra quotidianità, anche al di là delle apparenze immediate, la volontà autentica del Signore e a essere capaci di far nostre le parole di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc. 1,38). Questa docilità, anche contro tutte le più comuni evidenze umane, alla chiamata del Signore dimostrata da una giovanissima ragazza galilèa è un’indicazione di fondo per ciascuno di noi. In ogni momento della nostra vita, nelle difficoltà della vita quotidiana, nelle relazioni di lavoro, nella vita sociale dobbiamo avere la capacità di ricercare quale siano le vere e autentiche scelte che il Signore si attende da noi, saper leggere “i segni d tempi”, nella consapevolezza che spesso le “apparenze ingannano” e che le soluzioni abitudinarie e apparentemente “più ragionevoli e condivise” spesso sono ingannevoli. È la ricerca della volontà di Dio, qui e oggi per ciascuno di noi, costituisce la sfida gioiosa ed entusiasmante che siamo chiamati a raccogliere. E Maria di Nàzareth, semplice donna del popolo, questo insegnamento ha saputo con grande sapienza indicarla anche a un Gesù adulto e un po’ recalcitrante, all’esordio della sua missione pubblica nel contesto delle nozze di Cana, quando ha evidenziato ai suoi occhî i bisogni dei presenti: «Non hanno vino» (Gv. 2,3).
La sfida decisiva è allora quella di capire i bisogni autentici delle persone che incontriamo sulla nostra strada, nelle comuni relazioni di ogni giorno. È lì che possiamo capire ciò che a ciascuno di noi chiede il Signore, non attraverso prontuarî artificiosi e comodi di comportamenti leciti o proibiti, ma attraverso un ricerca autentica di ciò che è giusto e di ciò che, qui e oggi, significa il verbo “amare”, sperimentando la stessa sensibilità di Maria che «da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc. 2,19).
E, allora, in questi giorni dalla comunità ecclesiale particolarmente dedicati a Maria, facciamo risuonare nel nostro cuore le parole di una delle pagine più belle della Sacra Scrittura, l’inno gioioso pronunciato da Maria di Nàzarteh, in occasione del suo incontro con Elisabetta:
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc. 1,46b-55).

Vico Equense, domenica 8 maggio 2016
Sergio Sbragia

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