Uno
dopo l’altro ormai molti parlamentari e moltissimi elettori hanno scelto di lasciare
il Partito Democratico e molti altri pur continuando a permanere al suo interno
e a sostenerlo, non fanno mistero di vivere con sofferenza la presente fase della
sua vita politica.
Questo
profondo malessere sperimentato tra i militanti, i sostenitori e gli elettori
democratici e alla conseguente perdita di consensi, che ne deriva, dovrebbe, a
mio personale avviso, suscitare nel Segretario del partito una profonda
attenzione, piuttosto che una replica indispettita, quale quella espressa nella
tua dichiarazione pubblica un po’ piccata, secondo cui, "la sinistra
ideologica non vincerà, mai. Al massimo aiuta la destra a vincere",
prontamente divulgata (guarda un po’) da “Il Foglio on-line”.
Prescindendo
dal superficiale definire “ideologiche” le posizioni degli altri e mai le
proprie, quella da te rilasciata al “Foglio” è un’affermazione che, a ben vedere,
esprime in realtà una scarsa considerazione proprio per le tue posizioni
politiche, che se prive di riferimento a una cultura politica, finiscono per
non essere altro che scelte temporanee e opportunistiche, che possono poi essere
superate non appena dovessero rivelarsi non più convenienti e vantaggiose.
Un
Segretario politico, investito di questo ruolo dalla scelta delle Primarie, di
fronte al disagio diffusosi nel corpo
del partito e dell’area di opinione che, intorno al PD si è sempre
riconosciuto, piuttosto che dar luogo a reazioni piccate, dovrebbe porsi dei
profondi interrogativi sulle ragioni di tale disagio e dei tanti abbandoni.
Sarebbe l’ora di seguire l’insegnamento evangelico di “lasciare le novantanove
pecore e di scendere in strada a cercare la pecora smarrita”. In questi giorni
in cui persone e forze, che in questi anni hanno contribuito all’esperienza del
Partito Democratico, stanno tentando di dar vita a nuove esperienze politiche,
sarebbe decisamente opportuno confrontarsi costruttivamente sulle ragioni
politiche di questi fenomeni. Il Partito Democratico è nato e si è
caratterizzato come un’esperienza politica plurale, capace di coagulare al
proprio interno e far esprimere fecondamente diverse culture politiche. L’irrigidimento
che ha sin qui contraddistinto la gestione del Partito sotto la tua Segreteria,
mostra una sostanziale incapacità di confrontarsi proficuamente con posizioni e
culture diverse, una posizione di scarsa accoglienza della diversità, percepita
come un fastidio e non come una risorsa e una ricchezza, che segna la diversità
decisiva del Partito Democratico dalle altre forze politiche a conduzione
personale ed espressione d’interessi ristretti e particolaristici.
Penso
che sia da parte tua doveroso aprire, oggi e non domani, un ampio confronto
dentro e fuori il Partito Democratico, su quale sia l’autentica rappresentanza del
mandato elettorale conferito alle ultime elezioni politiche. Non bisogna
dimenticare che i rapporti di forza che permettono al governo da te presieduto –
nonostante la poco saggia scelta di assommare sulla tua persona gli incarichi
di segretario e di premier – sono quelli delle elezioni politiche, di quando
non eri né il segretario, né il premier. È doveroso chiederci onestamente a
quale programma politico gli elettori hanno dato il proprio consenso, quando
alle elezioni politiche hanno scelto di votare per il PD. A questa domanda
bisogna dare una risposta rigorosa e in piena coscienza. Quale elettore, in
quell’occasione tracciando la croce sul simbolo del PD, immaginava che nella
pratica politica del successivo governo a guida PD, avrebbero trovato spazio
temi e idee forza della politica berlusconiana. Ma soprattutto sarebbero stati favorevoli
al successivo porre “tra parentesi” temi decisivi quali il conseguimento della
piena occupazione, la tutela dei diritti del lavoro, le libertà sindacali, ma
soprattutto la cultura del dialogo e del confronto come autentica opzione
necessaria per far emergere “il nuovo” e “il cambiamento”.
E’ la contaminazione
positiva delle diversità l’autentica ricchezza del paese e del partito.
Rimanere irrigiditi su posizioni sterili, che puntano a traghettare il Partito
democratico nell’area di consenso del centro-destra, non so se sul piano del
puro calcolo elettorale potrà essere vantaggioso, (saranno davvero di più i
voti acquisiti sul versante destro, rispetto a quelli persi sul versante
sinistro? Chissà!), ma quel che è certo, una tale posizione esprime una
sostanziale disattenzione ai contenuti dei temi in discussione nel confronto
politico, ma solo un loro uso strumentale limitato alla conservazione del
potere. Se una posizione pubblica su un argomento può garantirmi qualche voto
in più, la sostengo con forza, prescindendo dalla validità del suo contenuto. Tanto
quando non mi servirà più, cambierò posizione, con buona pace per quanti mi hanno
votato. È la pratica di Berlusconi, che qualche anno fa era con determinazione
contrario ai DICO (DIritti dei COnviventi), oggi invece, non si sa perché,
sembra essere favorevole alle unioni civili. Un bell’esempio da imitare.
Una
personalità politica di grande statura rifugge da scelte di semplice
galleggiamento. Mi auguro che tu abbia il coraggio e la determinazione di porre
in grande evidenza la diversità del Partito Democratico, il grande patrimonio
di cultura dell’accoglienza, di dialogo e di confronto, che costituisce una
ricchezza da porre a servizio del Paese.
Caro
Matteo, è l’ora del coraggio. È l’ora di scegliere il dialogo e l’accoglienza.
Ti invito, da elettore del Partito Democratico, a lasciare la posizione poco
ragionevole e conservatrice di chiusura su atteggiamenti privi di prospettiva e
destinati inevitabilmente alla sconfitta, per uscire in mare aperto, come farebbe un autentico
marinaio, lasciando alle spalle acque chete e ingannevolmente tranquille!
Confido
nel tuo coraggio e ti aspetto alla prova.
Vico Equense, domenica 8 novembre 2015
Sergio Sbragia
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