giovedì 29 luglio 2021

La nostra quotidiana sbornia pubblicitaria

È davvero piacevole poter degustare un buon vino. Nel nostro paese abbiamo la fortuna di poter scegliere tra una varietà ricchissima di denominazioni. Il lavoro dei nostri viticoltori ci offre infatti la possibilità di fare delle degustazioni eccezionali, dandoci l'opportunità di meglio gustare i nostri pasti, con gioia per i nostri sensi. Ma se nel consumo di vino andiamo oltre la quantità sopportata dal nostro fisico, il piacere del gusto si trasforma nell'esperienza poco piacevole di una sbronza. Se poi il consumo di vino in quantità eccessiva diviene abituale, corriamo il rischio di acquisire una dipendenza e di diventare alcolisti. Così la bella esperienza di levare in alto i calici, se va oltre i ragionevoli limiti fisiologici, può trasformarsi addirittura in una pesante sofferenza. 

Lo stesso principio di un uso quantitativamente accorto, vale anche per l'assunzione dei farmaci. Se ci atteniamo ai quantitativi prescritti dal medico, possiamo curare la malattia con cui ci stiamo misurando, se andiamo oltre, rischiamo di andare incontro a seri problemi.

Penso, in definitiva, che il prestare attenzione alla ragionevolezza dei quantitativi sia in sostanza un principio cui sia giusto attenersi un po' in tutti i nostri ambiti di vita. I quantitativi eccessivi, anche di cose di per sé buone, possono essere spesso dannosi e anche seriamente pericolosi. 

A questo proposito negli ultimi decenni tutti noi stiamo facendo l'esperienza di essere sottoposti a un incessante bombardamento pubblicitario, che sperimentiamo quotidianamente, dalla mattina quando apriamo gli occhi sino a sera allorché andiamo a riposare. 

La promozione pubblicitaria di prodotti e servizi è di certo un'attività di grande utilità sociale e riveste un rilievo significativo sul piano economico, tuttavia sono convinto che negli ultimi anni abbia assunto dimensioni di gran lunga eccessive, dannose per noi cittadini, ma a ben vedere anche controproducenti per le stesse attività che la pubblicità si propone di promuovere. Stranamente devo tuttavia constatare che poca o nessuna attenzione viene prestata a questo problema dal dibattito politico, dalla comunicazione sociale, dal mondo della cultura e anche da noi cittadini. La sensazione è che la pubblicità sia da noi avvertita come un dato di fatto indiscusso e indiscutibile, che fa parte naturalmente del paesaggio contemporaneo e non viene in mente pressoché a nessuno di sottolineare l’esigenza di contenerla in ambiti dimensionali fisiologicamente sopportabili dalle persone e dalla convivenza sociale. Sono però convinto che sia giunto, e da un bel po’, il momento di porre il tema all’ordine del giorno di una riflessione sul piano del confronto culturale e politico, anche se l’argomento potrà risultare un po’, indigesto per gli ambienti miopi legati alle lobbies del potere pubblicitario.

 

 

La pubblicità telefonica.

 

Penso che tutti noi quasi ogni giorno riceviamo telefonate, sia sull'apparecchio fisso che sul cellulare, nelle quali ci vengono formulate proposte commerciali. Spesso queste telefonate vengono anche effettuate con messaggi preregistrati in forma automatica. Personalmente ritengo davvero offensivo che si tenti di contattare telefonicamente le persone, non attraverso un contatto gestito da persone, ma mediante forme automatizzate di messaggistica preregistrata. Un colloquio telefonico è per sua natura una comunicazione interpersonale, che richiede per sua natura l’interazione tra due persone. Il tentare di promuovere per via telefonica un prodotto o un servizio, superando la relazione interpersonale che è alla base del colloquio telefonico, lo ritengo offensivo. Tale pratica andrebbe, a mio avviso, esplicitamente e chiaramente vietata.

Nessuna difficoltà invece incontro nel confrontarmi telefonicamente con proposte di fruizione di servizi o di prodotti formulate da persone. L’unico problema è dato dal numero di proposte che vengono formulate. In alcune mattinate il telefono è davvero bollente. Non è mio costume chiudere le conversazioni in maniera scortese, ma spesso il numero di telefonate pubblicitarie ricevute mette seriamente in discussione il tempo disponibile per le ordinarie attività della vita personale.

 

 

Una marea di volantini.

 

Un altro versante problematico della nostra relazione con la pubblicità è rappresentato quotidianamente dal numero di volantini pubblicitari che riceviamo nella nostra cassetta postale o quando ci rechiamo a fare la spesa. Leggere qualche volantino non è un problema, ma trovare molto spesso la cassetta postale piena di volantini e priva di spazio per l’ordinaria corrispondenza è altra cosa. Molto spesso poiché la cassetta è già piena, i volantini vengono solo appoggiati sulla cassetta stessa o lasciati a terra. E allora anche un leggero alito di vento li disperde per strada. Diviene allora necessario raccattarli e porli in una busta, in attesa del giorno settimanale dedicato allo smaltimento della carta. In tale giorno ho la possibilità di verificare nel concreto che la busta ad hoc è per oltre metà occupata da volantini pubblicitari. Vista la quantità eccessiva ho posto sulla cassetta postale un avviso col quale ho chiesto di non recapitarmi pubblicità. Ma tale avviso non ha sortito effetto alcuno, i volantini hanno continuato ad arrivare per cui, alla fine, ho tolto l’avviso. Non sarebbe il caso di prevedere un limite quantitativo alla distribuzione di questi volantini? Ciò avrebbe senza dubbio una ricaduta positiva sul consumo complessivo di carta.

 

 

La promozione in linea.

 

La pubblicità poi non tralascia lo spazio che forse più caratterizza la nostra epoca, cioè l’ambito della comunicazione in linea. La nostra navigazione in rete è pesantemente condizionata dalla presenza pubblicitaria. Sono consapevole che molta della comunicazione in Internet è possibile solo grazie agli introiti pubblicitari, ma credo che anche in tal caso sia giusto non giungere ad eccessi quantitativi, che alla fine, per il fastidio provocato agli utenti, genera atteggiamenti reattivi di rifiuto degli stessi prodotti e servizi reclamizzati. Personalmente ho scelto di evitare la consultazione di siti dove la pubblicità è eccessiva e la sua presenza ridondante danneggia la regolare fruizione dei contenuti offerti e quando è data la possibilità (che, a mio avviso, sarebbe doverosa sempre) di oscurare gli annunci, in genere mi avvalgo di tale facoltà. Nell’uso della comunicazione c.d. social (per es. Facebook) evito il più possibile l’uso e il ricorso agli strumenti promozionali ad essi connessi. In rete tuttavia la pubblicità non risparmia anche quella che è diventata oggi la nostra principale, e forse più importante forma comunicativa, cioè la posta elettronica, che posso affermare senza ragionevole ombra di dubbio, ha di fatto soppiantato la tradizionale comunicazione postale. La posta elettronica oggi, per ciascuno di noi non è un’opzione in più, ma è un riferimento obbligato e necessario (basti solo pensare che quasi tutti noi abbiamo ricevuto la convocazione per il vaccino mediante una mail). Non avere un recapito di posta elettronica, oppure non usarlo o non consultarlo con regolarità, costituisce per tutti noi una grave limitazione nelle ordinarie relazioni sociali e comunicative. Non sono lontano dal vero dicendo che il suo non uso, rasenta l’irraggiungibilità. Però è altrettanto vero che la posta elettronica risulta invasa dalla pubblicità, che per la eccessiva quantità spesso copre o nasconde la messaggistica vera. A parte l’enorme numero di messaggi pubblicitari che vanno quotidianamente ad aggiungersi ai messaggi veri e utili (il loro inserimento tra gli spam, ne limita solo molto parzialmente il quantitativo totale). Un po’ tutte piattaforme di posta elettronica, poi, permettono la lettura dei messaggi solo se affiancata o contornata da messaggi pubblicitari e facciamo così fatica a leggere e a prestare la dovuta attenzione al contenuto del messaggio pervenuto, con il rischio concreto e reale che qualche messaggio importante possa non venir letto.

Personalmente non avrei nulla contro la presenza affiancata di un messaggio pubblicitario, ma spesso siamo costretti a leggere i messaggi in una schermata dove sono contemporaneamente presenti 4-5-6 messaggi promozionali sulle cose più diverse. L’eccesso a mio avviso è sempre dannoso e anche controproducente. Sarebbe pertanto utile l’adozione di misure normative adeguate che tutelino l’uso della posta elettronica dai possibili danni derivanti ai cittadini dall’eccessiva presenza di messaggi pubblicitari nei recapiti di posta elettronica.

 

 

La stampa e la pubblicità.

 

La pubblicità poi tradizionalmente condiziona la stampa periodica e quotidiana. Alcune testate, in particolare tra i periodici, dedicano pagine intere alla pubblicità, tanto che la loro paginazione, se fosse considerata al netto della tara pubblicitaria risulterebbe percentualmente molto inferiore a quella effettiva. Anche in questo caso l’eccesso pubblicitario, oltre ad appesantire la pubblicazione, si traduce in un eccesso di consumo di carta. Personalmente ho l’onore collaborare con una piccola rivista, che però, per precisa scelta editoriale, non fa ricorso alla pubblicità e vive solo ed esclusivamente grazie al sostegno riconosciutole dai propri lettori grazie agli abbonamenti sottoscritti e all’acquisto dei numeri pubblicati. È un’esperienza piccola, ma nella quale crediamo e sinora i nostri lettori ci hanno permesso di operare. I conti non sono in rosso, non possiamo fare lussi, ma andiamo avanti con fiducia. Fare a meno della pubblicità, o, in alternativa, farne poca in una quantità umanamente accettabile è cosa possibile, basta volerlo e crederci.

 

 

E, infine, la pubblicità in tv.

 

E veniamo, infine, veniamo al campo dove la pervasività pubblicitaria si manifesta nella forma, a mio avviso, più pesante e invasiva nella nostra quotidianità, cioè quello della comunicazione televisiva. Nella programmazione televisiva la presenza della pubblicità è ormai pressoché continua. Gli spot interrompono ripetutamente le trasmissioni e messaggi pubblicitari sono presenti nelle stesse trasmissioni e nelle fiction. Personalmente ho scelto di non seguire le cosiddette tv commerciali che ufficialmente dovrebbero reggersi solo sugli introiti derivanti dalla pubblicità. Per la verità sono stato aiutato in questa scelta dal carattere decisamente scadente della loro programmazione. La pubblicità tuttavia in tutte le tv danneggia gravemente sia gli utenti, che sono materialmente bombardati da messaggi, sia la qualità delle trasmissioni, che viene con difficoltà gustata dagli ascoltatori, sia, infine, la stessa finalità promozionale della pubblicità per la generazione di un pesante feedback di rifiuto derivante dall’eccesso comunicativo.

Oltre la quantità eccessiva, nella pubblicità televisiva si registrano anche altre modalità di erogazione che offendono gli ascoltatori.

Numerosi spot vengono ripetuti tantissime volte a poca distanza temporale. Nel corso di una stessa sera ci si ritrova a seguire a più riprese lo stesso identico messaggio promozionale. È vero, come dicevano gli antichi latini “repetita iuvant”, è altrettanto vero, come completiamo noi napoletani in latino maccheronico che “sed… scocciant”. Non sarebbe una cattiva idea quella almeno di limitare le ripetizioni.

È poi ormai abbastanza normale che la tv accompagni i nostri pasti quotidiani. E allora può capitare che mentre si sta gustando un piatto appetitoso, puntualmente arrivi uno spot promozionale di un medicinale lassativo o lenitivo della prostatite, e allora il piacere della tavola va a farsi benedire. Non ci vorrebbe molta capacità programmatoria per evitare la messa in onda nelle ore, abitualmente destinati ai pasti, di pubblicità poco adatte a tali momenti.

La messa in onda di spot pubblicitari si accompagna, pressoché sempre a un consistente e spesso fastidioso aumento dell’audio, che ci costringe a dover ricorrere al telecomando per la conseguente sua regolazione, sia all’inizio che alla fine dell’interruzione pubblicitaria. Non sarebbe, anche in questo caso, preferibile evitare di modificare il livello dell’audio? La cosa per altro avrebbe anche l’effetto di ridurre che il ricorso al telecomando, sia per noi anche l’occasione per una carrellata sulle programmazioni contemporanee di altre emittenti, col risultato di vanificare o almeno spezzettare gli stessi messaggi pubblicitari.

 

 

È necessario che i pubblici poteri intervengano.

 

Personalmente penso che a noi telespettatori debba essere riconosciuto il diritto sacrosanto di poter decidere, di volta in volta, se vedere o meno la pubblicità, e di quale quantità fruirne. Credo che sia un diritto indiscutibile di noi cittadini il poter decidere di poter fruire di messaggi pubblicitari, o di decidere di non fruirne, o ancora di decidere di fruirne nei tempi e nelle quantità volute. Sono pertanto convinto che le istituzioni democratiche debbano affrontare con serietà questo problema e operare affinché venga approntata e approvata una legislazione che superi lo spezzettamento pulviscolare della pubblicità, disponendo la necessità e l’obbligatorietà di concentrarla in modalità tempistiche di erogazione (debitamente programmate e pubblicizzate) che consenta agli ascoltatori di poter scegliere se fruirne o meno. Ciascuno di noi così potrà scegliere se seguire o meno la pubblicità e di seguirne la quantità desiderata e nei propri tempi di gradimento. Non credo che tale provvedimento determinerebbe una fuga dalla fruizione della programmazione pubblicitaria, sarebbe a mio avviso, oltre che un doveroso atto di rispetto per un diritto indiscutibile di noi cittadini, anche una ghiotta occasione per un miglioramento della qualità dei prodotti pubblicitari, decisamente fatta calare a picco dall’eccesso quantitativo. Una maggiore cura della qualità unita a una concentrazione temporale e a una riduzione dell’eccesso quantitativo non mancherà di incidere positivamente sulla potenzialità promozionale e sulla capacità di attrarre telespettatori.

Mi auguro che in un prossimo futuro si possa sperare di poter lasciare la nostra attuale condizione di massa di “dipendenza da spot” per addivenire a una matura e libera opportunità di essere fruitori di una comunicazione promozionale pubblicitaria responsabile e di qualità. Anche la nostra economia ne guadagnerà senza dubbio. Le cose buone vanno gustate nei giusti modi e nella giusta quantità.

 

Vico Equense, lì 29 luglio 2021

Sergio Sbragia

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