venerdì 30 gennaio 2015

I minuscoli semi del Regno di Dio









Diceva: "Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura".
Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra" (Mc. 4,26-32).

Il Vangelo ci chiama a partecipare all’annuncio del Regno di Dio, che è una realtà che ha fatto, con Gesù, irruzione nella storia dell’uomo. Noi a questa irruzione collaboriamo con semplici e piccoli gesti di annuncio, che l’evangelista Marco paragona a piccole sementi. Il nostro compito è quello di spargere il seme dell’annuncio, lo sviluppo successivo si realizzerà a nostra insaputa. Saranno i processi naturali, successivi alla semina, a determinare la progressiva crescita delle piante e a indicare il momento più opportuno per la raccolta. Non solo! La piccolezza del seme non pregiudica, in alcun modo, la possibilità che da esso si sviluppi una pianta, o, addirittura, un albero di notevoli dimensioni, tali da dar rifugio ad altri esseri viventi.
La nostra partecipazione all’annuncio del Regno non richiede il compimento di gesti eclatanti e grandiosi. Sono sufficienti piccoli gesti, fatti nel modo, nel luogo e al tempo opportuni, capaci d’esprimere la logica alternativa del Regno di Dio. Basta un sorriso, un atteggiamento di disponibilità, una predisposizione al servizio, per innescare, secondo modalità da noi non controllabili, processi di solidarietà e condivisione alternativi al mito della competitività che contrassegna e, allo stesso tempo, corrode il mondo contemporaneo. Piccoli gesti di servizio e d’impegno, per esempio nel mondo del lavoro, possono, nell’insondabile sapienza di Dio, aprire impensate prospettive per cambiare la qualità della nostra convivenza quotidiana. Noi non conosciamo in che modo ciò avviene, come l’agricoltore dopo aver seminato e mentre dorme, non è in grado di controllare i processi biologici che presiedono alla trasformazione del seme posto nella terra. Il nostro compito è solo quello di non tralasciare di spargere il seme e poi lasciamo il tutto alla sapienza e alla bontà del Signore. Non ci è richiesto di fare grandi cose. Sono sufficienti gesti semplici commisurati alle nostre possibilità. Anche da piccole azioni, possono prender il via grandi processi.
La piccolezza del seme e la non influenza sugli sviluppi successivi, tuttavia, non tolgono nulla alla centralità del gesto della semina. Anzi, per certi versi, lo pongono in più evidente risalto. In agricoltura, sappiamo bene, che “senza semina” non “nasce frutto”. Quindi il seminare, lo spargere sementi di logica del Regno, è la condizione per così dire “preliminare”, perché la sapienza di Dio possa manifestarsi nella storia. Le due parabole, quindi, solo apparentemente sembrano ridurre il significato del contributo di noi uomini alla diffusione del Regno. Senza in nostri, sia pur piccoli, gesti quotidiani di adesione al progetto divino, anche l’azione di Dio ne viene in qualche modo pregiudicata.
Sempre dall’agricoltura sappiamo che è importante sapere “come e quando” seminare, ma anche preparare opportunamente il terreno destinato alla semina. Ciascun seguace di Gesù è quindi chiamato, non solo a compiere gesti concreti di annuncio del Regno, ma anche ad arare il campo destinato alla semina, a conoscere e preparare l’ambiente in cui vive, opera e lavora ad accogliere il buon seme, senza dimenticare il scrutare e il tempo e la realtà per discernere i modi e i tempi dell’annuncio.
Allora la via giusta è quella d’ispirarci a Maria di Nàzareth che, dinanzi alla straordinarietà dell’annuncio portatole da Gabriele, non si ritira né si rinchiude in sé impaurita, ma si apre con semplicità agli eventi, conservandone nel cuore il senso autentico e profondo. Questo la pone nella condizione di percepire con immediatezza i bisogni di quanti la circondano («Non hanno  vino» - Gv. 2,3).
Prossimità partecipe all’umanità di oggi, ricerca autentica dei segni di Dio nei tempi odierni, gesti semplici di annuncio. Questo è quanto è richiesto a noi. Il resto è affidato alla sapienza infinita e insondabile di Dio. Il Regno è il luogo privilegiato dove la modesta azione dell’uomo nella storia, può innestarsi nella sapienza di Dio che sorregge e conduce la creazione verso nuove terre e nuovi cieli.

Vico Equense, venerdì 30 gennaio 2015
Sergio Sbragia

Chi è cagione del suo male pianga se stesso




Queste sono le ore di frenetiche consultazioni tra le forze politiche allo scopo d’individuare la figura del prossimo Presidente della Repubblica. È di ieri la reazione, a dir poco insoddisfatta, di Silvio Berlusconi per la proposta, avanzata dal Partito Democratico, della candidatura per l’incarico presidenziale di Sergio Mattarella. Sinceramente c’è da rimanere stupiti per le dichiarazioni berlusconiane, che in ragione del non gradimento della candidatura di Mattarella, pone in discussione altri tavoli di lavoro in atto tra maggioranza e opposizione, quali quelli sulla legge elettorale e sulle modifiche alla Costituzione.
Di certo nessuno è costretto a condividere una o un’altra candidatura per il Quirinale, se non è convinto delle qualità della persona. Quello che sorprende è proprio il contrario. Berlusconi tiene a sottolineare che non ha nulla contro la persona, ma che la scelta operata dal Partito Democratico pone fine agli accordi sin qui intercorsi e, di conseguenza, Forza Italia valuterà se dare il proprio sì definitivo alla nuova legge elettorale e alle proposte di modifiche della Costituzione.
Premetto che, sul piano personale e, pur essendo un elettore del Partito Democratico, nutro più di qualche dubbio sulla qualità della proposta in costruzione in materia di legge elettorale e d’impianto costituzionale. Ho manifestato e argomentato in più occasioni le mie perplessità e le mie critiche su queste proposte legislative in fieri. Mi risulta invece che Berlusconi e la sua forza politica più volte hanno manifestato la propria disponibilità a partecipare all’itinerario di costruzione di una diversa legge elettorale e alla definizione di significative modifiche costituzionali. A questo processo Berlusconi e Forza Italia hanno partecipato e conferito un proprio contributo. Questi provvedimenti hanno iniziato il loro iter parlamentare, hanno superato alcuni passaggî, sono stati oggetto di voto, sia pur non definitivo. Non di rado lo stesso Berlusconi e altri autorevoli esponenti di Forza Italia hanno tenuto a porre in evidenza il contributo positivo ed essenziale dato al processo della loro approvazione. Ora tutto questo viene posto in discussione, in ragione del mancato accordo sul metodo di scelta del candidato Presidente.
Ritengo, sinceramente, che le due questioni facciano fatica a stare assieme, un po’ come il famigerato “cavolo a merenda”. Sono convinto quando una forza politica vota in Parlamento a favore dell’introduzione nell’ordinamento statale di una nuova norma, lo faccia sulla base di una fondata e ragionata convinzione che quella norma sia “giusta” e “utile” a regolare la civile convivenza. E questo è particolarmente vero se la cosa riguarda aspetti centrali quali le modalità elettorali e l’impianto della Costituzione. Simmetricamente, un voto contrario dice di una matura valutazione negativa del testo proposto in aula. Francamente faccio fatica a capire come possa una forza politica rinnegare i proprî voti parlamentari. Se si tratta di voti frutto di scelte ragionate operate in libera coscienza, conservano tutta la loro validità, chiunque sia il prossimo inquilino del Quirinale e qualsivoglia sia stato il metodo per eleggerlo. Quando Berlusconi rimette in discussione scelte già passate, in qualche maniera, alla fase realizzativa, si viene a configurare come il primo e più radicale avversario del proprio schieramento. È un po’ come se dicesse al paese: «Quando esprimiamo una posizione, non prendeteci molto sul serio, siamo sempre a tempo a modificarla, semmai in cambio di qualche incarico di prestigio». Berlusconi è dunque il primo a non prendere sul serio la linea politica del proprio partito.
L’elezione del nuovo capo dello stato è invece una questione diversa, anch’essa di grande rilevanza, ma per motivi che non hanno attinenza con possibili provvedimenti di natura elettorale o costituzionale. È vero! La carica di Presidente della Repubblica, per il suo rappresentare l’unità nazionale, è bene sia il frutto di un’ampia convergenza. Per questo motivo la Costituzione prevede che per la sua elezione sia necessaria: in prima battuta, una maggioranza dei due terzi, e, successivamente, quella assoluta. Nessuno di noi ignora che oggi non c’è alcuna forza politica che possa imporre, da sola, la scelta del nuovo Presidente e che, pertanto, si rende necessario, anzi a mio avviso auspicabile, l’individuazione della figura presidenziale sia frutto del concorso di più forze politiche. Ma quello della scelta del nuovo presidente è un terreno che non può essere ricondotto a un mero accordo tra diverse parti politiche. C’è un aspetto, che nessuna riedizione spartitoria del manuale Cencelli può aggirare: c’è bisogno di personalità di grande rilievo, capaci per virtù propria (competenza, dedizione, spirito di servizio, serietà, ecc.) siano capaci di attrarre rispetto, simpatia, stima e consenso al di là del proprio ambiente politico e culturale, finanche nei campi di opinione diversa o avversa. Il numero di queste personalità nel nostro paese è in drastica e preoccupante riduzione da alcuni decennî. Questo è un problema serio anche per il centro-sinistra (da considerare con serietà), ma ha assunto dimensioni drammatiche nel centro destra.
Di certo non c’è alcuna personalità in grado di raccogliere attorno a sé il consenso dei due terzi dell’assemblea dei grandi elettori. Nell’area di centro-sinistra è individuabile un ristretto numero di personalità che possono misurarsi, con una qualche credibilità, con la sfida di tentare di raccogliere il consenso della maggioranza semplice. Onestamente trovo davvero difficile individuare nell’area di centro-destra delle persone in grado di raccogliere una tale sfida. Ho riflettuto più volte su questo aspetto, ma non sono riuscito a trovare nomi. Oggi nel panorama politico-culturale del nostro paese non si sono personalità del calibro di un Indro Montanelli o di una Oriana Fallaci. E questo è uno degli esiti nefasti del ventennio berlusconiano: l’aver fatto deserto della ricca tradizione culturale del liberalismo italiano. Il non aver operato per uno sviluppo della cultura liberale, il non aver dato impulso all’impegno sul piano dell’autonoma iniziativa della società civile, e l’aver di converso posto tra parentesi temi quali il conflitto d’interessi, il rispetto dell’autonomia della magistratura, la distinzione tra sfera istituzionale e sfera privata (come dimenticare i vertici politici svolti nelle residenze berlusconiane). Temi, questi ultimi, davvero centrali nella tradizione liberale occidentale, che con ostinata superficialità Berlusconi si è sempre rifiutato di sciogliere in una forma coerente con il pensiero liberale. Oggi Berlusconi paga questa ventennale e colpevole miopia politica con un isolamento culturale facilmente percepibile. Serve a poco prendersela con Renzi, che a me comunque non sta particolarmente simpatico, la realtà è semplice: Berlusconi non ha un candidato da presentare. Sarebbe più saggio ammetterlo e recitare un solenne Mea culpa.

Vico Equense, venerdì 30 gennaio 2015
Sergio Sbragia

sabato 3 gennaio 2015

Non commettiamo l'errore di lasciar solo papa Francesco

Non commettiamo l'errore di lasciar solo papa Francesco. Sta compiendo gesti da autentico pastore, ma ha bisogno della solidarietà di tutti per scavalcare la cintura di sicurezza degli ambienti curiali.
Sin dall’inizio del suo pontificato ci ha stupito con le sue parole, i suoi gesti, le sue scelte e i suoi insegnamenti:
- ha posto in evidenza la novità del messaggio del Concilio, dopo decennî in cui si è cercato in tutti i modi di edulcorarne i contenuti;
- ha invitato la comunità ecclesiale a riscoprire la centralità degli ultimi, dei poveri e dei sofferenti, come primi e preferenziali destinatarî del messaggio di Gesù;
- ha richiamato, dandone in prima persona l’esempio, le strutture istituzionali della Chiesa a uno stile di servizio e di sobrietà;
- ha indicato a tutti noi l’esigenza di “uscire” dagli orizzonti ristretti e stanganti, di lasciare schemi precostituiti e falsamente rassicurante, per andare in mare aperto incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo;
- di fronte agli egoismi organizzati miranti a chiudere le frontiere, a considerare il lavoro un dato estraneo all’economia, a fare dell’Europa una fortezza estranea al resto del pianeta, ha richiamato con gesti e con parole le istituzioni e i cittadini a riscoprire l’autentica vocazione alla solidarietà, come primo valore della civile convivenza.
- Nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (che invito tutti a leggere con attenzione) ha sintetizzato in maniera mirabile il programma del suo pontificato. Il documento rappresenta davvero una grande novità, che ripropone in modo fedele e autentico la tradizione della Chiesa, che non è un elemento di conservazione dei rapporti di potere, ma l’annuncio della “novità” del Regno dei cieli.
I poteri forti, purtroppo, stanno rendendosi conto del carattere dirompente e dinamico dell’azione di papa Francesco e stanno tentando di correre (dal loro punto di vista) ai ripari, mobilitando energie fuori e dentro la chiesa.
Condivido pertanto pienamente l’appello proposto da padre Paolo Farinella, che ho firmato con convinzione. Invito tutti gli amici a prenderne visione e, qualora lo condividano a sottoscriverlo.
Ma soprattutto è importante fare nostro lo stile di papa Francesco nella concreta vita quotidiana.
L’appello di padre Paolo Farinella è consultabile sulla piattaforma:

Sergio Sbragia