Diceva: "Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul
terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come,
egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la
spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito
egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura".
Diceva: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale
parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene
seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma,
quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto
e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido
alla sua ombra" (Mc. 4,26-32).
Il
Vangelo ci chiama a partecipare all’annuncio del Regno di Dio, che è una realtà
che ha fatto, con Gesù, irruzione nella storia dell’uomo. Noi a questa irruzione
collaboriamo con semplici e piccoli gesti di annuncio, che l’evangelista Marco
paragona a piccole sementi. Il nostro compito è quello di spargere il seme dell’annuncio,
lo sviluppo successivo si realizzerà a nostra insaputa. Saranno i processi naturali,
successivi alla semina, a determinare la progressiva crescita delle piante e a
indicare il momento più opportuno per la raccolta. Non solo! La piccolezza del
seme non pregiudica, in alcun modo, la possibilità che da esso si sviluppi una
pianta, o, addirittura, un albero di notevoli dimensioni, tali da dar rifugio
ad altri esseri viventi.
La
nostra partecipazione all’annuncio del Regno non richiede il compimento di
gesti eclatanti e grandiosi. Sono sufficienti piccoli gesti, fatti nel modo,
nel luogo e al tempo opportuni, capaci d’esprimere la logica alternativa del
Regno di Dio. Basta un sorriso, un atteggiamento di disponibilità, una
predisposizione al servizio, per innescare, secondo modalità da noi non
controllabili, processi di solidarietà e condivisione alternativi al mito della
competitività che contrassegna e, allo stesso tempo, corrode il mondo
contemporaneo. Piccoli gesti di servizio e d’impegno, per esempio nel mondo del
lavoro, possono, nell’insondabile sapienza di Dio, aprire impensate prospettive
per cambiare la qualità della nostra convivenza quotidiana. Noi non conosciamo
in che modo ciò avviene, come l’agricoltore dopo aver seminato e mentre dorme,
non è in grado di controllare i processi biologici che presiedono alla
trasformazione del seme posto nella terra. Il nostro compito è solo quello di
non tralasciare di spargere il seme e poi lasciamo il tutto alla sapienza e
alla bontà del Signore. Non ci è richiesto di fare grandi cose. Sono
sufficienti gesti semplici commisurati alle nostre possibilità. Anche da
piccole azioni, possono prender il via grandi processi.
La
piccolezza del seme e la non influenza sugli sviluppi successivi, tuttavia, non
tolgono nulla alla centralità del gesto della semina. Anzi, per certi versi, lo
pongono in più evidente risalto. In agricoltura, sappiamo bene, che “senza
semina” non “nasce frutto”. Quindi il seminare, lo spargere sementi di logica
del Regno, è la condizione per così dire “preliminare”, perché la sapienza di
Dio possa manifestarsi nella storia. Le due parabole, quindi, solo
apparentemente sembrano ridurre il significato del contributo di noi uomini
alla diffusione del Regno. Senza in nostri, sia pur piccoli, gesti quotidiani
di adesione al progetto divino, anche l’azione di Dio ne viene in qualche modo
pregiudicata.
Sempre
dall’agricoltura sappiamo che è importante sapere “come e quando” seminare, ma
anche preparare opportunamente il terreno destinato alla semina. Ciascun seguace
di Gesù è quindi chiamato, non solo a compiere gesti concreti di annuncio del
Regno, ma anche ad arare il campo destinato alla semina, a conoscere e preparare
l’ambiente in cui vive, opera e lavora ad accogliere il buon seme, senza
dimenticare il scrutare e il tempo e la realtà per discernere i modi e i tempi
dell’annuncio.
Allora
la via giusta è quella d’ispirarci a Maria di Nàzareth che, dinanzi alla straordinarietà
dell’annuncio portatole da Gabriele, non si ritira né si rinchiude in sé
impaurita, ma si apre con semplicità agli eventi, conservandone nel cuore il
senso autentico e profondo. Questo la pone nella condizione di percepire con
immediatezza i bisogni di quanti la circondano («Non hanno vino» - Gv. 2,3).
Prossimità
partecipe all’umanità di oggi, ricerca autentica dei segni di Dio nei tempi
odierni, gesti semplici di annuncio. Questo è quanto è richiesto a noi. Il resto
è affidato alla sapienza infinita e insondabile di Dio. Il Regno è il luogo
privilegiato dove la modesta azione dell’uomo nella storia, può innestarsi
nella sapienza di Dio che sorregge e conduce la creazione verso nuove terre e
nuovi cieli.
Vico Equense, venerdì 30 gennaio 2015
Sergio Sbragia
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