Queste sono le ore di
frenetiche consultazioni tra le forze politiche allo scopo d’individuare la
figura del prossimo Presidente della Repubblica. È di ieri la reazione, a dir
poco insoddisfatta, di Silvio Berlusconi per la proposta, avanzata dal Partito
Democratico, della candidatura per l’incarico presidenziale di Sergio Mattarella.
Sinceramente c’è da rimanere stupiti per le dichiarazioni berlusconiane, che in
ragione del non gradimento della candidatura di Mattarella, pone in discussione
altri tavoli di lavoro in atto tra maggioranza e opposizione, quali quelli
sulla legge elettorale e sulle modifiche alla Costituzione.
Di certo nessuno è
costretto a condividere una o un’altra candidatura per il Quirinale, se non è
convinto delle qualità della persona. Quello che sorprende è proprio il
contrario. Berlusconi tiene a sottolineare che non ha nulla contro la persona, ma
che la scelta operata dal Partito Democratico pone fine agli accordi sin qui
intercorsi e, di conseguenza, Forza Italia valuterà se dare il proprio sì
definitivo alla nuova legge elettorale e alle proposte di modifiche della
Costituzione.
Premetto che, sul piano
personale e, pur essendo un elettore del Partito Democratico, nutro più di
qualche dubbio sulla qualità della proposta in costruzione in materia di legge
elettorale e d’impianto costituzionale. Ho manifestato e argomentato in più
occasioni le mie perplessità e le mie critiche su queste proposte legislative
in fieri. Mi risulta invece che Berlusconi e la sua forza politica più volte
hanno manifestato la propria disponibilità a partecipare all’itinerario di
costruzione di una diversa legge elettorale e alla definizione di significative
modifiche costituzionali. A questo processo Berlusconi e Forza Italia hanno
partecipato e conferito un proprio contributo. Questi provvedimenti hanno
iniziato il loro iter parlamentare, hanno superato alcuni passaggî, sono stati
oggetto di voto, sia pur non definitivo. Non di rado lo stesso Berlusconi e
altri autorevoli esponenti di Forza Italia hanno tenuto a porre in evidenza il
contributo positivo ed essenziale dato al processo della loro approvazione. Ora
tutto questo viene posto in discussione, in ragione del mancato accordo sul
metodo di scelta del candidato Presidente.
Ritengo, sinceramente,
che le due questioni facciano fatica a stare assieme, un po’ come il famigerato
“cavolo a merenda”. Sono convinto quando una forza politica vota in Parlamento a
favore dell’introduzione nell’ordinamento statale di una nuova norma, lo faccia
sulla base di una fondata e ragionata convinzione che quella norma sia “giusta”
e “utile” a regolare la civile convivenza. E questo è particolarmente vero se
la cosa riguarda aspetti centrali quali le modalità elettorali e l’impianto
della Costituzione. Simmetricamente, un voto contrario dice di una matura
valutazione negativa del testo proposto in aula. Francamente faccio fatica a
capire come possa una forza politica rinnegare i proprî voti parlamentari. Se
si tratta di voti frutto di scelte ragionate operate in libera coscienza,
conservano tutta la loro validità, chiunque sia il prossimo inquilino del
Quirinale e qualsivoglia sia stato il metodo per eleggerlo. Quando Berlusconi
rimette in discussione scelte già passate, in qualche maniera, alla fase
realizzativa, si viene a configurare come il primo e più radicale avversario
del proprio schieramento. È un po’ come se dicesse al paese: «Quando esprimiamo
una posizione, non prendeteci molto sul serio, siamo sempre a tempo a
modificarla, semmai in cambio di qualche incarico di prestigio». Berlusconi è
dunque il primo a non prendere sul serio la linea politica del proprio partito.
L’elezione del nuovo
capo dello stato è invece una questione diversa, anch’essa di grande rilevanza,
ma per motivi che non hanno attinenza con possibili provvedimenti di natura
elettorale o costituzionale. È vero! La carica di Presidente della Repubblica,
per il suo rappresentare l’unità nazionale, è bene sia il frutto di un’ampia
convergenza. Per questo motivo la Costituzione prevede che per la sua elezione
sia necessaria: in prima battuta, una maggioranza dei due terzi, e, successivamente,
quella assoluta. Nessuno di noi ignora che oggi non c’è alcuna forza politica
che possa imporre, da sola, la scelta del nuovo Presidente e che, pertanto, si
rende necessario, anzi a mio avviso auspicabile, l’individuazione della figura
presidenziale sia frutto del concorso di più forze politiche. Ma quello della
scelta del nuovo presidente è un terreno che non può essere ricondotto a un
mero accordo tra diverse parti politiche. C’è un aspetto, che nessuna
riedizione spartitoria del manuale Cencelli può aggirare: c’è bisogno di
personalità di grande rilievo, capaci per virtù propria (competenza, dedizione,
spirito di servizio, serietà, ecc.) siano capaci di attrarre rispetto, simpatia,
stima e consenso al di là del proprio ambiente politico e culturale, finanche
nei campi di opinione diversa o avversa. Il numero di queste personalità nel
nostro paese è in drastica e preoccupante riduzione da alcuni decennî. Questo è
un problema serio anche per il centro-sinistra (da considerare con serietà), ma
ha assunto dimensioni drammatiche nel centro destra.
Di certo non c’è alcuna
personalità in grado di raccogliere attorno a sé il consenso dei due terzi dell’assemblea
dei grandi elettori. Nell’area di centro-sinistra è individuabile un ristretto
numero di personalità che possono misurarsi, con una qualche credibilità, con
la sfida di tentare di raccogliere il consenso della maggioranza semplice.
Onestamente trovo davvero difficile individuare nell’area di centro-destra
delle persone in grado di raccogliere una tale sfida. Ho riflettuto più volte
su questo aspetto, ma non sono riuscito a trovare nomi. Oggi nel panorama
politico-culturale del nostro paese non si sono personalità del calibro di un
Indro Montanelli o di una Oriana Fallaci. E questo è uno degli esiti nefasti
del ventennio berlusconiano: l’aver fatto deserto della ricca tradizione culturale
del liberalismo italiano. Il non aver operato per uno sviluppo della cultura
liberale, il non aver dato impulso all’impegno sul piano dell’autonoma
iniziativa della società civile, e l’aver di converso posto tra parentesi temi
quali il conflitto d’interessi, il rispetto dell’autonomia della magistratura,
la distinzione tra sfera istituzionale e sfera privata (come dimenticare i
vertici politici svolti nelle residenze berlusconiane). Temi, questi ultimi,
davvero centrali nella tradizione liberale occidentale, che con ostinata superficialità
Berlusconi si è sempre rifiutato di sciogliere in una forma coerente con il
pensiero liberale. Oggi Berlusconi paga questa ventennale e colpevole miopia
politica con un isolamento culturale facilmente percepibile. Serve a poco
prendersela con Renzi, che a me comunque non sta particolarmente simpatico, la
realtà è semplice: Berlusconi non ha un candidato da presentare. Sarebbe più
saggio ammetterlo e recitare un solenne Mea
culpa.
Vico Equense, venerdì 30 gennaio 2015
Sergio Sbragia
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