domenica 9 agosto 2015

Non ho dubbî: Io sto con Francesco!




Ieri è stato il 59° anniversario della tragedia della miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle in Belgio, avvenuta proprio l’8 agosto del 1956. In quell’occasione un terribile incendio provocò la morte di 262 minatori, tra i quali oltre 130 emigranti italiani.
Un evento che ci dice quanto il nostro Paese sia marcato dalla realtà dell’emigrazione, come questa segni profondamente la storia recente e profonda del nostro popolo. In pratica non c’è famiglia italiana che non possa raccontare storie dure di lavoro ed emigrazione, esperienze non di rado contrassegnate dall’emarginazione, dalla discriminazione, dal disprezzo sociale e dal dolore. E non infrequente è la possibilità di verificare che, là dove si è raggiunto un certo benessere, la molla iniziale la si possa onestamente ritrovare in una dura storia di sacrificio e di emigrazione di qualche familiare.
L’Italia, se vuole essere un paese civile, non può ignorare questa realtà. Il nostro oggi è un paese d’immigrazione e di transito, ma non si può dimenticare che è stato (ma è ancora per tanti versi) un paese di emigrazione. Noi tutti conosciamo nel nostro vissuto personale, familiare e sociale la dura esperienza dell’emigrazione, della mancanza del lavoro e della povertà e quanto dolore sia inestricabilmente legato inevitabilmente a esse.
Pertanto la realtà che il mar Mediterraneo, quello che i nostri progenitori denominavano il “mare nostro”, sia divenuto oggi la tomba di migliaia persone che cercano un avvenire migliore in Europa, non può lasciarci indifferenti. La paura di perdere la piccola quota di benessere, conseguito dalle nostre famiglie negli ultimi decennî, non può indurci a non tendere la mano a quanti provengono da durissime e inenarrabili vicende di stenti, oppressione, povertà e dolore.
Nella stessa giornata di ieri ho però avuto la ventura di leggere alcune aberranti dichiarazioni politiche rilasciate sul tema dei fenomeni migratorî da alcune personalità politiche, che sarebbe più giusto definire politicanti (perché della “Politica”, quella vera, quella con la “P” maiuscola, non hanno nemmeno la più vaga idea).
E’ il caso, per esempio, della posizione divulgata sul blog del Sig. Giuseppe Grillo, promotore del Movimento 5 Stelle, nella quale si auspica un "giro di vite sui permessi di soggiorno per protezione umanitaria, che solo l'Italia concede in massa. Sorveglianza più stretta dei profughi nel sistema di accoglienza. Istituzione di sistemi efficienti per il rimpatrio forzato delle persone cui viene respinta la domanda di asilo. Procedura specifica per la trattazione dei ricorsi contro il diniego dell'asilo".
Ancora e sempre ieri sul profilo Facebook, il Sig. Matteo Salvini, leader della Lega Nord, ho potuto leggere la sua sintetica dichiarazione: “Altri 800 clandestini sbarcati in Italia. Li staranno portando a Bruxelles o in Vaticano…?”.
Che dire? Alcune forze politiche, per la pura mira demagogica di raccogliere qualche facile consenso elettorale in più, da un lato, non si fanno scrupolo di stimolare l’avarizia, l’egoismo e la paura di coloro che sono a pancia piena, e, dall’altro, non si vergognano di sobillare quanti oggi sperimentano una reale sofferenza, non riuscendo a giungere a fine mese (o peggio), a dar vita a reazioni da lazzaroni sanfedisti, che prendano di mira chi sta peggio di loro, individuadolo quale capro espiatorio delle colpe di altri.
Non sorprende, invece, che i registi di questa perfida azione sobillatrice molto spesso siano proprio i responsabili veri del degrado politico, economico e sociale del nostro paese, cioè coloro che nella loro quasi ventennale esperienza di governo (anzi di malgoverno) del paese, non hanno saputo far altro che perseguire gli interessi personali di miliardari proprietari di partito o mire secessioniste e particolaristiche (senza trascurare lingotti, diamanti e balletti rosa).
Tra l’alleanza demagogica e razzista stretta da Grillo, Berlusconi, Meloni e Salvini e l’alto appello etico e solidaristico di papa Francesco, non ho dubbî: io sto con Francesco!
Il nostro popolo ha le proprie profonde radici nella realtà del lavoro duro, dell’emigrazione, della sofferenza, del sacrificio, della dedizione alla famiglia e alla comunità, e, proprio per questo, sono convinto che, alla fine, sappia riconoscere nella solidarietà e nell’accoglienza la propria vocazione più profonda: dai problemi, infatti, si esce solo se si sceglie di farlo insieme, mobilitando il meglio del Paese, senza dare spazio ai predicatori di egoismo.
Mobilitiamoci quotidianamente sul lavoro, nelle relazioni sociali, con la gente che incontriamo, sui network sociali, nella comunicazione pubblica, perché l’Italia sia un faro di accoglienza e libertà in tutta l’area del Mediterraneo, una costruttrice di ponti e non di muri. Diamo il meglio di noi, nella nostra quotidianità, evitando i facili astensionismi, il semplice stare a guardare senza rimboccarsi le maniche, le comode critiche inattive da salotto buono per quanto altri (pur rischiando di sbagliare) comunque cercano di fare. Stare a guardare senza fare, significa stare dalla parte dei potenti e dei prepotenti.
È nella pace e nell’accoglienza che cresce anche l’economia, il lavoro e la prosperità. L’autarchia isolazionista ha già abbondantemente dimostrato nella storia i suoi nefasti prodotti di impoverimento economico dei paesi che hanno scelto di praticarla. E se questa viene scelta da un continente, che è stato nella storia culla della civiltà, significa decretare la morte dell’Europa.
Il progresso economico, sociale, etico e culturale dei popoli si realizza attraverso la libera circolazione degli uomini e delle idee. E questo è particolarmente vero per un paese, come l’Italia, che è posto come naturale crocevia di correnti di persone, di scambi e di incontro di idee e di culture.
La scelta isolazionista equivarrebbe a porre la pietra tombale su ogni speranza di rilancio economico e culturale dell’Italia.
È l’ora del coraggio e non quella di seppellire il talento!
E non dimentichiamo l’annuncio gioioso di Matteo (quello vero): «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, “ero straniero e mi avete accolto”, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt. 25,34-36).

Vico Equense, lì domenica 9 agosto 2015

Sergio Sbragia

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