Ieri è
stato il 59° anniversario della tragedia della miniera di carbone Bois du
Cazier di Marcinelle in Belgio, avvenuta proprio l’8 agosto del 1956. In quell’occasione
un terribile incendio provocò la morte di 262 minatori, tra i quali oltre 130
emigranti italiani.
Un
evento che ci dice quanto il nostro Paese sia marcato dalla realtà dell’emigrazione,
come questa segni profondamente la storia recente e profonda del nostro popolo.
In pratica non c’è famiglia italiana che non possa raccontare storie dure di
lavoro ed emigrazione, esperienze non di rado contrassegnate dall’emarginazione,
dalla discriminazione, dal disprezzo sociale e dal dolore. E non infrequente è
la possibilità di verificare che, là dove si è raggiunto un certo benessere, la
molla iniziale la si possa onestamente ritrovare in una dura storia di
sacrificio e di emigrazione di qualche familiare.
L’Italia,
se vuole essere un paese civile, non può ignorare questa realtà. Il nostro oggi
è un paese d’immigrazione e di transito, ma non si può dimenticare che è stato (ma
è ancora per tanti versi) un paese di emigrazione. Noi tutti conosciamo nel
nostro vissuto personale, familiare e sociale la dura esperienza dell’emigrazione,
della mancanza del lavoro e della povertà e quanto dolore sia inestricabilmente
legato inevitabilmente a esse.
Pertanto
la realtà che il mar Mediterraneo, quello che i nostri progenitori denominavano
il “mare nostro”, sia divenuto oggi la tomba di migliaia persone che cercano un
avvenire migliore in Europa, non può lasciarci indifferenti. La paura di
perdere la piccola quota di benessere, conseguito dalle nostre famiglie negli
ultimi decennî, non può indurci a non tendere la mano a quanti provengono da
durissime e inenarrabili vicende di stenti, oppressione, povertà e dolore.
Nella
stessa giornata di ieri ho però avuto la ventura di leggere alcune aberranti
dichiarazioni politiche rilasciate sul tema dei fenomeni migratorî da alcune
personalità politiche, che sarebbe più giusto definire politicanti (perché della
“Politica”, quella vera, quella con la “P” maiuscola, non hanno nemmeno la più
vaga idea).
E’ il
caso, per esempio, della posizione divulgata sul blog del Sig. Giuseppe Grillo,
promotore del Movimento 5 Stelle, nella quale si auspica un "giro di vite
sui permessi di soggiorno per protezione umanitaria, che solo l'Italia concede
in massa. Sorveglianza più stretta dei profughi nel sistema di accoglienza.
Istituzione di sistemi efficienti per il rimpatrio forzato delle persone cui
viene respinta la domanda di asilo. Procedura specifica per la trattazione dei
ricorsi contro il diniego dell'asilo".
Ancora e
sempre ieri sul profilo Facebook, il Sig. Matteo Salvini, leader della Lega
Nord, ho potuto leggere la sua sintetica dichiarazione: “Altri 800 clandestini
sbarcati in Italia. Li staranno portando a Bruxelles o in Vaticano…?”.
Che
dire? Alcune forze politiche, per la pura mira demagogica di raccogliere
qualche facile consenso elettorale in più, da un lato, non si fanno scrupolo di
stimolare l’avarizia, l’egoismo e la paura di coloro che sono a pancia piena,
e, dall’altro, non si vergognano di sobillare quanti oggi sperimentano una reale
sofferenza, non riuscendo a giungere a fine mese (o peggio), a dar vita a
reazioni da lazzaroni sanfedisti, che prendano di mira chi sta peggio di loro,
individuadolo quale capro espiatorio delle colpe di altri.
Non
sorprende, invece, che i registi di questa perfida azione sobillatrice molto
spesso siano proprio i responsabili veri del degrado politico, economico e
sociale del nostro paese, cioè coloro che nella loro quasi ventennale
esperienza di governo (anzi di malgoverno) del paese, non hanno saputo far
altro che perseguire gli interessi personali di miliardari proprietari di
partito o mire secessioniste e particolaristiche (senza trascurare lingotti,
diamanti e balletti rosa).
Tra l’alleanza
demagogica e razzista stretta da Grillo, Berlusconi, Meloni e Salvini e l’alto
appello etico e solidaristico di papa Francesco, non ho dubbî: io sto con
Francesco!
Il
nostro popolo ha le proprie profonde radici nella realtà del lavoro duro, dell’emigrazione,
della sofferenza, del sacrificio, della dedizione alla famiglia e alla
comunità, e, proprio per questo, sono convinto che, alla fine, sappia riconoscere
nella solidarietà e nell’accoglienza la propria vocazione più profonda: dai
problemi, infatti, si esce solo se si sceglie di farlo insieme, mobilitando il
meglio del Paese, senza dare spazio ai predicatori di egoismo.
Mobilitiamoci
quotidianamente sul lavoro, nelle relazioni sociali, con la gente che
incontriamo, sui network sociali, nella comunicazione pubblica, perché l’Italia
sia un faro di accoglienza e libertà in tutta l’area del Mediterraneo, una
costruttrice di ponti e non di muri. Diamo il meglio di noi, nella nostra
quotidianità, evitando i facili astensionismi, il semplice stare a guardare
senza rimboccarsi le maniche, le comode critiche inattive da salotto buono per
quanto altri (pur rischiando di sbagliare) comunque cercano di fare. Stare a
guardare senza fare, significa stare dalla parte dei potenti e dei prepotenti.
È nella
pace e nell’accoglienza che cresce anche l’economia, il lavoro e la prosperità.
L’autarchia isolazionista ha già abbondantemente dimostrato nella storia i suoi
nefasti prodotti di impoverimento economico dei paesi che hanno scelto di
praticarla. E se questa viene scelta da un continente, che è stato nella storia
culla della civiltà, significa decretare la morte dell’Europa.
Il
progresso economico, sociale, etico e culturale dei popoli si realizza
attraverso la libera circolazione degli uomini e delle idee. E questo è
particolarmente vero per un paese, come l’Italia, che è posto come naturale
crocevia di correnti di persone, di scambi e di incontro di idee e di culture.
La
scelta isolazionista equivarrebbe a porre la pietra tombale su ogni speranza di
rilancio economico e culturale dell’Italia.
È l’ora
del coraggio e non quella di seppellire il talento!
E non
dimentichiamo l’annuncio gioioso di Matteo (quello vero): «Venite, benedetti
del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla
creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto
sete e mi avete dato da bere, “ero
straniero e mi avete accolto”, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e
siete venuti a trovarmi» (Mt. 25,34-36).
Vico Equense, lì domenica 9 agosto 2015
Sergio Sbragia
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