scusa, ma cerco sempre di esprimere le mie
posizioni con la massima franchezza e chiarezza, il tutto nel pieno rispetto
delle opinioni divergenti dalle mie.
Sono un elettore e un sostenitore convinto
del Partito democratico. Alle ultime primarie per l’elezione del segretario
nazionale non ho espresso un voto a tuo favore e con alcuni precedenti messaggî
aperti, analoghi al presente, ho già avuto modo di manifestarti le ragioni del
mio dissenso su varie scelte politiche da te compiute.
In primo luogo, a suo tempo, ho criticato
la scelta di abbandonare l’incarico di Sindaco della città di Firenze prima
della sua naturale scadenza. Ero e sono convinto che gli incarichi politici
vanno portati sino in fondo nel merito e nei tempi istituzionali previsti. Ne
va del rispetto del mandato ricevuto dagli elettori. L’abbandono prematuro di
un incarico può, a mio modesto parere, essere giustificato solo per ragioni di
forza maggiore, non certo per accedere ad altri e diversi incarichi.
In una seconda occasione ti ho manifestato
il mio dissenso per la scelta di cumulare sulla tua persona sia l’incarico di
segretario nazionale del nostro partito, sia quella di Presidente del Consiglio
dei ministri, nella convinzione che il confluire di tali incarichi sulla stessa
persona produce confusione e impedisce la distinzione istituzionale delle
funzioni di governo del paese e di quelle di singola parte politica. Non solo,
la rappresentanza pubblica delle posizioni del partito, per ovvie ragioni,
finisce in sostanza per passare in secondo ordine, rispetto alle esigenze di
rappresentanza della funzione di governo del paese.
In terzo luogo ti ho espresso il mio
dissenso rispetto alla scelta assenteista operata in occasione del referendum
in materia energetica dello scorso 17 aprile, perché ero e sono convinto che la
sensibilità democratica, che non è un attributo posticcio per il nostro
partito, non può disertare le urne, ma nelle urne esprime in libertà la propria
posizione favorevole o contraria all’abrogazione di una norma legislativa, non
aggiunge strumentalmente al proprio peso quello dell’astensione fisiologica e non
opera in forma organizzata la violazione del principio costituzionale della
segretezza del voto (con l’astensione organizzata e massiccia dei sostenitori
del “no” in un referendum abrogativo, i verbali dei seggî vengono di fatto a
coincidere quasi con elenchi nominativi di sostenitori del “si”).
Ma veniamo a oggi. Di certo la scelta
d’intestardirsi su una proposta di riforma della Costituzione, poco coerente,
mal costruita, che accanto a temi sostanzialmente condivisibili, quali la
soppressione del Cnel, la differenziazione delle funzioni tra le assemblee
parlamentari o la composizione numerica del Senato, ha aggiunto l’opzione di sottrarre
ai cittadini il potere di eleggere in forma diretta i componenti del Senato e
di decidere, sempre in forma diretta, dell’amministrazione di una dimensione
territoriale storicamente determinata e identitariamente significativa quale
quella provinciale, è stata di certo un’opzione di grave miopìa politica. La
Costituzione è una realtà che travalica le responsabilità di governo. Un
intervento sulla Costituzione richiede un consenso largo che è necessario oltrepassi
con ragionevole ampiezza quello dell’area di governo. La mancata presa d’atto
del progressivo assottigliarsi del consenso rispetto alla proposta originaria,
un consenso che alla fine è divenuto anche meno ampio della stessa maggioranza
di governo, è stata una scelta di ridotta, anzi ridottissima, lungimiranza
politica. Ad aggravare le cose sta anche il non aver preso nella dovuta
considerazione la possibilità di celebrare la scadenza referendaria in una
modalità di quesito multiplo, che avrebbe permesso almeno di
portare a casa l’approvazione di quelle
parti della legge di riforma più ampiamente condivise (ma, come ben si sa, chi
troppo vuole, alla fine, nulla stringe).
Tutto ciò però non esaurisce l’intero
raggio dell’azione di governo realizzata in questi anni. D’altronde noi
elettori lo scorso 4 dicembre, ci siamo trovati tra le mani un quesito relativo
all’accettazione della legge riforma costituzionale approvata dal Parlamento
senza il conseguimento della necessaria maggioranza qualificata. Non abbiamo
certo risposto a un quesito circa il gradimento dell’azione del governo da te
guidato. Il dedurre dai risultati referendarî un giudizio dell’elettorato sul
governo in carica è una consuetudine del dibattito politico e mediatico negativa
e di dubbia qualità. Gli elettori lo scorso 4 dicembre hanno semplicemente
scelto di confermare il testo precedente della carta costituzionale, non hanno
in alcun modo espresso un giudizio (né positivo, né negativo) sul governo in
carica. Operare valutazioni di tal genere e, ancor peggio, porre in atto azioni
politiche fondandole su di esse significa manipolare e colpire al cuore la
sovranità popolare esercitata, in ottemperanza all’art. 1 della Costituzione,
secondo le modalità e i limiti da questa stabiliti.
Da qui il mio radicale dissenso rispetto
alla tua scelta di rimettere nelle mani del Presidente della Repubblica il
mandato di Presidente del Consiglio dei ministri, aprendo una crisi
istituzionale priva di qualsivoglia motivazione, se non una piagnucolosa e
narcisistica vanagloria, che antepone infantili ripicche personalistiche a un’adulta
disponibilità alle ragioni del bene comune del paese. Pur non nutrendo sul
piano personale una positiva opinione di tutte e ciascuna le azioni poste in
essere, il governo da te presieduto non ha ricevuto alcuna sfiducia né dagli
elettori, né dalle aule parlamentari. Avevi pertanto il dovere condurre la sua
azione fino alla naturale scadenza delle elezioni politiche. Il gettare in
anticipo la spugna, in assenza di motivazioni, significa venir meno al mandato
popolare.
Nel caso specifico il tuo venir meno agli
impegni assunti ha, inoltre, aggravato i problemi urgenti con i quali il nostro
paese deve in questi giorni fare i conti, e ha posto pericolosamente in
discussione alcuni impegni di notevole spessore quali i programmi per la
ricostruzione delle aree terremotate, la strategìa finalizzata a determinare una
politica europea propulsiva della crescita economica, lo sforzo per assicurare
condizioni di adeguate di accoglienza e integrazione per i migranti che bussano
alle nostre porte. Sono questi, e anche altri, temi di grande significato che
hanno caratterizzato in positivo l’esperienza del governo posto sotto la tua
guida. Temi che non possono essere lasciati in pasto alle scorrerìe
antidemocratiche della destra xenofoba, populista, dedita per lo più al
sostegno di poteri personali di vecchio e di nuovo conio.
Una conferma dell’inutilità e della
dannosità della crisi di governo da te imprudentemente aperta, viene anche dalle
successive scelte operate dal Presidente del Repubblica, che si è trovato
costretto ad accelerare al massimo le procedure di risoluzione, sfociate nell’odierno
incarico conferito a Paolo Gentiloni, al quale auguro di portare in porto positivamente
nell’interesse del paese il mandato ricevuto.
L’incarico a Gentiloni apre tuttavìa uno
spazio di grande rilevanza per il tuo impegno. Viene di fatto superata la
contraddizione determinata dall’innaturale confluenza sulla tua persona della
funzione di capo del governo e di segretario nazionale del partito. Si delinea
pertanto per te la possibilità di inaugurare il mandato a te conferito dalle
primarie. Puoi impegnarti pienamente nel promuovere il patrimonio di valori e
di cultura che contraddistingue il nostro partito. Un patrimonio che si sintetizza
nell’aggettivo “democratico”, quello che segna la differenza specifica del
nostro progetto rispetto alle altre forze politiche. Una differenza che
scommette (fuori e dentro il partito) sul dare voce a tutti, sull’accoglienza, sul
rispetto della diversità di opinione, sul far interagire socialmente le più
diverse identità e culture. Dall’integrazione, dalla solidarietà, dal
riconoscimento della libera circolazione delle persone e delle idee si determinano
le condizioni per la crescita civile e per lo sviluppo economico. È questa la
sfida che attende oggi il Partito democratico. Una sfida difficile, ma entusiasmante,
per la quale è decisivo anche il tuo contributo. Non servono i muri, non serve
l’ignobile foiba mediterranea, non servono le culture dello scarto praticate
con le politiche delle ruspe e delle rottamazioni, ma quelle del coinvolgimento
delle diversità e della reciproca valorizzazione.
Il Partito democratico attende il tuo
contributo, non farlo mancare! Fai tesoro degli errori compiuti, sono un’occasione
per far maturare la tua capacità di discernimento politico. Vedrai che insieme
potremo conseguire grandi e inaspettati risultati positivi per il Paese.
Un carissimo saluto,
Sergio Sbragia
Domenica, 11 dicembre 2016
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