L’odierno incarico conferito dal Presidente
della Repubblica a Paolo Gentiloni apre un nuovo grande scenario a noi
sostenitori del Partito democratico. Uno spazio che richiede in primo luogo una
riflessione a tutto campo e senza infingimenti sul ruolo del nostro partito e
sulla rilevanza della sua azione per il bene complessivo del Paese.
Il recentissimo referendum costituzionale
ci ha mostrato, sia per il risultato sia per l’affluenza, la considerazione che
il popolo italiano ha per la Carta costituzionale, quale fondamento del nostro
vivere civile. Una considerazione che dobbiamo far nostra, superando la falsa
prospettiva che ha portato il partito e il governo Renzi nel vicolo cieco di
una proposta di riforma di scarso respiro e poco coerente con l’impianto complessivo
del testo costituzionale.
Dobbiamo prendere atto dell’esito della
consultazione referendaria, che, per sua natura non ha espresso una valutazione
(né positiva, né negativa) sul governo Renzi, ma ha solo ed esclusivamente espresso
la preferenza per il precedente testo della carta costituzionale. Altre
considerazioni sono, tutto sommato, fuorvianti.
Il comportamento degli elettori è stato
sostanzialmente trasversale ai tradizionali schieramenti di appartenenza. Numerosi
elettori democratici, compreso lo scrivente, dopo aver letto e confrontato i
testi, hanno preferito esprimersi con un “No”. Ma conosco numerose persone,
abitualmente elettori di altre forze politiche (di vecchio e di nuovo conio)
che mi hanno confermato di essersi schierati per il “Si”.
Di certo dobbiamo confrontarci con la
situazione nuova determinata dal voto e fare i conti con la scelta
d’intestardirsi su una proposta di riforma della Costituzione, poco coerente,
mal costruita, che accanto a temi sostanzialmente condivisibili, quali la
soppressione del Cnel, la differenziazione delle funzioni tra le assemblee
parlamentari o la composizione numerica del Senato, ha aggiunto l’opzione di
sottrarre ai cittadini il potere di eleggere in forma diretta i componenti del
Senato e di decidere, sempre in forma diretta, dell’amministrazione di una
dimensione territoriale storicamente determinata e identitariamente
significativa quale quella provinciale, è stata di certo un’opzione di grave
miopìa politica. La Costituzione è una realtà che travalica le responsabilità
di governo. Un intervento sulla Costituzione richiede un consenso largo che è
necessario oltrepassi con ragionevole ampiezza quello dell’area di governo. La
mancata presa d’atto del progressivo assottigliarsi del consenso rispetto alla
proposta originaria, un consenso che alla fine è divenuto anche meno ampio
della stessa maggioranza di governo, è stata una scelta di ridotta, anzi
ridottissima, lungimiranza politica. Ad aggravare le cose sta anche il non aver
preso nella dovuta considerazione la possibilità di celebrare la scadenza
referendaria in una modalità di quesito multiplo, che avrebbe permesso almeno di
portare a casa l’approvazione di quelle parti della legge di riforma più
ampiamente condivise. Su questo dobbiamo certamente confrontarci ampiamente,
liberamente e apertamente. Il nostro è un partito diverso, è un partito
plurale, non subordinato a logiche personalistiche (che sono più connaturate ad
altre forze politiche).
È l’ora di prendere sul serio l’aggettivo “democratico”
che si trova non a caso nella denominazione stessa del nostro partito. E “democratico”
significa dare rilevanza a tutte le diverse culture e identità che
arricchiscono il panorama della nostra forza politica. Il partito non può
essere proprietà o ostaggio di una persona o di un piccolo gruppo che può
addirittura può sostenere di “essersi preso il partito”. Il Partito democratico
non può essere oggetto di un’“appropriazione”, ma è il luogo dove identità
diverse s’incontrano, si valorizzano reciprocamente e producono una sintesi
propositiva al servizio del Paese e nessun cedimento può essere consumato nella
direzione della cultura dello scarto, sia essa declinata sotto la forma della “ruspa”
che sotto le apparenze della “rottamazione”. La democrazia si sviluppa e si
afferma attraverso il coinvolgimento e la valorizzazione del contributo di
tutti.
L’auspicabile avvìo dell’esperienza del
governo Gentiloni apre uno spazio di grande rilevanza per l’impegno del Partito
democratico. Viene di fatto superata la contraddizione determinata
dall’innaturale confluenza sulla stessa persona della funzione di capo del
governo e di segretario nazionale del partito. Ciò consente di poter
manifestare pubblicamente l’identità più autentica della nostra proposta
politica, che in nessun caso può coincidere con il programma di governo, che
necessariamente è il frutto di un accordo tra diverse forze politiche, ciascuna
con una propria identità.
La via maestra che si presenta dinanzi noi
è quella di promuovere il patrimonio di valori e di cultura che
contraddistingue il nostro partito. Un patrimonio che si sintetizza
nell’aggettivo “democratico”, quello che segna la differenza specifica del
nostro progetto rispetto alle altre forze politiche. Una differenza che
scommette (fuori e dentro il partito) sul dare voce a tutti, sull’accoglienza,
sul rispetto della diversità di opinione, sul far interagire socialmente le più
diverse identità e culture. Dall’integrazione, dalla solidarietà, dal
riconoscimento della libera circolazione delle persone e delle idee si
determinano le condizioni per la crescita civile e per lo sviluppo economico. È
questa la sfida che attende oggi il Partito democratico. Una sfida difficile,
ma entusiasmante, per la quale è decisivo il contributo di tutti. Non servono i
muri, non serve l’ignobile foiba mediterranea, non servono le culture dello
scarto, ma quelle del coinvolgimento delle diversità e della reciproca
valorizzazione.
Significativi temi, non secondarî, già
posti all’ordine del giorno dal governo Renzi, quali, per esempio, i programmi
per la ricostruzione delle aree terremotate, la strategìa finalizzata a
determinare una politica europea propulsiva della crescita economica, lo sforzo
per assicurare condizioni di adeguate di accoglienza e integrazione per i
migranti che bussano alle nostre porte, meritano di essere promossi e sostenuti.
Questi, e anche altri, sono temi che sono stati con forza sostenuti in questi
anni. È bene che siano con energìa riproposti, per non rischiare che siano
posti in secondo piano da questioni di schieramento.
Il Partito democratico attende il contributo
di tutti. È necessario che questo contributo non manchi! Solo attraverso l’interazione
e la contaminazione tra le diverse anime lo attraversano e lo animano sarà
possibile far prendere forma alla “novità” in grado di scompaginare il
contrapposto schieramento conservatore e populista. Il Paese ne ha urgente
necessità.
Sergio Sbragia
domenica, 11 dicembre 2016
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