domenica 11 dicembre 2016

Scommettiamo sull’aggettivo “democratico” : Appello ai sostenitori del Partito democratico



L’odierno incarico conferito dal Presidente della Repubblica a Paolo Gentiloni apre un nuovo grande scenario a noi sostenitori del Partito democratico. Uno spazio che richiede in primo luogo una riflessione a tutto campo e senza infingimenti sul ruolo del nostro partito e sulla rilevanza della sua azione per il bene complessivo del Paese.
Il recentissimo referendum costituzionale ci ha mostrato, sia per il risultato sia per l’affluenza, la considerazione che il popolo italiano ha per la Carta costituzionale, quale fondamento del nostro vivere civile. Una considerazione che dobbiamo far nostra, superando la falsa prospettiva che ha portato il partito e il governo Renzi nel vicolo cieco di una proposta di riforma di scarso respiro e poco coerente con l’impianto complessivo del testo costituzionale.
Dobbiamo prendere atto dell’esito della consultazione referendaria, che, per sua natura non ha espresso una valutazione (né positiva, né negativa) sul governo Renzi, ma ha solo ed esclusivamente espresso la preferenza per il precedente testo della carta costituzionale. Altre considerazioni sono, tutto sommato, fuorvianti.
Il comportamento degli elettori è stato sostanzialmente trasversale ai tradizionali schieramenti di appartenenza. Numerosi elettori democratici, compreso lo scrivente, dopo aver letto e confrontato i testi, hanno preferito esprimersi con un “No”. Ma conosco numerose persone, abitualmente elettori di altre forze politiche (di vecchio e di nuovo conio) che mi hanno confermato di essersi schierati per il “Si”.
Di certo dobbiamo confrontarci con la situazione nuova determinata dal voto e fare i conti con la scelta d’intestardirsi su una proposta di riforma della Costituzione, poco coerente, mal costruita, che accanto a temi sostanzialmente condivisibili, quali la soppressione del Cnel, la differenziazione delle funzioni tra le assemblee parlamentari o la composizione numerica del Senato, ha aggiunto l’opzione di sottrarre ai cittadini il potere di eleggere in forma diretta i componenti del Senato e di decidere, sempre in forma diretta, dell’amministrazione di una dimensione territoriale storicamente determinata e identitariamente significativa quale quella provinciale, è stata di certo un’opzione di grave miopìa politica. La Costituzione è una realtà che travalica le responsabilità di governo. Un intervento sulla Costituzione richiede un consenso largo che è necessario oltrepassi con ragionevole ampiezza quello dell’area di governo. La mancata presa d’atto del progressivo assottigliarsi del consenso rispetto alla proposta originaria, un consenso che alla fine è divenuto anche meno ampio della stessa maggioranza di governo, è stata una scelta di ridotta, anzi ridottissima, lungimiranza politica. Ad aggravare le cose sta anche il non aver preso nella dovuta considerazione la possibilità di celebrare la scadenza referendaria in una modalità di quesito multiplo, che avrebbe permesso almeno di portare a casa l’approvazione di quelle parti della legge di riforma più ampiamente condivise. Su questo dobbiamo certamente confrontarci ampiamente, liberamente e apertamente. Il nostro è un partito diverso, è un partito plurale, non subordinato a logiche personalistiche (che sono più connaturate ad altre forze politiche).
È l’ora di prendere sul serio l’aggettivo “democratico” che si trova non a caso nella denominazione stessa del nostro partito. E “democratico” significa dare rilevanza a tutte le diverse culture e identità che arricchiscono il panorama della nostra forza politica. Il partito non può essere proprietà o ostaggio di una persona o di un piccolo gruppo che può addirittura può sostenere di “essersi preso il partito”. Il Partito democratico non può essere oggetto di un’“appropriazione”, ma è il luogo dove identità diverse s’incontrano, si valorizzano reciprocamente e producono una sintesi propositiva al servizio del Paese e nessun cedimento può essere consumato nella direzione della cultura dello scarto, sia essa declinata sotto la forma della “ruspa” che sotto le apparenze della “rottamazione”. La democrazia si sviluppa e si afferma attraverso il coinvolgimento e la valorizzazione del contributo di tutti.
L’auspicabile avvìo dell’esperienza del governo Gentiloni apre uno spazio di grande rilevanza per l’impegno del Partito democratico. Viene di fatto superata la contraddizione determinata dall’innaturale confluenza sulla stessa persona della funzione di capo del governo e di segretario nazionale del partito. Ciò consente di poter manifestare pubblicamente l’identità più autentica della nostra proposta politica, che in nessun caso può coincidere con il programma di governo, che necessariamente è il frutto di un accordo tra diverse forze politiche, ciascuna con una propria identità.
La via maestra che si presenta dinanzi noi è quella di promuovere il patrimonio di valori e di cultura che contraddistingue il nostro partito. Un patrimonio che si sintetizza nell’aggettivo “democratico”, quello che segna la differenza specifica del nostro progetto rispetto alle altre forze politiche. Una differenza che scommette (fuori e dentro il partito) sul dare voce a tutti, sull’accoglienza, sul rispetto della diversità di opinione, sul far interagire socialmente le più diverse identità e culture. Dall’integrazione, dalla solidarietà, dal riconoscimento della libera circolazione delle persone e delle idee si determinano le condizioni per la crescita civile e per lo sviluppo economico. È questa la sfida che attende oggi il Partito democratico. Una sfida difficile, ma entusiasmante, per la quale è decisivo il contributo di tutti. Non servono i muri, non serve l’ignobile foiba mediterranea, non servono le culture dello scarto, ma quelle del coinvolgimento delle diversità e della reciproca valorizzazione.
Significativi temi, non secondarî, già posti all’ordine del giorno dal governo Renzi, quali, per esempio, i programmi per la ricostruzione delle aree terremotate, la strategìa finalizzata a determinare una politica europea propulsiva della crescita economica, lo sforzo per assicurare condizioni di adeguate di accoglienza e integrazione per i migranti che bussano alle nostre porte, meritano di essere promossi e sostenuti. Questi, e anche altri, sono temi che sono stati con forza sostenuti in questi anni. È bene che siano con energìa riproposti, per non rischiare che siano posti in secondo piano da questioni di schieramento.
Il Partito democratico attende il contributo di tutti. È necessario che questo contributo non manchi! Solo attraverso l’interazione e la contaminazione tra le diverse anime lo attraversano e lo animano sarà possibile far prendere forma alla “novità” in grado di scompaginare il contrapposto schieramento conservatore e populista. Il Paese ne ha urgente necessità.

Sergio Sbragia
domenica, 11 dicembre 2016

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