domenica 12 marzo 2017

CATTOLICI E LUTERANI: LA CHIESA È RADUNATA DALLA PROCLAMAZIONE APOSTOLICA DEL VANGELO

Riprendiamo la nostra analisi[1] della Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[2], concentrandoci sulla terza affermazione di consenso sulla realtà della Chiesa, ove si sottolinea la comune affermazione:

che la Chiesa sulla terra è stata radunata dalla proclamazione del Vangelo della misericordia salvifica di Dio in Cristo. Da ciò deriva che il Vangelo proclamato nello Spirito Santo dagli apostoli costituisce l’origine normativa e il fondamento permanente della Chiesa.

Anche in questo caso ci viene in aiuto il testo di Chiesa e giustificazione che pone in evidenza come nel Secondo Testamento, sia gli Atti degli apostoli sia le Lettere proto-paoline, descrivono con ampiezza come gli apostoli hanno proclamato il Vangelo di Gesù, annunciando la sua morte finalizzata alla nostra salvezza e la sua resurrezione. Man mano che le persone venivano raggiunte da quest’annuncio e sceglievano di accettarlo nella fede quale un messaggio di salvezza misericordiosa a esse rivolto, vennero a formarsi nelle varie città dell’antico impero di Roma delle comunità di fedeli a Cristo. Il primato del Vangelo nella nascita della Chiesa è, sia una sottolineatura ben nota della Riforma, espressa dall’uso riformato d’indicare la Chiesa come «creatura del Vangelo» (creatura Evangelii)[3] ma anche una convinzione chiaramente espressa dal Concilio ecumenico Vaticano 2°, che sottolinea che «il Vangelo… è per la Chiesa il principio di tutta la sua vita in ogni tempo»[4] e che la sua predicazione costituisce il mezzo principale per la fondazione della Chiesa[5].
D’altronde che la proclamazione del Vangelo costituisca la realtà fondamentale che definisce in forma permanete la Chiesa è, per altro, confermato dall’azione dello Spirito Santo che, in ogni epoca, chiama a sé tanti testimoni e li abilita a proclamare il Vangelo, risvegliando e, al tempo stesso, sostenendo la fede in quanti li ascoltano, portandoli a riconoscere Cristo come Signore e ad affidarsi con fiducia, attraverso di lui, al Padre[6].
Anche il documento L’apostolicità della Chiesa, dal canto suo, sottolinea come luterani e cattolici condividano, come fondamentale convinzione di fede, il credere che la testimonianza apostolica è «al tempo stesso un’origine normativa e un fondamento permanente»[7].
Il percorso di dialogo realizzato in questi decennî ha, a più riprese, espresso e confermato, la ferma convinzione, sia dei luterani che dei cattolici, che la testimonianza del Vangelo data dagli apostoli costituisce l’origine normativa della Chiesa. E questa poggia per sempre sul fondamento degli apostoli. Di conseguenza, la Chiesa, tanto per i luterani quanto per i cattolici, al variare delle epoche storiche, è comunque e sempre rinviata alla sua origine apostolica.
Dopo aver preso atto della comune confessione, da parte dei cattolici e dei luterani, dell’origine trascendente della Chiesa nella libera scelta del Dio uno e trino, della comune autocomprensione come popolo di Dio, come corpo di Cristo e come tempio dello Spirito Santo, e del comune riconoscimento del fondamento della Chiesa nell’evento storico Gesù Cristo, nella sua interezza, adesso è il momento di prendere coscienza di un ulteriore passo compiuto insieme, il comune riconoscimento nella proclamazione apostolica del Vangelo dell’origine normativa e del fondamento permanente della Chiesa.
Quando parliamo di “origine”, in genere, intendiamo il primo principio, la prima apparizione o la prima manifestazione di una istituzione, e il modo con cui essa si è formata, o meglio la realtà, i fatti da cui essa deriva, sia direttamente, sia per trasformazione. E l’individuazione dell’origine è indispensabile per indicare il modo e il processo della sua formazione. Per “origine normativa” usiamo, a sua volta, riferirci a un principio che, per un’istituzione, riveste la funzione primaria di stabilire un quadro normativo e impegnativo di azione, di vita e di pensiero. Ebbene, per la comunità ecclesiale la proclamazione del Vangelo operata dagli apostoli, così come testimoniata dagli Atti degli apostoli e dalle due Lettere ai Corinzi, dalla Prima lettera ai Tessalonicesi, e da quelle ai Galati, ai Romani, ai Filippesi e a Filemone costituisce l’unico e primario riferimento in cui riconoscere l’origine impegnativa della propria fede. In ogni momento e sotto ogni latitudine la vicenda apostolica costituisce il punto a cui guardare per essere guidati nel discernimento della volontà di Dio per noi “qui” e “ora”. La testimonianza apostolica per la Chiesa è dunque riconosciuta, sia dai luterani sia dai cattolici, come il fondamento, valido sempre e ovunque, per comprendere quanto costituisce la base e il sostegno primario della propria autocoscienza di essere la Chiesa di Cristo.
Anche questo comune riconoscimento del valore della testimonianza apostolica del Vangelo rappresenta il segno di una tappa importante compiuta dal dialogo tra luterani e cattolici. Gli argomenti che siamo venuti sin qui approfondendo, mostrano che si tratta di temi non secondarî della nostra esperienza di fede. Sono temi fondamentali, non esauriscono l’esperienza di fede delle due tradizioni, ma non sono dettaglî, ne temi secondarî. Sono temi centrali dell’“essere cristiani”. Nel proseguire l’analisi della Dichiarazione in cammino, sono convinto che faremo altre sorprendenti scoperte.

Sergio Sbragia
Vico Equense, domenica 12 marzo 2017


[1] - Cf. Sergio Sbragia, 500 anni dalla riforma luterana : occasione per un bilancio  di 50 anni di dialogo e per ricercare assieme la via della piena unità, Vico Equense, 2017 <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/03/500-anni-dalla-riforma-luterana.html>; Id., Cattolici e Luterani: L’evento Gesù di Nàzareth è il fondamento della Chiesa,  Vico Equense, 2017 <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/03/cattolici-e-luterani-levento-gesu-di.html>
[2] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[3] - Cf. D. Martin Luthers Werke : kritische Gesamtausgabe : (Weimarer Ausgabe). - Weimar : Bohlaus, 1883, 2, 430 e 7, 721; Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Chiesa e giustificazione, 34-37.
[4] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 20.
[5] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 6.
[6] - Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Chiesa e giustificazione, 41-43.
[7] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 148.

giovedì 9 marzo 2017

CATTOLICI E LUTERANI: L’EVENTO GESÙ DI NÀZARETH È IL FONDAMENTO DELLA CHIESA




Proseguiamo lo studio, già avviato in un precedente contributo[1], della Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[2], formulata congiuntamente dalla Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e dalla Chiesa evangelica luterana in America, affrontando la seconda affermazione sulla quale rispetto a un profondo dissenso che ha caratterizzato i secoli passati è venuto maturando un sostanziale consenso.
Si tratta del tema n. 2 sul quale oggi:

cattolici e luterani affermano concordemente che la Chiesa nella sua manifestazione terrena è il frutto dell’evento Gesù Cristo nella sua interezza, che costituisce il suo unico fondamento.

Questo consenso prende l’avvìo dalla citazione di un testo della Prima lettera ai Corinti:

«Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana?
Quando uno dice: "Io sono di Paolo", e un altro: "Io sono di Apollo", non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l'opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavìa egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi» (1Cor. 3,1-17).

In realtà il riferimento diretto è riferito al v. 11 («Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» : 1Cor. 3,11), ma si colloca in un contesto dove Paolo si confronta con una realtà di divisione che si era venuta generando nella comunità cristiana di Corinto. Di fronte alla contrapposizione tra quanti nella stessa comunità si riconoscevano nella sua predicazione e quanti, invece, s’identificavano in quella di Apollo, Paolo tiene a sottolineare che, tanto lui quanto Apollo, non sono altro che “servitori” attraverso la cui azione i diversi componenti della comunità di Corinto sono pervenuti alla fede. Uno ha piantato, l’altro ha irrigato, ma è solo Dio l’autore della nascita e della crescita della fede nei cristiani di Corinto. Paolo e Apollo sono solo collaboratori di Dio, quanto essi hanno costruito e costruiscono nella Chiesa ha valore, ma questa non può avere un fondamento diverso da quello autentico, cioè Gesù Cristo. Una volta assicurato e riconosciuto questo autentico fondamento, il contributo di ciascun collaboratore potrà avere il suo giusto valore («oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia… e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno»).
Questo comune riconoscimento del fondamento della Chiesa in Gesù costituisce il segno di un medesimo senso di appartenenza alla medesima realtà, pur nella diversità dei collaboratori che hanno operato nella costruzione dell’esperienza storica delle due comunioni.
Già nel documento Chiesa e giustificazione del 1993, rintracciamo la comune convinzione di luterani e cattolici che la Chiesa ha la propria origine non in un singolo gesto istitutivo di Cristo, ma nella totalità dell’evento Cristo, a partire dall’invio del Figlio da parte di Dio Padre come redentore (cf. Gal. 4,4: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge»), attraverso la sua nascita e manifestazione storica, la sua azione di annuncio del regno di Dio, il compimento di opere di misericordia, l’attività d’insegnamento, la condivisione dei pasti con i peccatori, la chiamata e la formazione dei discepoli, l’istituzione del pasto che fa memoria della sua morte espiatrice e soprattutto la sua morte sulla croce e la resurrezione al terzo giorno e, infine, il suo aver inviato quanti avevano scelto di seguirlo, una volta abilitati dall’effusione dello Spirito, a proclamare il Vangelo e la salvezza a tutte le nazioni[3].
Non si può non notare una grande consonanza dei temi testé richiamati da Chiesa e giustificazione con il paragrafo 4 della Costituzione conciliare sulla divina rivelazione Dei verbum:

Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio «alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini » (3), «parla le parole di Dio» (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L'economìa cristiana dunque, in quanto è l'Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun'altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1 Tm 6,14 e Tt 2,13) (Dei verbum, 4).

Nel documento di dialogo formulato in àmbito tedesco nel 1984, Comunione ecclesiale nella Parola e nel sacramento si afferma con chiarezza che cattolici e luterani concordano nell’affermare che la Chiesa è:
- una comunione fondata da Gesù Cristo,
- una comunione di vita con Cristo nel suo corpo, quali credenti partecipi della sua morte e resuscitati dal battesimo e dalla cena del Signore,
- una comunione in Cristo che vive sotto la sua presenza e influenza grazie allo Spirito Santo, tramite della sua azione e funzione di unico maestro, sommo sacerdote e pastore[4].

Anche questo secondo passo compiuto nell’analisi della nostra Dichiarazione in cammino, donataci dai nostri fratelli americani pone in luce la dimensione del consenso conseguito tra le nostre due concrete esperienze di fede, vissute entro due tradizioni diverse e molto spesso vissute e percepite come contrapposte. E, invece, il riconoscimento di Gesù di Nàzareth quale fondamento primario della realtà della Chiesa costituisce un elemento di consenso di primaria rilevanza. Gesù di Nàzareth costituisce il centro d’irradiazione dell’evento Chiesa. È sul fondamento Gesù che i tanti “collaboratori” nel solco dell’esperienza romana e in quello dell’esperienza riformata hanno contribuito a costruire le due comunità.
Questo fondamento, che è Gesù di Nàzareth è l’elemento centrale e primario della realtà Chiesa, che opera in essa mediante lo Spirito Santo ed è riconosciuto sia dai luterani, sia dai cattolici, come unico maestro, come unica fonte d’insegnamento, per comprendere lo spessore della sfida che, qui e ora, siamo chiamati a raccogliere.
Ma Gesù è anche considerato congiuntamente quale sommo sacerdote, cioè come via privilegiata per rendere culto a Dio. L’elemento unificante capace di rendere possibile la sintesi dell’esperienza spirituale cristiana, nella quale solo conoscendo il Figlio si può conoscere il Padre. E, infine, luterani e cattolici vediamo in Gesù il nostro pastore, la nostra guida, che ci conosce, che è la porta della salvezza, che guarda con sollecitudine soprattutto a quanti sono in difficoltà, a quanti rimangono indietro o rischiano di perdersi.
Questi elementi che abbiamo cercato di ripercorrere, intorno a questa seconda affermazione della Dichiarazione in cammino, ci mostrano anch’essi la consistenza del cammino di avvicinamento compiuto. Sulla visione della Chiesa, luterani e cattolici, mostriamo di avere molto in comune. Certo non è tutto. Noi cattolici, per esempio, incontriamo ancora una certa difficoltà a riconoscere la comunità luterana come una Chiesa. Su questo punto credo sia necessario operare un grande sforzo di approfondimento, invocando dal Signore Gesù, la luce necessaria per riconoscerci, cattolici e luterani, come fratelli nella stessa Chiesa. Sono convinto che, proseguendo l’analisi della Dichiarazione in cammino, troveremo ulteriori e decisivi argomenti per perseverare sulla strada del dialogo.

Sergio Sbragia
Vico Equense, giovedì 9 marzo 2017


[1] - Cf. Sergio Sbragia, 500 anni dalla riforma luterana : occasione per un bilancio  di 50 anni di dialogo e per ricercare assieme la via della piena unità, Vico Equense, 2017 <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/03/500-anni-dalla-riforma-luterana.html>.
[2] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[3] - Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Chiesa e giustificazione, 10-12 e 18-33.
[4] - Gruppo di lavoro bilaterale della Conferenza episcopale tedesca e della Chiesa evangelica luterana in Germania, Comunione ecclesiale nella Parola e nel sacramento, 2-4.

domenica 5 marzo 2017

500 ANNI DALLA RIFORMA LUTERANA : OCCASIONE PER UN BILANCIO DI 50 ANNI DI DIALOGO E PER RICERCARE ASSIEME LA VIA DELLA PIENA UNITÀ



In questi mesi stiamo celebrando il 5° centenario della riforma luterana. Gli eventi celebrativi che si stanno susseguendo in questo periodo segnano uno stacco decisivo rispetto a quelli svoltisi in occasione delle precedenti ricorrenze secolari. Per la prima volta il ricordo e l’attualizzazione dell’evento storico di grande pregnanza religiosa verificatosi nell’Europa del 16° sec. viene vissuto non all’interno di coordinate contrassegnate dalla logica della controversia e della contrapposizione, ma in un clima di amicizia e di stima, che vede luterani e cattolici partecipare assieme agli eventi celebrativi, a partire dell’incontro inaugurale svoltosi lo scorso ottobre a Lund, in Svezia, dove a fianco delle più alte rappresentanze della chiese luterane è intervenuto anche papa Francesco.

Al fine di poter far tesoro del presente momento celebrativo, mi sembra utile approfondire adeguatamente sul piano dei contenuti i temi più significativi del dialogo tra cattolici e luterani. Su un tale itinerario si rivela, a mio avviso, un prezioso ausilio il documento pubblicato il 31 ottobre 2015 in forma congiunta dalla Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e dalla Chiesa evangelica luterana in America e denominato Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[1]. Il testo collaziona gli accordi raggiunti nel corso di 50 anni di dialogo ecumenico luterano-cattolico su significativi temi teologici: la Chiesa, il ministero e l’eucarestìa. La Dichiarazione passa in rassegna 32 affermazioni sulle quali in passato c’era divisione, mentre oggi grazie ai dialoghi teologici c’è accordo. Il documento evidenzia così che le due confessioni cristiane, la luterana e la cattolica, che lo scorso 31 ottobre hanno assieme inaugurato a Lund (Svezia) le celebrazioni dei 500 anni della riforma luterana, condividono oggi una «crescente unità imperfetta, ma reale».

Il documento, che sui rimanenti punti di disaccordo pone in luce possibili piste di approfondimento, è stato posto all’attenzione del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e della Federazione luterana mondiale per l’approvazione e per un’ulteriore riflessione e azione.

Il documento è una dichiarazione sul consenso conseguito da luterani e cattolici sui temi della Chiesa, del ministero e dell’eucarestìa, come esito del dialogo ecumenico fra le due comunioni avviato dal 1965. Si tratta di un consenso «in cammino» (in via), perché il dialogo non è riuscito ancora a sciogliere tutti i nodi che segnano su questi temi la divisione tra le due comunioni. Ciononostante, in questo periodo segnato da decisive scadenze nelle relazioni tra luterani e cattolici, quali la celebrazione nel 2015 dei 50 anni di dialogo e, in questo 2017, la rievocazione dei 500 anni della Riforma luterana, è bene operare una riflessione sul cammino percorso insieme ed enucleare i principali punti di accordo fra luterani e cattolici sui richiamati temi della Chiesa, del ministero e dell’eucarestìa. La rassegna presentata dal documento può risultare di grande utilità per entrambe le comunioni per affermare gli accordi assieme raggiunti e farli diventare patrimonio consapevolmente condiviso dai fedeli dell’una e dell’altra.

L’approfondimento di questo testo offertoci dal confronto condotto dai nostri fratelli luterani e cattolici degli Stati Uniti d’America, può rivelarsi davvero prezioso per fare un bilancio realistico del concreto cammino di avvicinamento che si è prodotto in varî decennî di dialogo e sul percorso da compiere ancora sulla via di una piena unità.

La Dichiarazione in cammino prende le mosse da una citazione di uno dei più grandi padri della Chiesa antica, Basilio il grande:


«Penso quindi che l’unico obiettivo di tutti coloro che servono realmente e veramente il Signore dovrebbe essere quello di ricondurre all’unione le Chiese che in diversi tempi e modi si sono divise fra loro» (Basilio il Grande, Lettera 114).

Le dichiarazioni d’accordo affrontano il primo luogo il tema della Chiesa, sul quale il documento presenta le conclusioni dei dialoghi tra luterani e cattolici romani che spiegano e giustificano gli accordi attestati. Una tale presentazione era già stata prevista dal 1980, quando la seconda fase del dialogo interconfessionale ebbe modo di porre in evidenza le potenzialità ecumeniche della Confessione di Augusta in occasione del suo 450° anniversario. La dichiarazione allora concordata formulò questa nozione luterana e, allo stesso tempo, cattolico-romana della Chiesa:

«Anche nel modo d’intendere la Chiesa, sul quale ci sono state nel passato dolorose controversie tra noi, oggi riscontriamo una comunione sostanziale anche se non ancora completa. La Chiesa è la comunità di quanti Dio riunisce per Cristo nello Spirito Santo attraverso l’annuncio del Vangelo e la distribuzione dei sacramenti e il ministero da lui istituiti a tale scopo. Benché comprenda sempre nel suo seno peccatori, tuttavìa in virtù della promessa e della fedeltà di Dio la Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica e tale rimarrà sempre» (Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Tutti sotto uno stesso Cristo [CA], nn. 7-8 ).

A partire da quest’incoraggiante affermazione del documento Tutti sotto uno stesso Cristo, la Dichiarazione in cammino, che stiamo esaminando, ha condotto un’elaborazione degli accordi ecclesiologici specifici maturati nel corso degli anni su questa comune visione. A ciascuno degli accordi su richiamati il testo della Dichiarazione pone in relazione delle chiarificazioni da documenti di dialogo, soprattutto quelli pubblicati dal 1993 al 2006, onde poter verificare la solidità teologica dell’accordo «basilare, anche se ancora incompleto» sulla Chiesa, che alla luce degli sviluppi successivi si è dimostrato molto più ampio di quanto si pensava al tempo della sua formulazione nel 1980, con la pubblicazione del documento Tutti sotto uno stesso Cristo.

Il primo, fondamentale, tema ecclesiologico sul quale in precedenza c’è stata divisione e oggi, invece, è possibile registrare un reale e significativo accordo, concerne la convinzione della fondazione della Chiesa nell’opera salvifica di Dio, e può essere così sinteticamente espresso:


1) La Chiesa sulla terra è stata radunata da Dio uno e trino, che concede ai credenti la partecipazione alla vita trinitaria come popolo di Dio, come corpo del Cristo risorto e come tempio dello Spirito Santo, e li chiama a testimoniare questi doni affinché anche altri possano giungere a parteciparvi.

Il documento Chiesa e giustificazione del 1993, ha sottolineato con chiarezza che la Chiesa è una realtà umana creata da Dio, che ha le sue radici nella vita divina del Dio uno e trino. Questo impedisce di ritenerla unicamente o in primo luogo una realtà sociale umana, perché la Chiesa è stata radunata da Dio affinché possa partecipare alla sua vita trinitaria[2].

Il documento di dialogo, pubblicato negli Stati Uniti nel 2005, su La Chiesa come koinonia di salvezza: strutture e ministeri, a sua volta, ha sottolineato la sussistenza di una comune «ecclesiologìa di koinonia», che presenta la Chiesa come realtà chiamata sia a partecipare alla salvezza, nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sia a condividere la salvezza con l’intera umanità attraverso l’evangelizzazione e la missione che trasforma il mondo[3].

Anche il documento di dialogo luterano-cattolico, pubblicato in Svezia e Finlandia nel 2010, Giustificazione nella vita della Chiesa[4], ha tenuto a sottolineare il dato della comunione della Chiesa con il Dio uno e trino.

Sia i luterani, sia i cattolici comprendono la Chiesa sulla base delle «immagini basilari» con le quali la Scrittura pone in relazione la comunità dei credenti con Dio uno e trino, ossìa come «popolo in cammino», «corpo di Cristo» e «tempio dello Spirito Santo» (Chiesa e giustificazione, 48-62).

Anche lo studio tedesco Communio sanctorum. La Chiesa come comunione dei santi nel fondare la comunione dei santi nell’amore del Dio uno e trino lo vede manifestato nelle richiamate tre immagini bibliche basilari del «popolo in cammino», del «corpo di Cristo» e del «tempio dello Spirito Santo»[5].

Anche il testo di convergenza della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, La Chiesa: verso una visione comune, pubblicato nel 2013, pur non essendo un documento di dialogo luterano-cattolico, ma un testo di consenso a base più ampia, presenta una visione analoga[6]. Il capitolo 2° è intitolato «La Chiesa del Dio uno e trino». Al paragrafo n. 13 incontriamo l’affermazione «Come comunione stabilita da Dio, la Chiesa appartiene a lui e non esiste per se stessa». Al successivo paragrafo n. 16, leggiamo: «Come comunione stabilita da Dio, la Chiesa appartiene a lui e non esiste per se stessa». Il paragrafo n. 21, infine, è denominato: «la Chiesa corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo».

Sia i luterani, sia i cattolici nella rispettiva visione di fede guardano alla Chiesa come al popolo di Dio in cammino radunato da tutte le nazioni. Un popolo sacerdotale che invoca Dio nella preghiera, lo serve con tutta la propria vita e rende testimonianza a tutti ovunque.

Sempre il documento Chiesa e giustificazione (nn. 51-55), sottolinea che luterani e cattolici, a partire da specifici testi della Lettera agli Efesini (Ef. 6,10-16) della Lettera agli Ebrei (Eb. 6,19-20 e 12,22) condividono la convinzione che il popolo di Dio si confronta con i poteri opposti a Dio (le «insidie del diavolo…, i Principati e le Potenze…, i dominatori di questo mondo tenebroso…, gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti»), forte delle armi dello Spirito («Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno»). Un confronto comunque condotto seguendo con fiducia Gesù Cristo, che guida il suo popolo verso il riposo e la pace del regno finale di Dio. La speranza cristiana è, infatti, un’àncora sicura e salda per il nostro impegno nella storia, in quanto essa va oltre il «velo del santuario» ove Gesù, come precursore, è già penetrato, e ci ha accostati alla Gerusalemme celeste.

«Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno» (Ef. 6,10-16).

«In essa [la speranza proposta ai cristiani] infatti abbiamo come un'àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l'ordine di Melchìsedek» (Eb. 6,19-20).

«Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa» (Eb. 12,22).

Sempre Chiesa e giustificazione (nn. 56-58) pone in evidenza come l’affermazione che la Chiesa è il corpo di Cristo prenda le mosse dalla realtà sacramentale del Battesimo che è segno della reale partecipazione dei membri della Chiesa a Cristo come Signore crocifisso e risorto (cf. 1Cor. 12,12-27).

«Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: "Poiché non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: "Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; oppure la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1Cor. 12,12-27).

Viene altresì evidenziato che la visione della Chiesa come corpo di Cristo trova fondamento anche nella comunione eucaristica «poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (1Cor. 10,17). E questo unico pane è il corpo di Cristo dato per noi. E da Cristo capo del corpo e «pienezza di tutte le cose» emanano i mutui servizi che connotano la vita della Chiesa e contribuiscono alla sua edificazione e alla sua unità, come testimoniato dalla Lettera agli Efesini (cf. Ef. 4,10):

«Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose» (Ef. 4,10).

L’elemento primario con cui i membri della Chiesa, contribuiscono alla sua edificazione e alla sua unità è la loro comune vita nella carità, cui sono esplicitamente invitati dalla Prima lettera ai Corinti (1Cor. 13,13-14,1).

«Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezìa» (1Cor. 13,13-14,1).

I membri del corpo di Cristo, infine, vivono nell’impaziente attesa di essere resuscitati da Dio alla vita eterna nella comunione con il Signore risorto.

Cattolici e luterani condividono anche la visione della Chiesa come tempio dello Spirito Santo. Questa comune percezione ecclesiologica è espressa con chiarezza dal documento di dialogo internazionale L’apostolicità della Chiesa, frutto nel 2006 del lavoro della Commissione luterana-cattolica sull’unità[7]. Nel testo si afferma con forza che la Chiesa è un’opera essenziale dello Spirito Santo, che ha dato vita alla Chiesa mediante il Vangelo di Gesù Cristo. È lo Spirito Santo a risvegliare la fede in quanti ascoltano il Vangelo, e a far sì che la Chiesa nasca e sia dotata di molteplici doni. Inoltre la comunità dei credenti riceve il dono della comunione proprio dallo Spirito che abita in essa («Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» - 1Cor. 12,13) ed è chiamata a crescere «come tempio santo nel Signore» (cf. Ef. 2,21). Ed è sempre lo Spirito a mantenere la Chiesa nella verità («Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» - Gv. 14,26). Ma la comunità ecclesiale sarà completa solo alla fine nella nuova Gerusalemme, dove Dio onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio («In essa non vidi alcun tempio: / il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello / sono il suo tempio » - Ap. 21,22). Questo aspetto di consenso è espresso con chiarezza anche nel citato documento Chiesa e giustificazione, ai paragrafi nn. 59-62. A sua volta, anche il già richiamato documento Communio sanctorum richiama con decisione le dimensioni escatologiche della Chiesa ai paragrafi n. 28 e nn. 201-212.



Già su questa prima proposizione di sostanziale accordo possiamo verificare la convergenza su aspetti fondamentali di teologìa della chiesa.

Il primo elemento d’importante consenso che emerge riguarda la relazione l’origine trascendente e l’origine storica della comunità ecclesiale. La Chiesa, per cattolici e luterani, non si riduce a una realtà associativa meramente umana. La sua origine travalica la realtà storica. Essa è stata radunata da Dio uno e trino, è un progetto di salvezza che ha la propria origine nella volontà del Padre, o del Figlio, o dello Spirito Santo, ma di tutt’e tre le persone divine. La Chiesa è stata, infatti, concepita dalla sapienza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è frutto della bontà del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è stata generata dalla potenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In sintesi si può parlare di un’origine trinitaria della Chiesa, i cui membri sono accolti a partecipare alla vita divina trinitaria. È stata proprio la volontà divina di Dio Padre di introdurre gli esseri umani alla comunione con sé e di costruire tra essi un’unione fraterna, all’origine della decisione di fare irruzione nella storia umana, mediante l’invio nella vicenda terrena del suo Figlio con un corpo in tutto uguale al nostro al fine di riconciliare il mondo con sé. Per realizzare ciò, il Figlio, il Cristo, invia, a sua volta, da parte del Padre lo Spirito Santo per poter compiere dal di dentro l’opera della salvezza e stimolare la Chiesa a espandersi.

Per esprimere nella forma più compiuta l’origine trascendente della Chiesa sin dalle epoche più antiche si è fatto ricorso a immagini basilari per indicare questa realtà della comunità ecclesiale. Immagini che hanno ciascuno di esse profonde radici nella Scrittura sia nel Primo che nel Nuovo Testamento. Tra queste immagini tre di esse sono comunemente condivise da cattolici e luterani e sono quelle di «popolo di Dio», «corpo di Cristo» e «tempio dello Spirito Santo».

L’immagine della Chiesa come «popolo di Dio», pur avendo radici profonde nella Scrittura e nella tradizione ecclesiale, in àmbito cattolico, è stata oggetto di una riscoperta e di una grande rivalutazione dalla riflessione operata in proposito dal Concilio ecumenico Vaticano 2°. Essa, tuttavìa, trova una solenne ed esplicita affermazione nella Prima Lettera di Pietro:

«Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1Pt. 2,9-10).

A dire il vero l’immagine di «popolo di Dio» ha una base portante che abbraccia tutti i periodi della storia della salvezza, dall’elezione d’Israele sino ai cieli nuovi e alle terre nuove. Nella versione greca del Primo testamento, detta dei Settanta, il termine laòs, che viene riferito costantemente a Israele, mentre per indicare le nazioni pagane si ricorre al vocabolo étnē. Nel Secondo testamento il citato termine, che presente ben 140 ricorrenze, non è mai riferito a una popolazione pagana, ma solo a Israele e alla primitiva comunità cristiana. Questo elemento crea una continuità tra l’antico Israele e la comunità dei primi seguaci di Gesù che vengono accomunati sotto lo stesso termine di laòs «popolo».

Ma che cosa distingue la realtà di un popolo, da quella di un qualsiasi altro gruppo umano? Varî sono gli elementi che concorrono a caratterizzare un gruppo umano come un popolo:

- condividere un comune senso di appartenenza: è quello che potremmo definire una sorta di elemento “politico”, riconoscersi in una realtà concreta permanente, con una forma propria.

- sentirsi partecipi di una comune esperienza: cioè essere consapevoli di avere un’avventura storica comune.

- partecipare a una comune modalità di espressione simbolica: possedere un linguaggio condiviso, un background culturale comune caratterizzante.

- possedere un riconosciuto comune patrimonio di valori: riconoscere un complesso piccolo o grande di valori comuni quali elementi di orientamento nella vita.

Questi quattro elementi, ordinariamente caratterizzano i gruppi sociali che si riconoscono come un popolo. Anzi più essi sono avvertiti come proprî e intensamente coltivati, più la consapevolezza di sentirsi appartenenti allo stesso popolo è maggiormente sentita.

Questa sensazione di sentirsi parte di un popolo è pienamente applicabile ai membri della Chiesa, che si riconoscono parte di un popolo messianico, che ha per capo Cristo, i cui membri sono partecipi della dignità e della libertà dei figlî di Dio, hanno come legge il precetto dell’amore proposto da Gesù nella sua missione terrena, e sono proiettati verso il Regno di Dio, già iniziato qui sulla terra, al quale sono ordinati tutti gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca e cultura. Un popolo, la Chiesa, che è portatore dunque di una speranza di liberazione e di un avvenire migliore per l’intera umanità.

Un popolo che si percepisce inoltre come corpo di Cristo, un’immagine che trova uno dei suoi fondamenti biblici nella Lettera ai romani:

«Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all'insegnamento; chi esorta si dedichi all'esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia» (Rm. 12,3-8).

Un’immagine quella del “corpo” che istituisce una relazione, per così dire, “plastica” tra i membri della comunità ecclesiale con il suo capo e, reciprocamente, tra di loro. Non si tratta di una relazione solo spirituale, ma anche materialmente concreta, che si sperimenta sui sentieri reali della storia umana.
La terza immagine, quella di “tempio dello Spirito Santo”, trova a sua volta un fondamento nella Prima lettera di Pietro:

«Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt. 2,4-5).

L’immagine del tempio rinvia all’idea di luogo sacro, dedicato al culto divino, considerato sede privilegiata della presenza di Dio. Se l’idea di “corpo” rimanda alla concretezza e alla materialità, quella di “popolo” ancora la realtà della Chiesa alla storia, questa di “tempio” pone, invece, la comunità dei credenti in diretta relazione con la realtà divina.

La consapevolezza che immagini centrali del nostro sentirci “Chiesa” quali quelle di «popolo di Dio», di «corpo di Cristo», e di «tempio dello Spirito santo», immagini che avvertiamo come pienamente rappresentative del nostro essere seguaci di Gesù di Nàzareth, possono essere pienamente condivise con i nostri fratelli luterani, ci dà già una prima percezione del grande cammino compiuto negli ultimi cinquant’anni dal dialogo ecumenico. Sentirci e riconoscerci, luterani e cattolici, reciprocamente come partecipi del «popolo di Dio», del «corpo di Cristo», e del «tempio dello Spirito santo», esprime un ritrovarsi sia degli uni e sia degli altri alla presenza di Gesù, che è assicurata a quanti si ritrovano nel suo nome (cf. Mt. 18,19-20).

«In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt. 18,19-20).

E questa condizione di uno stare insieme reale, ma non ancora pieno è allora occasione per compiere,  quattro passi insieme ai fratelli luterani:

celebrare: cioè mantenere viva e accesa la fiamma del dialogo che in mezzo secolo ha avuto e continua ad avere un grande significato per tanti seguaci di Gesù. Celebrare vuol dire rivivere e attualizzare la scelta del percorso comune, non si riduce a una data, ma conferisce la dimensione di “evento” all’inizio di un percorso comune, che, dopo il Concilio, cattolici e luterani hanno scelto di iniziare.

fare memoria: vuol dire conferire una maggiore intensità al significato dell’evento, porlo dinanzi a noi, collocarci nelle migliori condizioni per leggerne in profondità il significato e il contenuto.

riscoprire: questi primi passi presentano delle ricchezze che ancora non abbiamo pienamente individuato e che non abbiamo ancora totalmente compreso e assimilato. Abbiamo davanti passi ulteriori che non sono stati ancora compiuti, che sono bloccati, che sono ignorati o che non conosciamo. La loro riscoperta potrà spingerci ad affrontare le nuove sfide che ci vengono proposte oggi sul terreno della costruzione dell’unità.

Impegnarsi: La realtà odierna ci lancia allora un nuovo guanto di sfida. Ci chiama a un nuovo impegno. La celebrazione dei 500 anni della Riforma è l’occasione per assumere, insieme, luterani e cattolici, un nuovo slancio per perseverare sulla via del dialogo, essere consapevoli della strada fatta (che non è poca), per affrontare con impegno, dedizione e condivisione gli elementi che ancora ci separano dalla piena unità.

Continuando la riflessione sulla Dichiarazione in cammino dei cattolici e dei luterani d’America quest’impegno può trovare un solido fondamento su cui poggiarsi.

Sergio Sbragia

Vico Equense, domenica 5 marzo 2017


[1] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[2] - Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Chiesa e giustificazione, 49.
[3] - Dialogo luterano-cattolico negli USA, La Chiesa come koinonia di salvezza, 11-12.
[4] - Giustificazione nella vita della Chiesa, 107-112.
[5] - Gruppo di lavoro bi-laterale della Conferenza episcopale tedesca e della direzione della Chiesa evangelica luterana unita di Germania, Communio sanctorum. La chiesa come comunione dei santi, 3°, 23-24.
[6] - La Commissione "Fede e Costituzione" è un’articolazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC). La Commissione è costituita da 120 teologi, nominati dall'Assemblea Generale del CEC, i quali durano in carica per sette anni, fino cioè all'Assemblea successiva a quella che li ha nominati. Essi rappresentano le Chiese membro del CEC: ortodosse, anglicane, protestanti di quasi tutte le confessioni; e anche le Chiese che non sono affiliate al CEC, come la Chiesa cattolica, possono essere rappresentate nella Commissione. Sebbene la Chiesa cattolica non sia membro del CEC, dal 1968 essa partecipa a "Fede e Costituzione" con 12 teologi, che fanno parte a pieno titolo della Commissione ed hanno diritto di voto. 
[7] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, n. 147.