In questi mesi stiamo celebrando il 5° centenario della
riforma luterana. Gli eventi celebrativi che si stanno susseguendo in questo
periodo segnano uno stacco decisivo rispetto a quelli svoltisi in occasione
delle precedenti ricorrenze secolari. Per la prima volta il ricordo e
l’attualizzazione dell’evento storico di grande pregnanza religiosa
verificatosi nell’Europa del 16° sec. viene vissuto non all’interno di
coordinate contrassegnate dalla logica della controversia e della
contrapposizione, ma in un clima di amicizia e di stima, che vede luterani e
cattolici partecipare assieme agli eventi celebrativi, a partire dell’incontro
inaugurale svoltosi lo scorso ottobre a Lund, in Svezia, dove a fianco delle
più alte rappresentanze della chiese luterane è intervenuto anche papa
Francesco.
Al fine di poter far tesoro del presente momento
celebrativo, mi sembra utile approfondire adeguatamente sul piano dei contenuti
i temi più significativi del dialogo tra cattolici e luterani. Su un tale
itinerario si rivela, a mio avviso, un prezioso ausilio il documento pubblicato
il 31 ottobre 2015 in forma congiunta dalla Commissione per le questioni
ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti e dalla
Chiesa evangelica luterana in America e denominato Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[1].
Il testo collaziona gli accordi raggiunti nel corso di 50 anni di dialogo
ecumenico luterano-cattolico su significativi temi teologici: la Chiesa, il
ministero e l’eucarestìa. La Dichiarazione passa in rassegna 32 affermazioni
sulle quali in passato c’era divisione, mentre oggi grazie ai dialoghi
teologici c’è accordo. Il documento evidenzia così che le due confessioni
cristiane, la luterana e la cattolica, che lo scorso 31 ottobre hanno assieme
inaugurato a Lund (Svezia) le celebrazioni dei 500 anni della riforma luterana,
condividono oggi una «crescente unità
imperfetta, ma reale».
Il
documento, che sui rimanenti punti di disaccordo pone in luce possibili piste
di approfondimento, è stato posto all’attenzione del Pontificio consiglio per
la promozione dell’unità dei cristiani e della Federazione luterana mondiale per
l’approvazione e per un’ulteriore riflessione e azione.
Il documento è una dichiarazione sul consenso conseguito
da luterani e cattolici sui temi della Chiesa, del ministero e dell’eucarestìa,
come esito del dialogo ecumenico fra le due comunioni avviato dal 1965. Si
tratta di un consenso «in cammino» (in
via), perché il dialogo non è riuscito ancora a sciogliere tutti i nodi che
segnano su questi temi la divisione tra le due comunioni. Ciononostante, in
questo periodo segnato da decisive scadenze nelle relazioni tra luterani e
cattolici, quali la celebrazione nel 2015 dei 50 anni di dialogo e, in questo
2017, la rievocazione dei 500 anni della Riforma luterana, è bene operare una
riflessione sul cammino percorso insieme ed enucleare i principali punti di
accordo fra luterani e cattolici sui richiamati temi della Chiesa, del
ministero e dell’eucarestìa. La rassegna presentata dal documento può risultare
di grande utilità per entrambe le comunioni per affermare gli accordi assieme
raggiunti e farli diventare patrimonio consapevolmente condiviso dai fedeli
dell’una e dell’altra.
L’approfondimento di questo testo offertoci dal confronto
condotto dai nostri fratelli luterani e cattolici degli Stati Uniti d’America,
può rivelarsi davvero prezioso per fare un bilancio realistico del concreto
cammino di avvicinamento che si è prodotto in varî decennî di dialogo e sul
percorso da compiere ancora sulla via di una piena unità.
La Dichiarazione in
cammino prende le mosse da una citazione di uno dei più grandi padri della
Chiesa antica, Basilio il grande:
«Penso quindi che l’unico obiettivo di tutti
coloro che servono realmente e veramente il Signore dovrebbe essere quello di
ricondurre all’unione le Chiese che in diversi tempi e modi si sono divise fra
loro» (Basilio
il Grande, Lettera 114).
Le dichiarazioni d’accordo affrontano il primo luogo il
tema della Chiesa, sul quale il documento presenta le conclusioni dei dialoghi
tra luterani e cattolici romani che spiegano e giustificano gli accordi
attestati. Una tale presentazione era già stata prevista dal 1980, quando la
seconda fase del dialogo interconfessionale ebbe modo di porre in evidenza le
potenzialità ecumeniche della Confessione
di Augusta in occasione del suo 450° anniversario. La dichiarazione allora
concordata formulò questa nozione luterana e, allo stesso tempo,
cattolico-romana della Chiesa:
«Anche nel modo d’intendere la Chiesa, sul
quale ci sono state nel passato dolorose controversie tra noi, oggi
riscontriamo una comunione sostanziale anche se non ancora completa. La Chiesa
è la comunità di quanti Dio riunisce per Cristo nello Spirito Santo attraverso
l’annuncio del Vangelo e la distribuzione dei sacramenti e il ministero da lui
istituiti a tale scopo. Benché comprenda sempre nel suo seno peccatori, tuttavìa
in virtù della promessa e della fedeltà di Dio la Chiesa è una, santa,
cattolica e apostolica e tale rimarrà sempre» (Commissione
congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Tutti sotto uno stesso Cristo [CA], nn. 7-8 ).
A partire da quest’incoraggiante affermazione del
documento Tutti sotto uno stesso Cristo,
la Dichiarazione in cammino, che
stiamo esaminando, ha condotto un’elaborazione degli accordi ecclesiologici specifici
maturati nel corso degli anni su questa comune visione. A ciascuno degli
accordi su richiamati il testo della Dichiarazione
pone in relazione delle chiarificazioni da documenti di dialogo,
soprattutto quelli pubblicati dal 1993 al 2006, onde poter verificare la
solidità teologica dell’accordo «basilare, anche se ancora incompleto» sulla
Chiesa, che alla luce degli sviluppi successivi si è dimostrato molto più ampio
di quanto si pensava al tempo della sua formulazione nel 1980, con la
pubblicazione del documento Tutti sotto
uno stesso Cristo.
Il primo, fondamentale, tema ecclesiologico sul quale in
precedenza c’è stata divisione e oggi, invece, è possibile registrare un reale
e significativo accordo, concerne la convinzione della fondazione
della Chiesa nell’opera salvifica di Dio, e può essere così sinteticamente espresso:
1) La Chiesa sulla terra è stata
radunata da Dio uno e trino, che concede ai credenti la partecipazione alla
vita trinitaria come popolo di Dio, come corpo del Cristo risorto e come tempio
dello Spirito Santo, e li chiama a testimoniare questi doni affinché anche
altri possano giungere a parteciparvi.
Il documento Chiesa e
giustificazione del 1993, ha sottolineato con chiarezza che la Chiesa è una
realtà umana creata da Dio, che ha le sue radici nella vita divina del Dio uno
e trino. Questo impedisce di ritenerla unicamente o in primo luogo una realtà
sociale umana, perché la Chiesa è stata radunata da Dio affinché possa
partecipare alla sua vita trinitaria[2].
Il documento di dialogo, pubblicato negli Stati Uniti nel
2005, su La Chiesa come koinonia di salvezza: strutture e ministeri, a
sua volta, ha sottolineato la sussistenza di una comune «ecclesiologìa di koinonia», che presenta la Chiesa come
realtà chiamata sia a partecipare alla salvezza, nella comunione con il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo, sia a condividere la salvezza con l’intera
umanità attraverso l’evangelizzazione e la missione che trasforma il mondo[3].
Anche il documento di dialogo luterano-cattolico, pubblicato
in Svezia e Finlandia nel 2010, Giustificazione
nella vita della Chiesa[4], ha tenuto a sottolineare
il dato della comunione della Chiesa con il Dio uno e trino.
Sia i luterani, sia i cattolici comprendono la Chiesa sulla
base delle «immagini basilari» con le quali la Scrittura pone in relazione la
comunità dei credenti con Dio uno e trino, ossìa come «popolo in cammino»,
«corpo di Cristo» e «tempio dello Spirito Santo» (Chiesa e giustificazione, 48-62).
Anche lo studio tedesco Communio
sanctorum. La Chiesa come comunione dei santi nel fondare la comunione dei
santi nell’amore del Dio uno e trino lo vede manifestato nelle richiamate tre
immagini bibliche basilari del «popolo in cammino», del «corpo di Cristo» e del
«tempio dello Spirito Santo»[5].
Anche
il testo di convergenza della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio
ecumenico delle Chiese, La Chiesa: verso
una visione comune, pubblicato nel 2013, pur non essendo un documento di dialogo
luterano-cattolico, ma un testo di consenso a base più ampia, presenta una
visione analoga[6].
Il capitolo 2° è intitolato «La Chiesa del Dio uno e trino». Al paragrafo n. 13
incontriamo l’affermazione «Come comunione stabilita da Dio, la Chiesa appartiene
a lui e non esiste per se stessa». Al successivo paragrafo n. 16, leggiamo: «Come
comunione stabilita da Dio, la Chiesa appartiene a lui e non esiste per se
stessa». Il paragrafo n. 21, infine, è denominato: «la Chiesa corpo di Cristo e
tempio dello Spirito Santo».
Sia i
luterani, sia i cattolici nella rispettiva visione di fede guardano alla Chiesa
come al popolo di Dio in cammino radunato da tutte le nazioni. Un popolo
sacerdotale che invoca Dio nella preghiera, lo serve con tutta la propria vita
e rende testimonianza a tutti ovunque.
Sempre
il documento Chiesa e giustificazione
(nn. 51-55), sottolinea che luterani e cattolici, a partire da specifici testi
della Lettera agli Efesini (Ef.
6,10-16) della Lettera agli Ebrei (Eb.
6,19-20 e 12,22) condividono la convinzione che il popolo di Dio si confronta
con i poteri opposti a Dio (le «insidie del diavolo…, i Principati e le
Potenze…, i dominatori di questo mondo tenebroso…, gli spiriti del male che
abitano nelle regioni celesti»), forte delle armi dello Spirito («Prendete
dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e
restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno
ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e
pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede,
con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno»). Un
confronto comunque condotto seguendo con fiducia Gesù Cristo, che guida il suo
popolo verso il riposo e la pace del regno finale di Dio. La speranza cristiana
è, infatti, un’àncora sicura e salda per il nostro impegno nella storia, in
quanto essa va oltre il «velo del santuario» ove Gesù, come precursore, è già
penetrato, e ci ha accostati alla Gerusalemme celeste.
«Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore
della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie
del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma
contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo
tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate
resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove.
State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della
giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace.
Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le
frecce infuocate del Maligno» (Ef.
6,10-16).
«In essa [la
speranza proposta ai cristiani] infatti abbiamo come un'àncora sicura e
salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove
Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre
secondo l'ordine di Melchìsedek» (Eb.
6,19-20).
«Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla
città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli,
all'adunanza festosa» (Eb. 12,22).
Sempre Chiesa e giustificazione (nn. 56-58) pone in evidenza come
l’affermazione che la Chiesa è il corpo di Cristo prenda le mosse dalla realtà
sacramentale del Battesimo che è segno della reale partecipazione dei
membri della Chiesa a Cristo come Signore crocifisso e risorto (cf. 1Cor.
12,12-27).
«Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e
tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il
Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un
solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da
un solo Spirito.
E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma
da molte membra. Se il piede dicesse: "Poiché non sono mano, non
appartengo al corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. E se
l'orecchio dicesse: "Poiché non sono occhio, non appartengo al
corpo", non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo
fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe
l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto,
come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?
Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla
mano: "Non ho bisogno di te"; oppure la testa ai piedi: "Non ho
bisogno di voi". Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli
sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le
circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con
maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha
disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel
corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle
altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un
membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
Ora
voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1Cor. 12,12-27).
Viene altresì evidenziato che la visione della Chiesa
come corpo di Cristo trova fondamento
anche nella comunione eucaristica «poiché vi è un solo
pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo
all'unico pane» (1Cor. 10,17). E questo unico pane è il corpo di Cristo dato
per noi. E da Cristo capo del corpo e «pienezza di tutte le cose» emanano i
mutui servizi che connotano la vita della Chiesa e contribuiscono alla sua
edificazione e alla sua unità, come testimoniato dalla Lettera agli Efesini (cf. Ef. 4,10):
«Colui
che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per
essere pienezza di tutte le cose» (Ef.
4,10).
L’elemento primario con cui i membri della Chiesa,
contribuiscono alla sua edificazione e alla sua unità è la loro comune vita
nella carità, cui sono esplicitamente invitati dalla Prima lettera ai Corinti (1Cor. 13,13-14,1).
«Ora
dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più
grande di tutte è la carità! Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i
doni dello Spirito, soprattutto la profezìa» (1Cor. 13,13-14,1).
I membri del corpo di Cristo, infine, vivono
nell’impaziente attesa di essere resuscitati da Dio alla vita eterna nella
comunione con il Signore risorto.
Cattolici e luterani condividono anche la visione della
Chiesa come tempio dello Spirito Santo. Questa comune percezione ecclesiologica
è espressa con chiarezza dal documento di dialogo internazionale L’apostolicità della Chiesa, frutto nel
2006 del lavoro della Commissione luterana-cattolica sull’unità[7]. Nel testo si afferma con
forza che la Chiesa è un’opera essenziale dello Spirito Santo, che ha dato vita
alla Chiesa mediante il Vangelo di Gesù Cristo. È lo Spirito Santo a
risvegliare la fede in quanti ascoltano il Vangelo, e a far sì che la Chiesa
nasca e sia dotata di molteplici doni. Inoltre la comunità dei credenti riceve
il dono della comunione proprio dallo Spirito che abita in essa («Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo
Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati
dissetati da un solo Spirito» - 1Cor. 12,13) ed è chiamata a crescere
«come tempio santo nel Signore» (cf. Ef. 2,21). Ed è sempre lo Spirito a
mantenere la Chiesa nella verità («Ma il Paràclito, lo
Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» - Gv. 14,26). Ma la comunità
ecclesiale sarà completa solo alla fine nella nuova Gerusalemme, dove Dio
onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio («In essa non
vidi alcun tempio: / il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello / sono il suo
tempio » - Ap. 21,22). Questo aspetto di consenso è espresso con
chiarezza anche nel citato documento Chiesa
e giustificazione, ai paragrafi nn. 59-62. A sua volta, anche il già
richiamato documento Communio sanctorum
richiama con decisione le dimensioni escatologiche della Chiesa ai paragrafi n.
28 e nn. 201-212.
Già su questa prima proposizione di sostanziale accordo
possiamo verificare la convergenza su aspetti fondamentali di teologìa della
chiesa.
Il primo elemento d’importante consenso che emerge
riguarda la relazione l’origine trascendente e l’origine storica della comunità
ecclesiale. La Chiesa, per cattolici e luterani, non si riduce a una realtà
associativa meramente umana. La sua origine travalica la realtà storica. Essa è
stata radunata da Dio uno e trino, è un progetto di salvezza che ha la propria
origine nella volontà del Padre, o del Figlio, o dello Spirito Santo, ma di
tutt’e tre le persone divine. La Chiesa è stata, infatti, concepita dalla
sapienza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è frutto della bontà del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è stata generata dalla potenza del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In sintesi si può parlare di
un’origine trinitaria della Chiesa, i cui membri sono accolti a partecipare
alla vita divina trinitaria. È stata proprio la volontà divina di Dio Padre di
introdurre gli esseri umani alla comunione con sé e di costruire tra essi
un’unione fraterna, all’origine della decisione di fare irruzione nella storia
umana, mediante l’invio nella vicenda terrena del suo Figlio con un corpo in
tutto uguale al nostro al fine di riconciliare il mondo con sé. Per realizzare
ciò, il Figlio, il Cristo, invia, a sua volta, da parte del Padre lo Spirito
Santo per poter compiere dal di dentro l’opera della salvezza e stimolare la
Chiesa a espandersi.
Per esprimere nella forma più compiuta l’origine
trascendente della Chiesa sin dalle epoche più antiche si è fatto ricorso a
immagini basilari per indicare questa realtà della comunità ecclesiale.
Immagini che hanno ciascuno di esse profonde radici nella Scrittura sia nel
Primo che nel Nuovo Testamento. Tra queste immagini tre di esse sono
comunemente condivise da cattolici e luterani e sono quelle di «popolo di Dio»,
«corpo di Cristo» e «tempio dello Spirito Santo».
L’immagine della Chiesa come «popolo di Dio», pur avendo
radici profonde nella Scrittura e nella tradizione ecclesiale, in àmbito
cattolico, è stata oggetto di una riscoperta e di una grande rivalutazione
dalla riflessione operata in proposito dal Concilio ecumenico Vaticano 2°. Essa,
tuttavìa, trova una solenne ed esplicita affermazione nella Prima Lettera di Pietro:
«Voi invece siete
stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è
acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha
chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora
invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia,
ora invece avete ottenuto misericordia» (1Pt.
2,9-10).
A dire il vero l’immagine di «popolo di Dio» ha una base
portante che abbraccia tutti i periodi della storia della salvezza, dall’elezione
d’Israele sino ai cieli nuovi e alle terre nuove. Nella versione greca del
Primo testamento, detta dei Settanta,
il termine laòs, che viene riferito
costantemente a Israele, mentre per indicare le nazioni pagane si ricorre al
vocabolo étnē. Nel Secondo testamento
il citato termine, che presente ben 140 ricorrenze, non è mai riferito a una
popolazione pagana, ma solo a Israele e alla primitiva comunità cristiana.
Questo elemento crea una continuità tra l’antico Israele e la comunità dei
primi seguaci di Gesù che vengono accomunati sotto lo stesso termine di laòs «popolo».
Ma che cosa distingue la realtà di un popolo, da quella
di un qualsiasi altro gruppo umano? Varî sono gli elementi che concorrono a
caratterizzare un gruppo umano come un popolo:
- condividere un comune senso di appartenenza: è quello che potremmo
definire una sorta di elemento “politico”, riconoscersi in una realtà concreta
permanente, con una forma propria.
- sentirsi partecipi di una comune esperienza: cioè essere
consapevoli di avere un’avventura storica comune.
- partecipare a una comune modalità di espressione simbolica:
possedere un linguaggio condiviso, un background culturale comune caratterizzante.
- possedere un riconosciuto comune patrimonio di valori: riconoscere
un complesso piccolo o grande di valori comuni quali elementi di orientamento
nella vita.
Questi quattro elementi, ordinariamente caratterizzano i
gruppi sociali che si riconoscono come un popolo. Anzi più essi sono avvertiti
come proprî e intensamente coltivati, più la consapevolezza di sentirsi
appartenenti allo stesso popolo è maggiormente sentita.
Questa sensazione di sentirsi parte di un popolo è pienamente
applicabile ai membri della Chiesa, che si riconoscono parte di un popolo messianico, che ha per capo
Cristo, i cui membri sono partecipi della dignità
e della libertà dei figlî di Dio, hanno
come legge il precetto dell’amore proposto da Gesù nella sua missione terrena,
e sono proiettati verso il Regno di Dio, già iniziato qui sulla terra, al quale
sono ordinati tutti gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca e
cultura. Un popolo, la Chiesa, che è portatore dunque di una speranza di
liberazione e di un avvenire migliore per l’intera umanità.
Un popolo che si percepisce inoltre come corpo di Cristo,
un’immagine che trova uno dei suoi fondamenti biblici nella Lettera ai romani:
«Per la grazia che mi è stata data, io dico
a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo
saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché,
come in un solo corpo abbiamo molte membra e
queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così
anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri.
Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il
dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un
ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all'insegnamento; chi
esorta si dedichi all'esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi
presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con
gioia» (Rm. 12,3-8).
Un’immagine quella del “corpo” che istituisce una
relazione, per così dire, “plastica” tra i membri della comunità ecclesiale con
il suo capo e, reciprocamente, tra di loro. Non si tratta di una relazione solo
spirituale, ma anche materialmente concreta, che si sperimenta sui sentieri
reali della storia umana.
La terza immagine, quella di “tempio dello Spirito Santo”,
trova a sua volta un fondamento nella Prima
lettera di Pietro:
«Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata
dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete
costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per
offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo» (1Pt. 2,4-5).
L’immagine del tempio rinvia all’idea di luogo sacro,
dedicato al culto divino, considerato sede privilegiata della presenza di Dio.
Se l’idea di “corpo” rimanda alla concretezza e alla materialità, quella di “popolo”
ancora la realtà della Chiesa alla storia, questa di “tempio” pone, invece, la
comunità dei credenti in diretta relazione con la realtà divina.
La consapevolezza che immagini centrali del nostro
sentirci “Chiesa” quali quelle di «popolo di Dio», di «corpo di Cristo», e di «tempio
dello Spirito santo», immagini che avvertiamo come pienamente rappresentative
del nostro essere seguaci di Gesù di Nàzareth, possono essere pienamente
condivise con i nostri fratelli luterani, ci dà già una prima percezione del
grande cammino compiuto negli ultimi cinquant’anni dal dialogo ecumenico. Sentirci
e riconoscerci, luterani e cattolici, reciprocamente come partecipi del «popolo
di Dio», del «corpo di Cristo», e del «tempio dello Spirito santo», esprime un ritrovarsi
sia degli uni e sia degli altri alla presenza di Gesù, che è assicurata a
quanti si ritrovano nel suo nome (cf. Mt. 18,19-20).
«In verità io vi dico ancora: se due di voi
sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio
che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome,
lì sono io in mezzo a loro» (Mt.
18,19-20).
E questa condizione di uno stare insieme reale, ma non
ancora pieno è allora occasione per compiere,
quattro passi insieme ai fratelli luterani:
1° celebrare: cioè mantenere viva e accesa la fiamma del dialogo che
in mezzo secolo ha avuto e continua ad avere un grande significato per tanti
seguaci di Gesù. Celebrare vuol dire rivivere e attualizzare la scelta del
percorso comune, non si riduce a una data, ma conferisce la dimensione di “evento”
all’inizio di un percorso comune, che, dopo il Concilio, cattolici e luterani
hanno scelto di iniziare.
2° fare memoria: vuol dire conferire una maggiore intensità al
significato dell’evento, porlo dinanzi a noi, collocarci nelle migliori
condizioni per leggerne in profondità il significato e il contenuto.
3° riscoprire: questi primi passi presentano delle ricchezze che
ancora non abbiamo pienamente individuato e che non abbiamo ancora totalmente compreso
e assimilato. Abbiamo davanti passi ulteriori che non sono stati ancora
compiuti, che sono bloccati, che sono ignorati o che non conosciamo. La loro
riscoperta potrà spingerci ad affrontare le nuove sfide che ci vengono proposte
oggi sul terreno della costruzione dell’unità.
4° Impegnarsi: La realtà odierna ci lancia allora un nuovo guanto di
sfida. Ci chiama a un nuovo impegno. La celebrazione dei 500 anni della Riforma
è l’occasione per assumere, insieme, luterani e cattolici, un nuovo slancio per
perseverare sulla via del dialogo, essere consapevoli della strada fatta (che
non è poca), per affrontare con impegno, dedizione e condivisione gli elementi
che ancora ci separano dalla piena unità.
Continuando la riflessione sulla Dichiarazione in cammino dei cattolici e
dei luterani d’America quest’impegno può trovare un solido fondamento su cui
poggiarsi.
Sergio Sbragia
Vico Equense, domenica 5 marzo 2017
[1] - Commissione
per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati
Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il
Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[2] - Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana,
Chiesa e giustificazione, 49.
[3] - Dialogo luterano-cattolico negli USA, La Chiesa come koinonia di
salvezza, 11-12.
[4] - Giustificazione nella vita della Chiesa, 107-112.
[5] - Gruppo di
lavoro bi-laterale della Conferenza episcopale tedesca e della direzione della
Chiesa evangelica luterana unita di Germania, Communio sanctorum. La chiesa come comunione dei santi, 3°, 23-24.
[6] - La Commissione
"Fede e Costituzione" è un’articolazione del Consiglio Ecumenico
delle Chiese (CEC). La Commissione è costituita da 120 teologi, nominati
dall'Assemblea Generale del CEC, i quali durano in carica per sette anni, fino
cioè all'Assemblea successiva a quella che li ha nominati. Essi rappresentano
le Chiese membro del CEC: ortodosse, anglicane, protestanti di quasi tutte
le confessioni; e anche le Chiese che non sono affiliate al CEC, come la Chiesa
cattolica, possono essere rappresentate nella Commissione. Sebbene la Chiesa
cattolica non sia membro del CEC, dal 1968 essa partecipa a "Fede e
Costituzione" con 12 teologi, che fanno parte a pieno titolo della
Commissione ed hanno diritto di voto.
[7] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, n.
147.
Nessun commento:
Posta un commento