martedì 18 aprile 2017

CATTOLICI E LUTERANI: LA CHIESA PARTECIPA AI BENEFICI DIVINI CON AZIONI STORICHE E PERCEPIBILI



Continuiamo nella nostra analisi delle affermazioni di consenso maturate grazie agli anni di dialogo condotti tra la confessione luterana e quella cattolica, confrontandoci con la sesta espressione di consenso proposta dalla Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[1] nella quale si manifesta la convergenza conseguita da luterani e cattolici nel sostenere che:

Nella propria esperienza terrena la Chiesa partecipa ai beneficî di Cristo mediante azioni storiche e percepibili quali la proclamazione del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti, istituiti da Gesù Cristo e trasmessi dagli apostoli.

Documenti di dialogo internazionale, come L’Apostolicità della Chiesa, ma anche testi espressione d’iniziative dialogiche di livello nazionale, quali Comunione ecclesiale in Parola e sacramento e Communio sanctorum, hanno posto in rilievo come luterani e cattolici concordino profondamente sul ruolo essenziale dei mezzi della grazia per radunare la Chiesa e comunicare in forma sempre nuova ai fedeli la partecipazione ai doni della salvezza.
Di certo la proclamazione del Vangelo è il primo elemento da considerare nella mediazione della comunione in Cristo e dei suoi beneficî, ma l’accoglienza della proclamazione del Vangelo nella fede, implica anche il poter vivere gli eventi sacramentali del battesimo, della cena del Signore o eucarestìa e dell’assoluzione del peccato, amministrati dai fratelli che sono chiamati al ministero della parola e del sacramento.
Attraverso questi elementi, che sono indicati quali “mezzi della grazia” il messaggio di Cristo si presenta a noi come istanza che impegna con la forza di Dio tutta la vita dell’uomo nel perdono dei peccati, nella profonda unione con Cristo, nella santificazione attraverso lo Spirito Santo. Queste azioni, mezzi della grazia, rivestono anche il carattere di “segni” pubblici esterni che pongono in luce come la comunità si ponga in continuità con quanto Cristo e i suoi apostoli hanno istituito[2]. A sua volta il documento L’Apostolicità della Chiesa pone in evidenza l’accordo sostanziale raggiunto sulle pratiche che incarnano il messaggio di salvezza proposto dal Vangelo[3].
La presente affermazione riveste un notevole valore, perché affronta un tema che tradizionalmente ha costituito anch’esso un elemento non secondario di divergenza e contrasto tra le due confessioni, quello della pratica sacramentale, che abitualmente viene considerata molto valorizzata dalla parte cattolica, e per contro poco recepita dalla parte luterana. Invece nell’affermazione che stiamo analizzando, le azioni sacramentali vengono considerate quali azioni storiche e percepibili di partecipazione ai beneficî di Cristo, sùbito dopo la proclamazione del Vangelo. Constatare una comune visione con i fratelli luterani dell’azione sacramentale nell’istituzione da parte di Gesù Cristo e nella loro trasmissione da parte degli apostoli.

Sergio Sbragia
Vico Equense, lunedì 17 aprile 2017


[1] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[2] - Cf. Comunione ecclesiale nella Parola e nel sacramento, 1984, 7; Communio sanctorum, 2000, 35-38.
[3] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 94-95.157-160.

lunedì 17 aprile 2017

CATTOLICI E LUTERANI: LA CHIESA VIVE DELLA PAROLA DI DIO




Dopo aver dedicato la precedente riflessione al ruolo rivestito dalla testimonianza degli apostoli nell’esperienza ecclesiale sia della confessione luterana che di quella cattolica[1], ora cercheremo di dedicarci a un altro tema, anch’esso di notevole rilievo, proposto dalla quinta affermazione della Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[2] nella quale si pone in luce il consenso raggiunto da luterani e cattolici nel sostenere che:

la Chiesa sul piano storico vive della parola di Dio e ne è governata. Essa, poi, incontra la parola di Dio in Cristo, nella parola viva del Vangelo e nelle Scritture ispirate e canoniche.

Quest’affermazione ci pone nelle condizioni di poter dire che luterani e cattolici condividono nella propria esperienza di fede la testimonianza:

- che Dio ha diffuso nella storia umana, attraverso parole e azioni, un messaggio di grazia e di verità, che ha avuto il suo culmine nella morte e nella resurrezione di Gesù Cristo;

- che, grazie alla forza dello Spirito Santo, i testimoni della Pasqua hanno attestato la resurrezione di Gesù Cristo, che è la Parola di grazia definitiva di Dio[3];

- che la testimonianza della Pasqua costituisce la continuazione della rivelazione di Dio compiuta attraverso Mosè, i profeti e gli scritti del Primo Testamento[4];

- che la rivelazione della salvezza umana compiuta in Gesù Cristo da parte di Dio Padre, continua a essere annunciata nel Vangelo di Cristo, che gli apostoli per primi hanno predicato e insegnato quando hanno radunato le prime comunità di fedeli.

In proposito il già più volte richiamato documento di dialogo internazionale L’apostolicità della Chiesa (2006) ha sottolineato con forza che:

«Le Scritture sono per i luterani e per i cattolici la fonte, la regola, la guida e il criterio della correttezza e della purezza della proclamazione della Chiesa, della sua elaborazione della dottrina e della sua pratica sacramentale e pastorale. Infatti, nelle prime comunità formate dagli apostoli di Cristo, i libri del Nuovo Testamento emersero, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, attraverso la predicazione e l’insegnamento del Vangelo apostolico. Questi libri, insieme con i libri sacri di Israele nell’Antico Testamento, devono rendere presente per tutti i tempi la verità della parola di Dio, per formare la fede e guidare i credenti in una vita degna del Vangelo di Cristo. Mediante il canone biblico, la Chiesa non costituisce ma riconosce l’autorità intrinseca delle Scritture profetiche e apostoliche. Di conseguenza, la predicazione e tutta la vita della Chiesa deve essere alimentata e governata dalle Scritture continuamente ascoltate e studiate. La vera interpretazione e applicazione della Scrittura conserva l’insegnamento della Chiesa nella verità» (L’apostolicità della Chiesa, 434).

 In questo paragrafo del documento L’apostolicità della Chiesa incontriamo delle affermazioni di grande spessore teologico sul valore e il significato della Scrittura nella vita di fede e nelle tradizioni ecclesiali.

La proclamazione della fede operata dalla Chiesa, l’elaborazione dottrinale e la pratica sacramentale e pastorale, sia nella visione luterane che in quella cattolica, trovano nelle Scritture:

a) la propria fonte, cioè la propria origine, il luogo da cui esse scaturiscono e da cui si alimentano in forma continua e perenne;

b) la propria regola, nel senso che, sia i cattolici sia i luterani, individuano nelle Scritture il luogo in cui esse ricercano gli elementi normativi della vita di fede personale e comunitaria;

c) la propria guida, cioè il riferimento fondamentale a cui guardare per l’orientamento di fondo della vicenda storica della comunità ecclesiale nel confrontarsi con le esigenze concrete d’incarnazione della fede in un particolare contesto storico e culturale;

d) il criterio della loro correttezza e purezza, cioè la Scrittura in un certo senso, sia per i luterani sia per i cattolici, costituisce la cartina di tornasole alla luce della quale verificare ex ante, in itinere ed ex post, la rispondenza reale all’autenticità della missione della Chiesa e dei richiamati elementi dell’annuncio, dell’insegnamento e della vita pastorale e sacramentale.

L’autorevolezza a tutto tondo riconosciuta alla Scrittura impatta nei fatti su tutta l’attività della comunità ecclesiale, e costituisce il punti di riferimento primario a cui rivolgere la meditazione e la riflessione personale e comunitaria per discernere e comprendere i contenuti della nostra chiamata “qui e ora”.

Il fondamento dell’autorevolezza della Scrittura, rintracciato concordemente nel dato storico che ha mostrato come gli scritti del Secondo Testamento siano emersi nelle comunità radunate intorno agli apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, mediante la predicazione e l’insegnamento del Vangelo condotta dagli Apostoli. È dunque attraverso la predicazione apostolica che gli scritti del Secondo Testamento, unitamente a quelli del Primo già sacri per Israele, hanno assunto la funzione di rendere presente in ogni contesto la verità della parola di Dio, per formarci nella fede e guidarci nella vita.

Incontriamo poi un’affermazione di grande rilievo sul canone biblico, la cui funzione viene correttamente ricondotta al riconoscimento dell’autorità intrinseca della Scrittura. Il canone, sia per i cattolici sia per i luterani, non costituisce l’autorità della Scrittura, e, pertanto, non si pone al di sopra di essa, ma al suo servizio, in quanto consiste in effetti lo sforzo della comunità ecclesiale per riconoscere in essa i tratti della parola viva di Dio. È grazie a questo riconoscimento che la predicazione e la vita ecclesiale possono trovare alimento, orientamento e guida nelle Scritture, che vanno dunque continuamente ascoltate e studiate. Un’autentica interpretazione e applicazione della Scrittura nella vita della Chiesa viene infine presentata come condizione per l’insegnamento ecclesiale per calcare in umiltà e fiducia il sentiero della verità.

Oltre questi aspetti L’Apostolicità della Chiesa richiama anche l’attenzione sull’esigenza per le comunità ecclesiali di preservare in successione continua le parole della verità salvifica di Dio (2006). E questo in funzione del mandato di annuncio del Vangelo, che la Chiesa porta avanti in ogni contesto e di generazione in generazione. Nel compimento di questo mandato le Chiese sono certe di essere sempre alla presenza di Gesù Cristo.

Con questa quinta affermazione di consenso si perviene ad affrontare un tema che storicamente è stato, a torto o a ragione, presentato come uno dei principali pomi della discordia tra luterani e cattolici, cioè quello del diverso valore riconosciuto alla Sacra Scrittura nelle due confessioni. Ritengo che, grazie all’attività di dialogo, si possa considerare superata una volta per tutte la semplicistica e schematica contrapposizione tra una Chiesa della “sola Scriptura”, da un lato, e una Chiesa della “Tradizione”, dall’altro.

Abbiamo infatti un’affermazione concorde e senza precedenti sul valore della Scrittura, come origine e punto di riferimento primario. Ci troviamo anche dinanzi a un chiaro riconoscimento del valore del canone biblico, che viene inteso come uno strumento ecclesiale per riconoscere la parola di Dio. Il canone è quindi posto al servizio della Scrittura e non al di sopra di essa. Riveste tuttavìa una riconosciuta funzione ecclesiale. Su questo punto possiamo verificare il conseguimento di un consenso sul ruolo e sulla funzione ecclesiale del canone, mentre permane una difformità circa i contenuti dei rispettivi canoni.

D’altro canto è possibile riscontrare il conseguimento anche di significativi elementi di consenso anche su contenuti rientranti nell’àmbito della tradizione ecclesiale. È il caso del comune riconoscimento della formazione degli scritti del Secondo Testamento nel quadro del processo di sviluppo della missione di annuncio e predicazione apostolica e dell’esigenza della sua conservazione nel tempo. Ed è anche il caso del comune riconoscimento del dovere ecclesiale di preservare di generazione in generazione la parola viva di Dio.

Ma ciò che, in definitiva, in questa quinta affermazione di consenso, mi appare di grandissimo valore è la comune declinazione della visione dell’ispirazione della Scrittura, come luogo ove agisce in libertà e potenza lo Spirito di Dio, che è sempre in azione per il bene e la salvezza dell’umanità. Ritrovarci assieme, luterani e cattolici, intorno alla sacra pagina, per leggerla, comprenderla e attuarla nella storia, costituisce un significativo traguardo raggiunto dal dialogo ecumenico, che c’impegna a proseguire con tenacia sul sentiero intrapreso.



Sergio Sbragia

Vico Equense, lunedì 17 aprile 2017


[1] - Cf. Sergio Sbragia, Cattolici e Luterani: l’apostolicità della Chiesa si fonda sulla continuità nella fede, nell’insegnamento e nelle pratiche degli apostoli, Vico Equense, 2017, <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/04/cattolici-e-luterani-lapostolicita.html>.


[2] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.

[3] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 432.


[4] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Dichiarazione sulle relazioni della chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate, 4; Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana, Chiesa e giustificazione, 1999, 13.

lunedì 10 aprile 2017

CATTOLICI E LUTERANI: L’APOSTOLICITÀ DELLA CHIESA SI FONDA SULLA CONTINUITÀ NELLA FEDE, NELL’INSEGNAMENTO E NELLE PRATICHE DEGLI APOSTOLI


Nella precedente riflessione abbiamo avviato l’approfondimento del dato che luterani e cattolici condividono la convinzione che la Chiesa sulla terra è frutto della proclamazione del Vangelo operata dagli apostoli[1]. Adesso possiamo approfondire questo tema di consenso di notevole rilevanza, passando all’analisi della quarta affermazione della Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[2] dove si sottolinea come luterani e cattolici concordino sul fatto che:

la Chiesa sulla terra è in ogni tempo apostolica, perché è fondata sulla testimonianza resa dagli apostoli al Vangelo e professa continuamente la fede apostolica ed evangelica, vivendo con pratiche comandate trasmesse dagli apostoli. Sia i luterani, sia i cattolici riconoscono alle proprie comunità ecclesiali l’attributo dell’apostolicità, basato sulla loro continuità nella fede, nell’insegnamento e nelle pratiche degli apostoli. 
Il comune riconoscimento del fondamento apostolico della vicenda storica della Chiesa, in effetti, costituisce un elemento su cui i documenti di dialogo che sono stati prodotti nel corso degli anni tra cattolici e luterani si sono ampiamente soffermati. Ciò testimonia della rilevanza di tale tema per la comprensione dello spessore teologico della realtà ecclesiale e del rilievo che entro i diversificati sentieri storici delle due tradizioni esso ricopre.

Il Vangelo di Matteo ci mostra come Gesù abbia inviato gli apostoli a presentarsi, a suo nome, all’umanità, e abbia loro conferito l’autorevolezza di testimoni affidabili e credibili della sua resurrezione, con il mandato di fare discepoli in tutto il mondo e di battezzare per il perdono dei peccati (cf. Mt. 28,16-20). Gli apostoli dopo la sorprendente notizia loro portata dalle donne recatesi al sepolcro, e del loro successivo incontro con Gesù risorto, si erano recati in Galilèa, così come Gesù stesso aveva chiesto alle donne che facessero:

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilèa, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"» (Mt. 28,18-20).

Questo chiaro mandato di Gesù è preso sul serio dagli apostoli che si sono dati pienamente a un impegno di annuncio e predicazione della buona notizia. Hanno riunito attorno a sé numerose comunità di credenti che si sono riconosciute nel Vangelo di Gesù Cristo. A loro volta gli scritti apostolici del secondo Testamento, rivolti a tali comunità, nel proporre loro uno stile di vita aderente al Vangelo, forniscono a noi lettori numerosi dettaglî sulla percezione della fede e sugli usi cultuali di tali comunità. Successivamente le antiche confessioni di fede e i concilî della Chiesa indivisa hanno poi dato un’ampia spiegazione della fede apostolica.

Sotto la guida dello Spirito Santo la Chiesa ha sempre tentato con tutte le proprie forze di restare fedele alla testimonianza apostolica del Vangelo. In questo sforzo si sono pienamente riconosciute, tanto la tradizione cattolica, quanto quella luterana, che entrambe si sono prodigate nello sforzo di essere fedeli alla testimonianza apostolica del Vangelo, alla sua origine normativa e al suo fondamento permanente, in congiunzione con la perseveranza nel confermare entro l’àmbito della vita della propria esperienza ecclesiale le pratiche trasmesse dagli apostoli.

Il documento L’apostolicità della Chiesa, si sofferma sulle pratiche di culto che derivano dagli apostoli, che possono dischiuderci un itinerario di più profonda comprensione del dato dell’apostolicità, e offrirci un metodo validissimo e basilare in funzione di un mutuo e reciproco riconoscimento dell’apostolicità di ciascuna delle due Chiese[3].

Martin Lutero, da parte sua, ha trattato con ampiezza di quegli aspetti che siamo soliti definire come le proprietà e le note della Chiesa, cioè quegli elementi caratterizzanti che devono essere necessariamente posseduti da una comunità ecclesiale per potersi autenticamente considerarsi fondata sulla testimonianza apostolica. Questi elementi sono indicati da Martin Lutero nel messaggio evangelico, nel battesimo, nella cena del Signore, nelle chiavi, nella chiamata al ministero, nel culto pubblico e nella sempre pubblica confessione della fede[4].

A sua volta il Concilio Vaticano 2° ha definito la tradizione come un multiforme patrimonio apostolico, cioè come «ciò che fu trasmesso dagli apostoli», che «comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; così la Chiesa nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (Dv. 8)[5].

In entrambi i citati luoghi nei quali L’apostolicità della Chiesa si sofferma su questo aspetto[6], si analizzano elementi di santificazione e verità condivisi riconosciuti dal Concilio ecumenico Vaticano 2°, nella Lumen gentium, paragrafo n. 8, e poi richiamati in forma analitica come proprietà comuni di più esperienze ecclesiali al successivo paragrafo n. 15 dello stesso documento[7].

Il documento Chiesa come koinonìa di salvezza, a sua volta, sottolinea come, per le nostre comunità ecclesiali, la continuità con la testimonianza degli apostoli mediante la parola del Vangelo e la professione della fede apostolica, non sia una conquista umana, quanto un dono dello Spirito Santo. È infatti lo Spirito a far nascere, diffondere e a conservare il corpo ecclesiale come “apostolico”, grazie alle Scritture apostoliche, i maestri fedeli, le confessioni di fede e la continuità dei ministri designati[8].

Questo elemento viene poi richiamato con forza nel già richiamato documento L’apostolicità della Chiesa, che tiene a evidenziare come la Chiesa sia, in ogni epoca, il frutto dell’azione dello Spirito Santo, il quale attualizza il Vangelo apostolico e conferisce efficacia ai sacramenti e all’insegnamento apostolico che le comunità ecclesiali hanno avuto la grazia di ricevere[9]. Ed è proprio in questo radicarsi nell’azione dello Spirito che trova il proprio fondamento la chiamata della Chiesa a servire nella nostra epoca l’ulteriore trasmissione del Vangelo degli apostoli.

È proprio riferendosi, rispettivamente, agli scritti di Lutero sui mezzi della grazia e sulle note della Chiesa e al Concilio Vaticano 2°, sulla tradizione, la Chiesa e l’ecumenismo, che oggi luterani e cattolici sono pervenuti a riconoscere sostanzialmente nelle tradizioni delle due comunità la presenza del dato fondamentale dell’apostolicità[10]. Paradossalmente questo reciproco possibile riconoscimento del fondamento apostolico trova i suoi punti di partenza, da un lato, nelle sottolineature, operate da Martin Lutero, circa la necessità di riconoscere nella Chiesa cattolica romana una multiforme sostanza cristiana[11], allorché ha visto lì «le vere sacre Scritture, il vero battesimo, il vero sacramento [dell’altare], le vere chiavi per il perdono dei peccati, il vero ufficio della proclamazione e il vero catechismo»[12], e, dall’altro, nel Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano 2°, ove si afferma con chiarezza che «elementi di santificazione e verità» si trovano nelle comunità separate e «lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza»[13].

Si è così determinato un possibile reale mutuo riconoscimento che ha portato il documento L’apostolicità della Chiesa ad affermare solennemente che «la Chiesa cattolica e le Chiese e comunità ecclesiali della Riforma condividono entrambe gli attributi dell’apostolicità perché sono costruite su, e vivono grazie a, molti elementi e dotazioni appartenenti all’unica e molteplice tradizione apostolica»[14].

È decisamente sorprendente l’esito che, su quest’aspetto, ha conseguito la tenace azione di dialogo condotta negli ultimi decennî dalle due comunità. Noi cattolici riconosciamo all’esperienza di fede delle comunità luterane un indubitabile fondamento nella testimonianza apostolica, e un analogo riconoscimento viene operato dai luterani nei confronti dei cattolici.

In effetti il riconoscimento reciproco della presenza di tensione fondamentale alla testimonianza apostolica in ciascuna delle due tradizioni, sia quella cattolica, sia quella luterana, costituisce un’acquisizione di grandissimo rilievo. Per rendersene conto è sufficiente prestare attenzione al contenuto dell’“apostolicità”, che costituisce una delle note di note di fondo dell’esperienza ecclesiale, che richiamiamo solennemente nella professione di fede in relazione alla realtà della Chiesa.

Il fatto che oggi noi cattolici possiamo riconoscere nella tradizione luterana la presenza chiara di un riferimento alla testimonianza degli apostoli come elemento normativo e conformante della vita di fede, e, di converso, che i fratelli luterani un simmetrico riconoscimento nei riguardi della nostra tradizione ecclesiale, costituisce un elemento di consenso di notevole valore e del tutto centrale sul piano della comprensione della realtà teologica dell’evento Chiesa.

Oggi possiamo pertanto dire che gran parte dei dissensi sorti tra le due confessioni circa la natura ecclesiale delle rispettive comunità possa dirsi sostanzialmente superata, nonostante sussistano ancora elementi di rilievo sui quali il consenso non può dirsi ancora pienamente conseguito.

Questa nota dolens non viene realisticamente ignorata dal documento L’apostolicità della Chiesa (2006) che, in particolare nella sua seconda parte, dedica attenzione alle notevoli riserve che tutt’ora sussistono da entrambe le parti circa alcuni elementi della visione e dell’esperienza della Chiesa da parte del partner in dialogo. Queste riserve riguardano in particolare i temi dell’ordinazione al ministero di pastori/presbiteri, del ministero della successione apostolica e dell’ufficio del vescovo. Una seconda area individuata di persistente dissenso afferisce poi ai temi dell’interpretazione della Scrittura e della struttura e della funzione dell’ufficio del magistero[15]. Lo stesso documento L’apostolicità della Chiesa poi, nella sua terza e quarta parte, esamina con ampiezza queste due aree di persistente dissenso, mostrando che nel merito si sono compiuti progressi significativi, pur non avendo ancora raggiunto la piena riconciliazione.

Il riferimento agli apostoli, cioè al primo e più diretto gruppo di testimoni della missione terrena e salvifica di Gesù di Nàzareth, nonché artefici primi, sotto la guida dello Spirito, rappresenta senza dubbia un elemento centrale e decisivo dell’essere Chiesa. La sua presenza quotidiana nella vita delle nostre comunità costituisce un segnale indubbio che queste nella storia dell’umanità stanno percorrendo ciascuna un sentiero convergente al desco dei Dodici.

Questo, a mio parere, è il segno che è stato superato un gradino decisivo nella scalata vero la piena unità. Un esito che senza dubbio sarà foriero di passi successivi altrettanto fecondi.



Sergio Sbragia

Vico Equense, lunedì 10 aprile 2017



[1] - Cf. Sergio Sbragia, Cattolici e Luterani: La Chiesa è radunata dalla proclamazione apostolica del Vangelo, Vico Equense, 2017 <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/03/cattolici-e-luterani-la-chiesa-e.html?spref=tw>.

[2] - Commissione per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in «Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.

[3] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 94-95 e 114-116.

[4] - Questi riferimenti sono ampiamente rinvenibili in Martin Lutero, Sui concilî e la Chiesa, 1539; Id., Contro Hanswurst, 1541.

[5] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei verbum, 8.

[6]- Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 94-95 e 114-116.

[7] - Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per tutti la verità e la grazia. Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per un’analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cf. Ef. 4,16).
Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica e che il Salvatore nostro, dopo la sua resurrezione, diede da pascere a Pietro (cf. Gv. 21,17), affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida (cf. Mt. 28,18ss), e costituì per sempre colonna e sostegno della verità (cf. 1Tm. 3,15). Questa Chiesa, in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica. Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina... spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo» (Fil. 2,6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2Cor. 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc. 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc. 19,10), così pure la Chiesa circonda d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb. 7,26), non conobbe il peccato (cf. 2Cor. 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cf. Eb. 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cf. 1Cor. 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce.
[…]
«La Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l'unità di comunione sotto il successore di Pietro. Ci sono infatti molti che hanno in onore la sacra Scrittura come norma di fede e di vita, manifestano un sincero zelo religioso, credono amorosamente in Dio Padre onnipotente e in Cristo, figlio di Dio e salvatore, sono segnati dal battesimo, col quale vengono congiunti con Cristo, anzi riconoscono e accettano nelle proprie Chiese o comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti fra loro hanno anche l'episcopato, celebrano la sacra eucaristia e coltivano la devozione alla vergine Madre di Dio. A questo si aggiunge la comunione di preghiere e di altri benefici spirituali; anzi, una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro egli opera con la sua virtù santificante per mezzo di doni e grazie e ha dato ad alcuni la forza di giungere fino allo spargimento del sangue. Così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo desiderio e attività, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo Pastore. E per ottenere questo la madre Chiesa non cessa di pregare, sperare e operare, esortando i figli a purificarsi e rinnovarsi perché l'immagine di Cristo risplenda più chiara sul volto della Chiesa» (Concilio ecumenico Vaticano 2°, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 8.15).

[8] - Dialogo luterano-cattolico negli USA, La Chiesa come koinonia di salvezza, 75-77.

[9] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 147.

[10] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 157-160.

[11] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 159.

[12] - D. Martin Luthers Werke : kritische Gesamtausgabe : (Weimarer Ausgabe). - Weimar : Bohlaus, 1883, 26,146s.

[13] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

[14] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 121.

[15]- Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 161-162.