Nella precedente riflessione abbiamo avviato
l’approfondimento del dato che luterani e cattolici condividono la convinzione
che la Chiesa sulla terra è frutto della proclamazione del Vangelo operata
dagli apostoli[1].
Adesso possiamo approfondire questo tema di consenso di notevole rilevanza,
passando all’analisi della quarta affermazione della Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa[2] dove si sottolinea come
luterani e cattolici concordino sul fatto che:
la Chiesa sulla terra è in ogni tempo
apostolica, perché è fondata sulla testimonianza resa dagli apostoli al Vangelo
e professa continuamente la fede apostolica ed evangelica, vivendo con pratiche
comandate trasmesse dagli apostoli. Sia i luterani, sia i cattolici riconoscono
alle proprie comunità ecclesiali l’attributo dell’apostolicità, basato sulla
loro continuità nella fede, nell’insegnamento e nelle pratiche degli apostoli.
Il comune riconoscimento del fondamento apostolico della
vicenda storica della Chiesa, in effetti, costituisce un elemento su cui i
documenti di dialogo che sono stati prodotti nel corso degli anni tra cattolici
e luterani si sono ampiamente soffermati. Ciò testimonia della rilevanza di
tale tema per la comprensione dello spessore teologico della realtà ecclesiale
e del rilievo che entro i diversificati sentieri storici delle due tradizioni
esso ricopre.
Il Vangelo di Matteo
ci mostra come Gesù abbia inviato gli apostoli a presentarsi, a suo nome,
all’umanità, e abbia loro conferito l’autorevolezza di testimoni affidabili e
credibili della sua resurrezione, con il mandato di fare discepoli in tutto il
mondo e di battezzare per il perdono dei peccati (cf. Mt. 28,16-20). Gli
apostoli dopo la sorprendente notizia loro portata dalle donne recatesi al
sepolcro, e del loro successivo incontro con Gesù risorto, si erano recati in
Galilèa, così come Gesù stesso aveva chiesto alle donne che facessero:
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilèa,
sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi
però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni
potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti
i giorni, fino alla fine del mondo"» (Mt. 28,18-20).
Questo chiaro mandato di Gesù è preso sul serio dagli
apostoli che si sono dati pienamente a un impegno di annuncio e predicazione
della buona notizia. Hanno riunito attorno a sé numerose comunità di credenti
che si sono riconosciute nel Vangelo di Gesù Cristo. A loro volta gli scritti
apostolici del secondo Testamento, rivolti a tali comunità, nel proporre loro
uno stile di vita aderente al Vangelo, forniscono a noi lettori numerosi
dettaglî sulla percezione della fede e sugli usi cultuali di tali comunità.
Successivamente le antiche confessioni di fede e i concilî della Chiesa indivisa
hanno poi dato un’ampia spiegazione della fede apostolica.
Sotto la guida dello Spirito Santo la Chiesa ha sempre
tentato con tutte le proprie forze di restare fedele alla testimonianza
apostolica del Vangelo. In questo sforzo si sono pienamente riconosciute, tanto
la tradizione cattolica, quanto quella luterana, che entrambe si sono prodigate
nello sforzo di essere fedeli alla testimonianza apostolica del Vangelo, alla sua
origine normativa e al suo fondamento permanente, in congiunzione con la
perseveranza nel confermare entro l’àmbito della vita della propria esperienza
ecclesiale le pratiche trasmesse dagli apostoli.
Il documento L’apostolicità
della Chiesa, si sofferma sulle pratiche di culto che derivano dagli
apostoli, che possono dischiuderci un itinerario di più profonda comprensione
del dato dell’apostolicità, e offrirci un metodo validissimo e basilare in
funzione di un mutuo e reciproco riconoscimento dell’apostolicità di ciascuna
delle due Chiese[3].
Martin Lutero, da parte sua, ha trattato con ampiezza di quegli
aspetti che siamo soliti definire come le proprietà e le note della Chiesa,
cioè quegli elementi caratterizzanti che devono essere necessariamente
posseduti da una comunità ecclesiale per potersi autenticamente considerarsi
fondata sulla testimonianza apostolica. Questi elementi sono indicati da Martin
Lutero nel messaggio evangelico, nel battesimo, nella cena del Signore, nelle
chiavi, nella chiamata al ministero, nel culto pubblico e nella sempre pubblica
confessione della fede[4].
A sua volta il Concilio Vaticano 2° ha definito la
tradizione come un multiforme patrimonio apostolico, cioè come «ciò che fu
trasmesso dagli apostoli», che «comprende tutto quanto contribuisce alla
condotta santa del popolo di Dio e all'incremento della fede; così la Chiesa nella
sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le
generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (Dv. 8)[5].
In entrambi i citati luoghi nei quali L’apostolicità della Chiesa si sofferma su
questo aspetto[6],
si analizzano elementi di santificazione e verità condivisi riconosciuti dal Concilio ecumenico Vaticano 2°, nella Lumen gentium, paragrafo n. 8, e poi
richiamati in forma analitica come proprietà comuni di più esperienze
ecclesiali al successivo paragrafo n. 15 dello stesso documento[7].
Il documento Chiesa
come koinonìa di salvezza, a sua
volta, sottolinea come, per le nostre comunità ecclesiali, la continuità con la
testimonianza degli apostoli mediante la parola del Vangelo e la professione
della fede apostolica, non sia una conquista umana, quanto un dono dello
Spirito Santo. È infatti lo Spirito a far nascere, diffondere e a conservare il
corpo ecclesiale come “apostolico”, grazie alle Scritture apostoliche, i
maestri fedeli, le confessioni di fede e la continuità dei ministri designati[8].
Questo elemento viene poi richiamato con forza nel già
richiamato documento L’apostolicità della
Chiesa, che tiene a evidenziare come la Chiesa sia, in ogni epoca, il
frutto dell’azione dello Spirito Santo, il quale attualizza il Vangelo apostolico
e conferisce efficacia ai sacramenti e all’insegnamento apostolico che le
comunità ecclesiali hanno avuto la grazia di ricevere[9]. Ed è proprio in questo
radicarsi nell’azione dello Spirito che trova il proprio fondamento la chiamata
della Chiesa a servire nella nostra epoca l’ulteriore trasmissione del Vangelo
degli apostoli.
È proprio riferendosi, rispettivamente, agli scritti di
Lutero sui mezzi della grazia e sulle note della Chiesa e al Concilio Vaticano
2°, sulla tradizione, la Chiesa e l’ecumenismo, che oggi luterani e cattolici
sono pervenuti a riconoscere sostanzialmente nelle tradizioni delle due
comunità la presenza del dato fondamentale dell’apostolicità[10]. Paradossalmente questo
reciproco possibile riconoscimento del fondamento apostolico trova i suoi punti
di partenza, da un lato, nelle sottolineature, operate da Martin Lutero, circa
la necessità di riconoscere nella Chiesa cattolica romana una multiforme
sostanza cristiana[11], allorché ha visto lì «le
vere sacre Scritture, il vero battesimo, il vero sacramento [dell’altare], le
vere chiavi per il perdono dei peccati, il vero ufficio della proclamazione e
il vero catechismo»[12], e, dall’altro, nel
Decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano 2°, ove si afferma con chiarezza che
«elementi di santificazione e verità» si trovano nelle comunità separate e «lo
Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza»[13].
Si è così determinato un possibile reale mutuo
riconoscimento che ha portato il documento L’apostolicità
della Chiesa ad affermare solennemente che «la Chiesa cattolica e le Chiese
e comunità ecclesiali della Riforma condividono entrambe gli attributi dell’apostolicità
perché sono costruite su, e vivono grazie a, molti elementi e dotazioni
appartenenti all’unica e molteplice tradizione apostolica»[14].
È decisamente sorprendente l’esito che, su quest’aspetto, ha
conseguito la tenace azione di dialogo condotta negli ultimi decennî dalle due
comunità. Noi cattolici riconosciamo all’esperienza di fede delle comunità
luterane un indubitabile fondamento nella testimonianza apostolica, e un
analogo riconoscimento viene operato dai luterani nei confronti dei cattolici.
In effetti il riconoscimento reciproco della presenza di
tensione fondamentale alla testimonianza apostolica in ciascuna delle due
tradizioni, sia quella cattolica, sia quella luterana, costituisce un’acquisizione
di grandissimo rilievo. Per rendersene conto è sufficiente prestare attenzione
al contenuto dell’“apostolicità”, che costituisce una delle note di note di
fondo dell’esperienza ecclesiale, che richiamiamo solennemente nella professione
di fede in relazione alla realtà della Chiesa.
Il fatto che oggi noi cattolici possiamo riconoscere nella
tradizione luterana la presenza chiara di un riferimento alla testimonianza
degli apostoli come elemento normativo e conformante della vita di fede, e, di
converso, che i fratelli luterani un simmetrico riconoscimento nei riguardi
della nostra tradizione ecclesiale, costituisce un elemento di consenso di
notevole valore e del tutto centrale sul piano della comprensione della realtà
teologica dell’evento Chiesa.
Oggi possiamo pertanto dire che gran parte dei dissensi
sorti tra le due confessioni circa la natura ecclesiale delle rispettive
comunità possa dirsi sostanzialmente superata, nonostante sussistano ancora
elementi di rilievo sui quali il consenso non può dirsi ancora pienamente
conseguito.
Questa nota dolens
non viene realisticamente ignorata dal documento L’apostolicità della Chiesa (2006) che, in particolare nella sua
seconda parte, dedica attenzione alle notevoli riserve che tutt’ora sussistono
da entrambe le parti circa alcuni elementi della visione e dell’esperienza
della Chiesa da parte del partner in dialogo. Queste riserve riguardano in
particolare i temi dell’ordinazione al ministero di pastori/presbiteri, del
ministero della successione apostolica e dell’ufficio del vescovo. Una seconda
area individuata di persistente dissenso afferisce poi ai temi dell’interpretazione
della Scrittura e della struttura e della funzione dell’ufficio del magistero[15]. Lo stesso documento L’apostolicità della Chiesa poi, nella
sua terza e quarta parte, esamina con ampiezza queste due aree di persistente
dissenso, mostrando che nel merito si sono compiuti progressi significativi,
pur non avendo ancora raggiunto la piena riconciliazione.
Il riferimento agli apostoli, cioè al primo e più diretto
gruppo di testimoni della missione terrena e salvifica di Gesù di Nàzareth,
nonché artefici primi, sotto la guida dello Spirito, rappresenta senza dubbia
un elemento centrale e decisivo dell’essere Chiesa. La sua presenza quotidiana
nella vita delle nostre comunità costituisce un segnale indubbio che queste
nella storia dell’umanità stanno percorrendo ciascuna un sentiero convergente
al desco dei Dodici.
Questo, a mio parere, è il segno che è stato superato un
gradino decisivo nella scalata vero la piena unità. Un esito che senza dubbio
sarà foriero di passi successivi altrettanto fecondi.
Sergio Sbragia
Vico Equense, lunedì 10 aprile 2017
[1] - Cf. Sergio Sbragia, Cattolici e Luterani: La Chiesa è radunata dalla proclamazione apostolica del Vangelo, Vico Equense, 2017 <http://sergiosbragia.blogspot.it/2017/03/cattolici-e-luterani-la-chiesa-e.html?spref=tw>.
[2] - Commissione
per le questioni ecumeniche della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati
Uniti - Chiesa evangelica luterana in America, Dichiarazione in cammino : Chiesa, ministero ed eucarestìa. - in
«Il Regno : attualità e documenti», 61° (2016) 13, 409-456.
[3] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 94-95
e 114-116.
[4] - Questi riferimenti sono
ampiamente rinvenibili in Martin Lutero,
Sui concilî e la Chiesa, 1539; Id., Contro
Hanswurst, 1541.
[5] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Costituzione dogmatica sulla
Divina Rivelazione Dei verbum, 8.
[6]- Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006,
94-95 e 114-116.
[7] - Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e
incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e
di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per tutti la
verità e la grazia. Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo
mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa
terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realtà risultante
di un duplice elemento, umano e divino. Per un’analogia che non è senza valore,
quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura
assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui
indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l'organismo sociale della
Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo
(cf. Ef. 4,16).
Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo
una, santa, cattolica e apostolica e che il Salvatore nostro, dopo la sua
resurrezione, diede da pascere a Pietro (cf. Gv. 21,17), affidandone a lui e
agli altri apostoli la diffusione e la guida (cf. Mt. 28,18ss), e costituì per
sempre colonna e sostegno della verità (cf. 1Tm. 3,15). Questa Chiesa, in
questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa
cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con
lui, ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di
santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla
Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica. Come Cristo ha compiuto la
redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è
chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della
salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina... spogliò se stesso,
prendendo la condizione di schiavo» (Fil. 2,6-7) e per noi «da ricco che era si
fece povero» (2Cor. 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua
missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria
terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione.
Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella
ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc. 4,18), «a cercare e
salvare ciò che era perduto» (Lc. 19,10), così pure la Chiesa circonda
d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce
nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente,
si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo.
Ma mentre Cristo, «santo, innocente, immacolato» (Eb. 7,26), non conobbe il
peccato (cf. 2Cor. 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del
popolo (cf. Eb. 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è
perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente
per il cammino della penitenza e del rinnovamento. La Chiesa «prosegue il suo
pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio»,
annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cf. 1Cor.
11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con
pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di
dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se
non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà
manifestato nella pienezza della luce.
[…]
«La
Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta con coloro che, essendo
battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente
la fede o non conservano l'unità di comunione sotto il successore di Pietro. Ci
sono infatti molti che hanno in onore la sacra Scrittura come norma di fede e
di vita, manifestano un sincero zelo religioso, credono amorosamente in Dio
Padre onnipotente e in Cristo, figlio di Dio e salvatore, sono segnati dal
battesimo, col quale vengono congiunti con Cristo, anzi riconoscono e accettano
nelle proprie Chiese o comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti fra
loro hanno anche l'episcopato, celebrano la sacra eucaristia e coltivano la
devozione alla vergine Madre di Dio. A questo si aggiunge la comunione di
preghiere e di altri benefici spirituali; anzi, una certa vera unione nello
Spirito Santo, poiché anche in loro egli opera con la sua virtù santificante
per mezzo di doni e grazie e ha dato ad alcuni la forza di giungere fino allo
spargimento del sangue. Così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo
desiderio e attività, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito,
pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo Pastore. E per
ottenere questo la madre Chiesa non cessa di pregare, sperare e operare,
esortando i figli a purificarsi e rinnovarsi perché l'immagine di Cristo
risplenda più chiara sul volto della Chiesa» (Concilio
ecumenico Vaticano 2°, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 8.15).
[8] - Dialogo luterano-cattolico negli USA, La Chiesa come koinonia di
salvezza, 75-77.
[9] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 147.
[10] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006,
157-160.
[11] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 159.
[12] - D. Martin Luthers Werke : kritische
Gesamtausgabe : (Weimarer Ausgabe). - Weimar :
Bohlaus, 1883, 26,146s.
[13] - Concilio ecumenico Vaticano 2°, Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.
[14] - Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 121.
[15]- Commissione luterana-cattolica sull’unità, L’apostolicità della Chiesa, 2006, 161-162.
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