lunedì 6 gennaio 2014

I «GIUDÈI» E IL DISCORSO NELLA SINAGOGA DI CAFÀRNAO (6,22-71)




Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salìto con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?".
Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?". Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato".
Allora gli dissero: "Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno­­­ mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno".
Allora i Giudèi si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo". E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?".
Gesù rispose loro: "Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
Allora i Giudèi si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?". Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima?  È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre".
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". 70Gesù riprese: "Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!". Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici (6,22-71).

 In questo brano il termine «i Giudèi» ricorre due volte, nei vv. 41 e 52, nel quadro di un contrasto che vede Gesù impegnato in polemica prima con una non ben determinata “folla”, poi con i “Giudèi” e, infine con “molti dei suoi discepoli”.
La scena di questa polemica è la sinagoga di Cafàrnao. Siamo sempre in Galilèa, sulle rive del lago di Gennèsaret, nella città di Cafàrnao, quella città in cui Gesù, all'inizio dei suo ministero, lasciando Nàzareth, scelse di andare ad abitare, una città presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali (cf. Mt. 4,13). Questo semplice cambio di residenza per Gesù significò lasciare il minuscolo villaggio, luogo della tranquillità. delle abitudini semplici e degli orizzonti ristretti, per scendere in una città più aperta e più complessa, centro di commercî e traffici e punto d'incontro di culture diverse, ove si trovò ad affrontare un nuovo modo di vivere e le connesse insicurezze. In termini attuali, potremmo dire che, scendendo a Càfarnao, Gesù si confrontò con la modernità e la complessità. Egli accettò con gioia questo cambio, Cafarnao divenne la sua "città", ma ciò non gli impedì dì essere libero e critico verso di essa, evidenziandone le colpe anche con dure invettive. Il tutto origina da una condivisione piena del destino e delle sofferenze della sua gente.
La scena si svolge nella sinagoga. Questo porta a escludere la partecipazione di gentili.
I dialoghi che si snodano in questo capitolo si articolano, un po’ come quelli esaminati in precedenza, tra un piano letterale e materiale della concreta esperienza di vita e un piano che fa riferimento a un significato che travalica le apparenze materiali, che tuttavia fa rifermento alla relazione autentica con Dio. Ed è questo il piano che Gesù ìndica ai suoi interlocutori, come quello autenticamente reale e meritevole di essere ricercato.
Il primo dialogo si ha appunto con la “folla”. Il giorno successivo alla moltiplicazione dei nani (6,1-15), la folla che aveva intravisto in Gesù “il profeta che deve venire nel mondo” (cf. 6,14), lo cerca e si pone in cammino per rintracciarlo, attraversando in barca un braccio del lago di Tiberìade. Una volta raggiunto a Cafàrnao, la folla interpella Gesù, che la istruisce sulle ragioni autentiche della loro ricerca.
In primo luogo Gesù richiama quanti lo hanno seguìto fino a Cafàrnao a cercare di comprendere il senso autentico del segno di cui sono stati testimonî. È esplicito l’invito a darsi «da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo» (6,27). A questo invito di Gesù, corrisponde da parte della folla una prima reazione ispirata a un atteggiamento di ricerca autentico, che si estrinseca prima nella richiesta di «che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?» (6,28) e poi nell’invocazione «Signore, dacci sempre questo pane» (6,34). Quest’atteggiamento, richiama in qualche maniera l’atteggiamento assunto, nel cap. 4, dalla donna samaritana che chiede dove poter attingere l’acqua, preannunciata da Gesù, capace di dissetare in maniera autentica. A quest’atteggiamento Gesù risponde proponendosi come l’autentico pane capace di estinguere la fame e la sete di quanti sceglieranno di seguirlo.
Il brano non permette tuttavia di chiarire l’evoluzione di questo inziale atteggiamento di ricerca mostrato dalla «folla», se esso sfocia in un’opzione di adesione a Gesù o se resta solo un primo orientamento solo abbozzato, che poi non riesce a trovare una concreta traduzione nel concreto.
In effetti, il dialogo con la «folla», senz’alcuna inserzione redazionale, tracima con una decisa virata nella polemica con «i Giudèi».
La figura dei «Giudèi» irrompe sulla scena con una mormorazione, fondata su un realismo materiale che contesta a Gesù la pretesa di “venire dal cielo”, in nome dei dati anagrafici a piena conoscenza degli astanti «costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?» (6,42). Il riferimento ai dati familiarî di Gesù è un’ulteriore indicazione che «i Giudèi» in campo in questo episodio sono in realtà Galilèi, che si propongono come fedeli osservanti del culto giudaico. Ricorre anche qui la rilevazione della difficoltà e dell’incapacità a passare dal segno alla sua comprensione autentica, senza rimanere prigionieri della sola apparenza materiale del segno stesso.
I «Giudèi» passano dalla “mormorazione” (6,41), a un’“aspra discussione tra loro” (6,52). Ciò mostra come il gruppo in realtà non fosse del tutto omogeno, che al suo interno dovevano essere presenti opinioni diverse e atteggiamenti non univoci, da un lato chi in qualche maniera era disponibile a un’apertura di credito nei confronti di Gesù, dall’altro chi rifiutava a Gesù qualsiasi credibilità, in nome dell’evidente assurdità della pretesa di Gesù di proporsi come nutrimento degli uomini («Come può costui darci la sua carne da mangiare?» - 6,52).
Ancora una volta, resta sospeso l’esito del dialogo con i «Giudèi», la scena è conquistata dalla polemica con i discepoli, che obiettano la durezza della proposta formulata da Gesù (6,60). Gesù allora richiama a prendere sul serio il fatto che è lo Spirito a dare la vita (6,63). L’adesione incondizionata alla libera azione dello Spirito è il fattore decisivo per la resurrezione (6,40), che sarà infine testimoniata da Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (6,68).
Il passaggio stilistico dal dialogo con un interlocutore a un altro, senza che ciascun dialogo sia pienamente definito nei suoi esiti, lascia in sospeso molti interrogativi, da un lato, e accresce, dall’altro, l’aspettativa dei lettori interessati a comprendere più a fondo il senso pieno della proposta di Gesù, che, comunque, nonostante il variare degli interlocutori, resta la stessa: Seguire Gesù vorrà dire non avere più fame né sete d’altro. Questo è vero per la «folla», per i «Giudèi» e per i «discepoli».
A conclusione dell’analisi di questo brano emergono alcuni spunti di riflessione, su cui sarà opportuno ritornare. In primo luogo sembra legittimo formulare l’ipotesi di una particolare “sim-patia” di Gesù con la «folla», della quale si evidenzia un’iniziale atteggiamento di ricerca, del cui esito non si dà conto, ma non viene del tutto escluso una possibile evoluzione positiva. In merito ai «Giudèi», in secondo luogo, sembra emergere una composizione variegata e mobile del gruppo, testimoniata dalle discussioni aspre insorte nel loro seno, che, almeno per questo episodio, impedisce di riconoscere in essi un gruppo omogeneo di avversarî di Gesù, anche se ciò è decisamente affermabile per una parte (maggioritaria?). Emerge, infine, la radicalità della scelta proposta ai discepoli. Una scelta che, alla fine, non tutti si sentono di accogliere. Molti non se la sentiranno, ma alcuni (i Dodici) aderiranno con convinzione (ma non tutti).
La proposta di adesione a Gesù è dunque rivolta a tutti (la «folla», i «Giudèi», i «discepoli», i «Dodici», «noi»). Non è una scelta intellettuale, ma vitale, da declinare quotidianamente nell’esistenza storica con la consapevolezza che è lo Spirito a dare la vita. 

Vico Equense, lunedì 6 gennaio 2014

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