Una Chiesa “in uscita”
«La
Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per
giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una
direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da
parte l’ansietà per guardare negli occhî e ascoltare, o rinunciare alle urgenze
per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre
del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà
possa entrare senza difficoltà» (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium [EG.], 46).
In
questi giorni sto leggendo l’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco. Ieri pomeriggio al ritorno dal
lavoro, in treno, ho avuto l’opportunità di leggerne i paragrafi 46-49. E sono
davvero rimasto illuminato dalla parole di papa Francesco.
L’idea
della Chiesa “in uscita”, mi sembra davvero un’idea-guida di grande spessore
evangelico. La dimensione ecclesiologica che viene proposta è quella di una comunità
dalle “porte aperte” che sa soffermarsi a dialogare con gli uomini e con le
donne del nostro tempo, soprattutto con quanti hanno un passo più lento. Il
richiamo è alla figura evangelica del padre saggio che lascia la porta di casa
aperta in attesa fiduciosa del ritorno del figlio.
Papa
Francesco, sul tema delle “porte aperte”, insiste anche nei paragrafi
successivi. Per esempio, nel paragrafo 47, invita a scongiurare il rischio che
qualcuno nella sua sincera ricerca di Dio possa trovarsi dinanzi alla
«freddezza di una porta chiusa» e sottolinea che «ci sono altre porte che
neppure si devono chiudere», poiché «tutti possono far parte della comunità».
Questo vale anche per i sacramenti, sia per il Battesimo (sacramento “porta”
della Chiesa), sia per l’Eucarestia, che «non è un premio per i perfetti ma un
generoso rimedio e un alimento per i deboli». Ci ricorda poi che «di
frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori», dimenticando che «la
Chiesa non è una dogana», ma «la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con
la sua vita faticosa».
Al
paragrafo 48, papa Francesco ci ricorda che la Chiesa «deve
arrivare a tutti, senza eccezioni», in particolare ai poveri, agli infermi, a «coloro
che spesso sono disprezzati e dimenticati», a coloro che non hanno da ricambiare (cf.
Lc. 14,14). I poveri, dunque, «sono i destinatarî privilegiati del Vangelo». È
quindi doveroso «affermare senza giri di parole che
esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri».
Nel successivo
paragrafo 49, papa Francesco, chiarisce ulteriormente la propria visione della
comunità ecclesiale: «preferisco una Chiesa accidentata,
ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa
malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». Ci indica, inoltre,
quale debba essere la nostra principale preoccupazione: «se
qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che
tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione
dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza
un orizzonte di senso e di vita».
Quella
che ci propone papa Francesco è l’avventura del navigare in “mare aperto”. Si
può preferire di accontentarsi delle acque protette e tranquille di una baia
ben riparata, della quale si conosce ogni anfratto e l’ordinario andamento
delle correnti. Oppure si può raccogliere la sfida dell’uscire in “mare aperto”, del confrontarsi con venti e correnti
poco conosciuti, se non addirittura ignoti. Qui, la navigazione è, di certo,
meno facile e più pericolosa. Ma è il “mare aperto” il luogo dove si tempra “il
marinaio” e si forma “lo sperimentatore di nuove rotte”. Certo, c’è il pericolo
del fallimento, ma abbiamo anche la certezza che la
scelta di “nascondere il talento” è, in definitiva, quella che è
realmente priva di prospettive (cf. Mt. 25,14-30).
Consiglio
a tutti la lettura dell’Evangelii gaudium.
È un testo scritto in un linguaggio facile (il che non guasta), che però
dispensa in ogni paragrafo vere “ricchezze” per la fede e per la vita.
Grazie,
papa Francesco!
Vico
Equense, venerdì 24 gennaio 2014.
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