L’Articolo 11 della Costituzione italiana afferma con chiarezza che:
giovedì 7 aprile 2022
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali
mercoledì 23 marzo 2022
Aiutiamo il popolo ucraino, non le industrie che producono armi!
Credo sia importante operare la più ampia, operativa e credibile mobilitazione per aiutare e soccorrere il popolo ucraino, sia garantendo l’accoglienza a quanti fuggono dalla guerra, sia facendo pervenire in loco aiuti umanitari e sanitari. Mi permetto però di dissentire dalle decisioni di fornire aiuti militari di qualsiasi natura. Quest’ultima opzione, a prima vista, può sembrare una scelta realistica, che punta a fornire al debole aggredito i mezzi necessari per difendersi. Se tuttavia approfondiamo anche solo un poco la riflessione non è difficile rendersi conto, che una tale scelta non fa altro che fornire argomenti all’aggressore e distrae dalla ricerca più ampia possibile per assicurare all’Ucraina un’adeguata protezione internazionale sotto l’egida dell’ONU.
Il riconoscimento del carattere di aggressione dato dal
pronunciamento dell’Assemblea dell’ONU all’invasione russa dell’Ucraina (col
voto favorevole di circa 140 paesi) è un elemento politico di grande rilevanza,
che meriterebbe un sostegno fortissimo da parte dell’opinione pubblica mondiale
e dell’iniziativa politica internazionale, per costruire un’iniziativa mondiale
per predisporre le condizioni per il posizionamento di una forza ONU d’interposizione
tra le parti in conflitto. Di questo, però, nessuno parla. Ci si avvita in una
spirale pericolosissima quanto inefficace di ritorsioni e contro-ritorsioni,
dislocazioni di truppe Nato nei paesi limitrofi con connesso svolgimento di
costose esercitazioni che hanno il solo risultato di fornire argomento alla
propaganda russa.
Credo invece che la Nato dovrebbe fornire credibili e chiare
indicazioni di non avere obiettivi di espansione e di assunzione di iniziative
di natura militare miranti a danneggiare la Russia. In questo potrebbe essere
utile riprendere l’opinione espressa da Henry Kissinger, che non può certamente
essere considerato un sostenitore della Russia, che nel 2014, in merito agli Accordi
di Minsk, auspicava che l’Ucraina si collocasse come un ponte fra Oriente e
Occidente senza entrare nella Nato, puntando a ricoprire una posizione simile a
quella finlandese, cooperando con l’Occidente, ma evitando l’ostilità
istituzionale con la Russia.
Ogni giorno di guerra e ogni rigonfiamento occidentale di
muscoli non fa altro che allontanare la saggia prospettiva delineata da
Kissinger. È urgente pertanto, a mio avviso, porre subito sul piatto una credibile
manifestazione politica che le forze Nato non nutrono alcuna ulteriore mira
espansiva ad est in funzione anti-russa. Questo potrebbe essere lo scenario per
rendere possibile l’apertura di negoziati veri tra Russia e Ucraina, con l’intermediazione
delle Nazioni Unite, la cui azione dovrebbe ricevere il più ampio sostegno
internazionale.
La cosa più importante oggi è far tacere subito le armi, ogni
giorno di guerra in più, provoca distruzione, lutti e sofferenza. Fermare le
armi non è vigliaccheria, ma è la scelta della consapevolezza indicata alcuni
anni fa da Hans Küng «sulla via non siamo da soli, ma con milioni e milioni di
altri uomini (…), con i quali siamo sempre più in un processo di comunicazione nel
quale non si dovrebbe combattere per il mio e il tuo, per la mia verità - per
la tua verità, ma si dovrebbe piuttosto essere infinitamente disponibili ad
imparare dalla verità degli altri e a comunicare senza gelosie la propria verità»
(Hans Küng, Progetto per un'etica
mondiale).
sabato 19 marzo 2022
Oggi possono gioire solo i fabbricanti e i mercanti d’armi!
Il quotidiano proseguire dell’orrore in terra ucraina pone in chiarissima evidenza come in queste settimane si sia dischiusa una rosea prospettiva di buoni affari per l’industria degli armamenti. Quasi tutti i governi stanno decidendo un ampliamento degli investimenti e delle spese militari. Si moltiplicano le esercitazioni e le dislocazioni di armamenti. Sono solo di ieri le immagini televisive di truppe italiane impegnate in esercitazioni in zona artica (anche se dichiarate come programmate prima dello scoppio della guerra, ma dubito che avrebbero avuto l’onore degli schermi in assenza del conflitto). Vari paesi dell’Europa occidentale si sono impegnati a rifornire di armi l’Ucraina.
Sono abbastanza certo che coloro
i cui guadagni derivano dall’industria degli armamenti in questi giorni si
stiano sfregando le mani per le opportunità che si stanno schiudendo dinanzi ai loro
occhi. La cosa mi ricorda l’episodio della gioia di alcuni imprenditori
nostrani all’indomani di uno dei gravi terremoti che hanno investito il nostro paese.
L’auspicio che tutti noi naturalmente
formuliamo è che tutto questo predisporre armi resti del tutto inutilizzato. Il
loro uso equivarrebbe a una tragedia planetaria. Quello che dobbiamo augurarci
è che tutti questi nuovi armamenti siano destinati a star fermi, ad andare in obsolescenza
senza essere mai usati. È una prospettiva un po’ folle, come comprare una nuova
lavatrice e non usarla per fare il bucato, ma è quanto di meglio possiamo
sperare in questi giorni.
Personalmente ritengo che sia
importantissimo manifestare la più ampia solidarietà nei riguardi del popolo
ucraino e delle sue sofferenze. È giusto, giustissimo, predisporre aiuti
umanitari, ma considero un grave errore prevedere sostegni di tipo militare. Le
armi, la storia degli ultimi decenni lo dimostra ampiamente, non fermano, ma
alimentano le guerre.
Anziché dare la parola alle armi,
facciamo parlare la ragione! Diamo valore alle posizioni dell’ONU. È di grande
importanza la votazione assembleare nella quale la stragrande maggioranza dei
paesi aderenti ha condannato l’invasione dell’Ucraina. Credo che anziché
gonfiare i muscoli con esercitazioni e dislocazioni di truppe, sia preferibile
conferire il massimo rilievo a questo pronunciamento dell’Assemblea dell’ONU,
sostenere in tutti i modi le iniziative dell’ONU, stimolarne l’assunzione di
altre, anche di maggior spessore, perché la via del negoziato assuma connotati
concreti e rispettosi dei diritti umani. Soffiare sul fuoco, a mio avviso, non
serve, anzi rischia di essere controproducente. Fornire armi anziché aprire le
vie della pace, può addirittura precluderle.
venerdì 18 marzo 2022
Negli anni ’60, in occasione della crisi di Cuba, i potenti di allora seppero fermarsi prima dell’irreparabile!
Nel 1962 probabilmente fu vissuto
il momento più drammatico del periodo della guerra fredda. Le relazioni tra USA
e URSS raggiunsero un grado di altissima tensione, in ragione della funzione
politica svolta dall’isola di Cuba nell’area caraibica e degli equilibri militari
determinatosi in Europa, con, da un lato, il fallimento del tentativo
statunitense d’invasione di Cuba alla Baia dei Porci (1961) e il dispiegamento
in Europa (anche in Italia) di missili balistici in funzione antisovietica, e,
dall’altro, la decisione russa di insediare nell’isola allora governata da
Fidel Castro analoghi missili balistici in funzione antiamericana.
L’Unione sovietica mise in mare
un convoglio navale con i missili destinati a Cuba, gli Stati Uniti
predisposero al largo dell’isola un blocco navale. Il mondo allora visse giorni
di altissima tensione, temendo che le due potenze potessero arrivare allo
scontro diretto. Echeggiò in quei giorni un grande appello alla pace di papa
Giovanni XXIII. Dopo giorni di grande paura giunse la notizia che le navi russe
non avrebbero tentato di forzare il blocco navale. Si aprì così lo spazio al
negoziato e fu possibile superare quel duro momento.
I potenti di allora, anch'essi uomini di
potere, seppero però avere la saggezza e la sapienza necessarie per non
compiere scelte irreparabili. Quelle allora compiute non furono scelte di
debolezza o di vigliaccheria, ma espressero la forza e l’autorevolezza della
politica con la “P” maiuscola che sa farsi carico delle esigenze dell’umanità e
del mondo. Ancora oggi siamo grati a quegli uomini, che allora ebbero il
coraggio di fermarsi in tempo.
Di fronte alla tragedia che si sta consumando in Ucraina, dobbiamo chiedere con forza che si facciano tacere le armi, si smetta di gonfiare i muscoli, e si dispieghi pienamente la capacità negoziale della politica di grande respiro. Dopo il secondo conflitto mondiale l’opzione militare si è ripetutamente dimostrata non solo disastrosa, ma anche inconcludente. Quasi tutti i conflitti che si sono registrati da allora, hanno provocato lutti e dolori, ma quasi mai hanno raggiunto gli obiettivi per i quali sono stati posti in essere. Impariamo da Chruščёv e da Kennedy!
venerdì 4 febbraio 2022
Dalle manovre di guerra alle manovre di pace!
In queste settimane stiamo assistendo in Europa orientale a una preoccupantissima escalation di contrapposte operazioni di affilamento delle armi. Russia e Stati Uniti stanno mostrandosi reciprocamente i muscoli, mobilitando le rispettive forze militari. L’esperienza storica ci mostra come molto spesso dalle minacce si sia scivolati in tragiche vicende belliche pagate duramente dai popoli.
Sono poi
decisamente sorpreso dalla scarsa attenzione data al problema. Nella
comunicazione mediatica, per esempio, le notizie sulla crisi ucraina appaiono
decisamente in secondo piano. Nei telegiornali di questi giorni sono
addirittura posposte alle informative relative al Festival di Sanremo. Ma, al
di là del comportamento dei mass-media, mi sembra di percepire anche in noi
cittadini una sostanziale sottovalutazione del problema, una diffusa
convinzione che alla fin fine non avverrà nulla di tragico. Anch’io
naturalmente mi auguro che non si giunga all’irreparabile, ma credo che sia opportuno
evitare di non riconoscere la pericolosità dello sbandieramento delle armi. In
questi giorni sono importantissime parole e azioni di pace. Alla logica della
prepotenza va sostituita la logica della solidarietà e della collaborazione.
Noi
cittadini dobbiamo far sentire la nostra voce, per far prendere fiato a venti
di pace, che siano capaci di spazzare i venti di guerra che soffiano in questi
giorni. Mi auguro che sia possibile quanto prima scendere in pazza per
affermare la voglia di pace dell’umanità intera. Sarei felice di vedere le
strade delle città del mondo intero divenire teatro di un arcobaleno di
manifestazioni per la pace.
La volontà
pacifica dei popoli faccia tacere le minacce dei potenti.