Da elettore del Partito Democratico ho salutato
con piacere, dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, l’esaurimento
della prospettiva politica denominata nel linguaggio politico comune come “il
Patto del Nazzareno”. Avevo infatti ritenuto tale scelta, operata dal partito
per il quale ho votato e continuerò a votare, come il frutto di una grave miopia
politica che non ha tenuto nel dèbito conto la necessità di costruire nel paese
un’alternativa chiara al regime personalistico, autoritario e fallimentare
imposto da un ventennio di predominio politico del centro-destra, guidato da
forze politiche prive di un’adeguata cultura democratica, di cui ha fatto le
spese anche la nobile tradizione liberale, che pure è stata a lungo viva e
operante nel nostro paese.
Non nascondo che sono convinto che le proposte
di modifica di parti significative del testo costituzionale, meritino di essere
consistentemente modificate, perché in varî casi non costituiscono un
miglioramento né un ammodernamento del testo fondamentale del nostro
ordinamento, ma un suo sostanziale peggioramento. In un frangente del genere sarebbe
necessario il ricorso a doti autentiche di sapienza politica e all’attaccamento
agli interessi generali del paese, che dovrebbero contraddistinguere una vera
classe politica, al di là degli schieramenti, per inaugurare un momento di
autentico confronto di idee e di posizioni politiche, fondato sulla necessità
di garantire la massima possibilità di espressione a tutte le posizioni e
culture politiche, nella consapevolezza che tutte possono contribuire
positivamente al bene del paese, ma che nessuna può pretendere di possedere l’esclusiva
della verità. Quindi rappresentanza per tutti, ma rispetto rigoroso delle
regole democratiche che si esprimono nella dialettica maggioranza/opposizione.
Ma le sorprese non mancano mai! Sùbito sono
sbocciati dal nulla nuovi contraenti del defunto “Patto del Nazzareno”. Una
serie di forze politiche sono immediatamente scese in campo in soccorso
politico del partito del cavaliere. Movimenti politici a conduzione monarchica
(sia pur declinata in salsa di rete), forze d’ispirazione nazionalista e
istanze di natura secessionista si sono rapidamente coagulate intorno al
partito leader del centro-destra, mobilitandosi nella presentazione strumentale
(e non di contenuto) di migliaia e migliaia di emendamenti (tonnellate di carta
che impediscono l’emersione di idee e posizioni politiche autentiche), nel
rendersi protagonisti in aula di comportamenti plateali e violenti (che sono il
contrario di una cultura democratica), nell’abdicare al dovere di “rappresentare
in aula” il mandato ricevuto dai proprî elettori. La fuga dall’aula
parlamentare (che, a ben guardare, non presenta alcun’analogia con la vicenda
dell’Aventino degli anni venti) è un grave comportamento che punisce i primo luogo
gli elettori delle stesse forze politiche, che così sono rimasti privi di
rappresentanza in Parlamento. Una fuga che manifesta apertamente l’incapacità del
personale politico di centro-destra di esprimere in aula idee e posizioni
politiche, che vadano oltre protagonismi strumentali e teatrali di pessima qualità.
Le idee politiche e le posizioni autorevoli, quelle vere, hanno facilmente la
meglio sui contingentamenti del dibattito e sulle limitazioni agli interventi
in aula e alla presentazione e discussione di emendamenti. Basta possedere la
statura politica necessaria ad esprimerle. Se manca questa capacità politica
(che non s’improvvisa), le scappatoie vittimistiche non reggono. Queste, oltre
a essere un tradimento del mandato ricevuto dagli elettori, sono anche una
scelta perdente non solo per le forze politiche che le esprimono, ma,
purtroppo, anche per il paese.
Ciò non toglie che anche nella maggioranza
bisogna profondamente modificare il comportamento politico quotidiano,
riaprendo il colloquio con il mondo del lavoro, della produzione e della
cultura, cioè con quella parte del paese che possiede le capacità e le energie
per portare il paese tutto (non solo i più ricchi e più potenti) fuori dal
baratro economico, politico, sociale e culturale in cui è stato precipitato da
vent’anni di potere personalistico del centro-destra.
Vico Equense, sabato 14 febbraio 2015
Sergio Sbragia

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