sabato 14 febbraio 2015

Ed ecco il nuovo “Patto del Nazzareno”!



Da elettore del Partito Democratico ho salutato con piacere, dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, l’esaurimento della prospettiva politica denominata nel linguaggio politico comune come “il Patto del Nazzareno”. Avevo infatti ritenuto tale scelta, operata dal partito per il quale ho votato e continuerò a votare, come il frutto di una grave miopia politica che non ha tenuto nel dèbito conto la necessità di costruire nel paese un’alternativa chiara al regime personalistico, autoritario e fallimentare imposto da un ventennio di predominio politico del centro-destra, guidato da forze politiche prive di un’adeguata cultura democratica, di cui ha fatto le spese anche la nobile tradizione liberale, che pure è stata a lungo viva e operante nel nostro paese.
Non nascondo che sono convinto che le proposte di modifica di parti significative del testo costituzionale, meritino di essere consistentemente modificate, perché in varî casi non costituiscono un miglioramento né un ammodernamento del testo fondamentale del nostro ordinamento, ma un suo sostanziale peggioramento. In un frangente del genere sarebbe necessario il ricorso a doti autentiche di sapienza politica e all’attaccamento agli interessi generali del paese, che dovrebbero contraddistinguere una vera classe politica, al di là degli schieramenti, per inaugurare un momento di autentico confronto di idee e di posizioni politiche, fondato sulla necessità di garantire la massima possibilità di espressione a tutte le posizioni e culture politiche, nella consapevolezza che tutte possono contribuire positivamente al bene del paese, ma che nessuna può pretendere di possedere l’esclusiva della verità. Quindi rappresentanza per tutti, ma rispetto rigoroso delle regole democratiche che si esprimono nella dialettica maggioranza/opposizione.
Ma le sorprese non mancano mai! Sùbito sono sbocciati dal nulla nuovi contraenti del defunto “Patto del Nazzareno”. Una serie di forze politiche sono immediatamente scese in campo in soccorso politico del partito del cavaliere. Movimenti politici a conduzione monarchica (sia pur declinata in salsa di rete), forze d’ispirazione nazionalista e istanze di natura secessionista si sono rapidamente coagulate intorno al partito leader del centro-destra, mobilitandosi nella presentazione strumentale (e non di contenuto) di migliaia e migliaia di emendamenti (tonnellate di carta che impediscono l’emersione di idee e posizioni politiche autentiche), nel rendersi protagonisti in aula di comportamenti plateali e violenti (che sono il contrario di una cultura democratica), nell’abdicare al dovere di “rappresentare in aula” il mandato ricevuto dai proprî elettori. La fuga dall’aula parlamentare (che, a ben guardare, non presenta alcun’analogia con la vicenda dell’Aventino degli anni venti) è un grave comportamento che punisce i primo luogo gli elettori delle stesse forze politiche, che così sono rimasti privi di rappresentanza in Parlamento. Una fuga che manifesta apertamente l’incapacità del personale politico di centro-destra di esprimere in aula idee e posizioni politiche, che vadano oltre protagonismi strumentali e teatrali di pessima qualità. Le idee politiche e le posizioni autorevoli, quelle vere, hanno facilmente la meglio sui contingentamenti del dibattito e sulle limitazioni agli interventi in aula e alla presentazione e discussione di emendamenti. Basta possedere la statura politica necessaria ad esprimerle. Se manca questa capacità politica (che non s’improvvisa), le scappatoie vittimistiche non reggono. Queste, oltre a essere un tradimento del mandato ricevuto dagli elettori, sono anche una scelta perdente non solo per le forze politiche che le esprimono, ma, purtroppo, anche per il paese.
Ciò non toglie che anche nella maggioranza bisogna profondamente modificare il comportamento politico quotidiano, riaprendo il colloquio con il mondo del lavoro, della produzione e della cultura, cioè con quella parte del paese che possiede le capacità e le energie per portare il paese tutto (non solo i più ricchi e più potenti) fuori dal baratro economico, politico, sociale e culturale in cui è stato precipitato da vent’anni di potere personalistico del centro-destra.

Vico Equense, sabato 14 febbraio 2015
Sergio Sbragia

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