mercoledì 9 settembre 2015

A proposito di spesa pubblica!



In questi ultimi anni, allo scopo di mettere ordine nella contabilità pubblica e di rimediare al pesante indebitamento dello stato, ripetuti provvedimenti di natura finanziaria sono venuti imponendo ai cittadini italiani una serie crescente e gravosa di oneri e di costi per accedere ai servizî pubblici. Ormai non c’è cittadino che non sia costretto a pagare tickets progressivamente più onerosi per medicinali, esami clinici e visite mediche. Le famiglie che intendono far studiare i figlî devono pagare tasse universitarie sempre più esose. I giovani in cerca di lavoro solo per partecipare a un concorso pubblico o a una selezione di lavoro sono spesso tenuti a pagare una tassa o un contributo per coprire i costi della procedura concorsuale o selettiva (con la conseguenza che più concorsi si fanno, più si cerca lavoro e più si paga). Se si vuole visitare un museo o un insediamento archeologico si deve pagare un biglietto d’ingresso, spesso anche oneroso, con buona pace per il diritto di libero accesso alle fonti della conoscenza e della cultura. Non nego che l’esigenza di corretta gestione della contabilità pubblica e la necessaria attenzione alla sostenibilità economica del sistema Italia, possano richiedere a tutti i cittadini di concorre in forma proporzionale alle proprie possibilità a sostenere i costi per conseguire l’obiettivo dell’alleggerimento del peso del debito pubblico.
Tuttavia non posso fare a meno di porre in luce che il concorso a questo doveroso sforzo di tenere sotto controllo la spesa pubblica vada ripartito equamente tra i cittadini in ragione della potenzialità partecipativa di ciascuno e non addossata in forma pressoché esclusiva sugli ammalati, sugli anziani, sui giovani, sui senza lavoro, sui lavoratori dipendenti e su quelli autonomi che contano in forma esclusiva sul solo lavoro personale.
Da alcune settimane è iniziato il campionato di calcio e in tutte le città (dalle più grandi alle più piccole) possiamo verificare il grande dispiego di forze dell’ordine finalizzato a garantire il regolare svolgimento delle gare e prevenire possibili disordini, che in occasione di tali eventi spesso si verificano con conseguenze non di rado drammatiche. E questo si verifica sia in concomitanza degli incontri del campionato di Serie A, che di quelli delle serie minori, anche di quelli di rilevanza molto modesta. In pratica si può con una certa dose di attendibilità che non ci sia stadio, anche nel più modesto centro urbano, che in occasione di un incontro di calcio non mobiliti una proporzionale attività di prevenzione da parte delle forze dell’ordine. E questa necessità si sta estendendo, negli ultimi anni e in forma proporzionata, anche a eventi di altre discipline sportive di natura professionistica o semiprofessionistica.
A questo proposito mi faccio alcune domande:
- quanto costa alle casse dello stato (di conseguenza ai cittadini italiani) questo grande impegno di uomini, mezzi, competenze, energie e competenze per garantire l’ordine pubblico in occasione degli eventi sportivi?
- quanto costa sul piano sociale la scelta di destinare un tale complesso di risorse umane e finanziarie allo scopo in discussione, sottraendoli a finalizzazioni di maggiore utilità e rilevanza civile?
- le istituzioni e le società sportive professionistiche, che beneficiano di questo insostituibile servizio pubblico, in forza delle norme attualmente vigenti, in che modo e in quale misura concorrono a sostenerne il costo? Sono forse chiamate a pagare un ticket proporzionato al costo dell’azione preventiva, così come un ammalato è chiamato a pagare un ticket per accedere ai servizî sanitarî?
Mi auguro (anche se nutro un certo dubbio in proposito, soprattutto sul piano della concreta rilevanza economica) che le norme vigenti prevedano un qualche onere a carico delle società sportive professionistiche per il costo delle attività preventive di ordine pubblico dentro e fuori gli stadî.
Questa mia riflessione non intende naturalmente spianare la strada a una privatizzazione della gestione dell’ordine pubblico in occasione degli eventi sportivi. L’ordine pubblico è un servizio di tale rilevanza che solo l’istituzione pubblica può gestire in forma egualitaria e trasparente. La sua privatizzazione aprirebbe la strada a un giro affaristico di dubbie caratteristiche e diverrebbe il libero campo d’azione di buttafuori di cultura mafiosa, con diffusione di pratiche discriminatorie e arbitrarie nelle relazioni con gli utenti degli eventi sportivi.
È invece essenziale introdurre il principio giuridico della doverosa partecipazione al costo delle attività di ordine pubblico da parte delle istituzioni della società civile, che di tale servizio beneficiano, o che tale servizio rendono necessario, in ragione delle proprie attività. E ritengo che sia necessario introdurre una normativa di tal genere per ragioni elementari di equità. Come uno studente è chiamato a concorrere ai costi della propria Università pagando delle tasse proporzionate, così un’istituzione sportiva professionistica, in ragione della propria rilevanza economica, dovrebbe essere chiamata a partecipare al sostenimento dei costi dell’ordine pubblico.
A questo proposito mi sembra giusto ricordare una sapiente disposizione costituzionale:

«La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 2).

Devo tuttavia riconoscere che raramente mi càpita di rintracciare sulla stampa e nella comunicazione mediatica riflessioni critiche su questo tema. E invece frequente incontrare pressioni lobbistiche miranti a favorire il lasciar fare alle società sportive, per costruire proprî nuovi circuiti affaristici, a nocumento del bene comune. E va detto che anche tra i cittadini comuni trovo una certa difficoltà a far prendere coscienza della necessità d’introdurre una normativa egualitaria sulla materia, mentre trovo una certa propensione a stracciarsi le vesti per i costi derivanti alle casse pubbliche per le attività di accoglienza per i profughi che sbarcano naufraghi sulle nostre coste. Invece, il costo di certo molto più consistente per garantire l’ordine pubblico in occasione degli eventi dello sport professionistico, per molti non fa problema.
Certo è più facile fare assistenzialismo ai ricchi e ai potenti, e in questo le istituzioni pubbliche si accodano pedissequamente alla mentalità plebea dominante, implorando con poca dignità il favore “magnanimo” di Ecclestone.

Vico Equense, giovedì 10 settembre 2015
Sergio Sbragia

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