Sull’ultimo numero di «Rocca», che è davvero un’autentica miniera
di stimoli e provocazioni di alto
profilo, sono stato davvero conquistato dal contributo di Raniero La Valle:
Gesù e la donna dai cinque mariti / Raniero La Valle. – «Rocca : Quindicinale della Pro
Civitate Christiana», 73. (2014) 08, p. 43-46.
La Valle prende di petto la sofferenza prodotta nella comunità
ecclesiale dall’interdizione dalla mensa eucaristica attualmente vigente nei
confronti dei fedeli divorziati e risposati, in vista della prossima Assemblea
straordinaria del Sinodo mondiale dei vescovi, convocata da papa Francesco sui
temi della famiglia e per la cui preparazione è stata avviata una consultazione
d’ampiezza davvero inedita.
L’autore si confronta con l’ipotesi formulata dal cardinal Walter
Kasper nel corso del Concistoro dello scorso febbraio, che ha prefigurato un
possibile itinerario per la riammissione alla mensa eucaristica delle persone
divorziate e risposate, dopo aver seguìto un percorso penitenziale.
La Valle riconosce alla proposta del card. Kasper il merito di
riportare la riflessione ecclesiale sulla dottrina dell’indissolubilità del
matrimonio alla fonte da cui essa è scaturita, cioè il Vangelo, che, Tommaso d’Aquino,
non è una legge scritta ma è dono della grazia dello Spirito santo. L’autore
non si nasconde le difficoltà che la proposta Kasper si trova dinanzi e dà conto delle reazioni che sono già venute
alla luce da parte di quelle componenti della comunità ecclesiale contrarie a
ogni evoluzione della vigente disciplina canonica sul matrimonio, perché
convinte che non sia nel potere della Chiesa modificare tale impalcatura normativa,
che è ritenuta come pienamente radicata nello stesso insegnamento di Gesù.
Secondo La Valle, invece, la Chiesa non «dovrebbe avere paura di
rimettersi in condizione di povertà e di rinnovata disponibilità all’ascolto
della Parola, di fronte alla propria stessa dottrina dell’indissolubilità del
matrimonio quale si è andata strutturando e irrigidendosi nei secoli». A tal
proposito appare pertanto necessario ricordare che la dottrina e la fede non
sono due realtà del tutto coincidenti. La dottrina, lungi dall’esaurire l’intera
dimensione della fede, è piuttosto il modo in cui la fede viene presentata nel
tempo e del tempo risente necessariamente i condizionamenti. Si rivela pertanto
urgente comprendere nella sua profondità la dottrina ed enunciarne la verità
nei modi richiesti dalla nostra epoca. E per far questo «occorre interrogare il
Vangelo, come se fosse scritto per gli uomini d’oggi».
A tal proposito La Valle pone senza mezzi termini in evidenza i
limiti della lettura della realtà del matrimonio operata dall’Esortazione
apostolica Familiaris consortio di
papa Giovanni Paolo 2°, che appare prevalentemente polarizzata sulla
presentazione del matrimonio cristiano indissolubile quale simbolo dell’unione
indissolubile di Cristo con la Chiesa. L’indicazione di tale funzione simbolica
nell’Esortazione apostolica di papa Wojtyla assume, ad avviso di La Valle, un rilievo
del tutto esclusivo relegando ai margini ogni considerazione sul «matrimonio
come realtà terrena, umana, storica, sociale». La riflessione cristiana, lungo
i secoli, per indicare la relazione misteriosa e inscindibile sussistente tra
Gesù Cristo e la Chiesa ha fatto ricorso, oltre alla realtà dell’unione
coniugale uomo-donna, anche all’uso simbolico
di molteplici altre realtà umane, che possono dare un’idea calzante (sia
pur sempre imperfetta) della realtà unica e per molti aspetti del tutto
ineffabile della comunione della Chiesa in Cristo (la relazione tra il capo e
le membra dello stesso corpo, la vigna, il popolo, il gregge, l’ovile, ecc.). «Ma
nel caso dell’immagine coniugale la metafora si scambia con la realtà e subisce
una curiosa inversione, una sorta di ritorno di fiamma esplosivo; se l’unità in
una sola carne della coppia sposata è presa all’inizio come umanissimo simbolo
delle nozze tra Cristo e la Chiesa, il modello si rovescia e l’unità
soprannaturale tra Cristo e la Chiesa diventa il modello obbligante dell’unità
naturale del matrimonio tra battezzati, investiti così di un compito pubblico
di “rappresentazione reale del rapporto tra Cristo e la Chiesa”, il cui peso
sulla loro vita privata può diventare schiacciante».
L’indissolubilità del matrimonio, pur presentata come dono di Dio
ai coniugi cristiano, assume talora la dimensione della vocazione vitale e talaltra
quella del comandamento. Quest’ultimo aspetto finisce tuttavia per predominare
sull’altro quando s’indica la testimonianza dell’indissolubilità come uno dei
doveri più preziosi e urgenti delle coppie cristiane di oggi.
«Ma in questo modo – osserva ancora Raniero La Valle – il dono di
Dio diventa vincolo, […] che se da Dio giunge all’uomo come dono, dall’uomo
torna a Dio come olocausto». E questa presentazione della scelta gioiosa di
uomini e donne di unire, nel concreto della vita, il proprio destino appare a
La Valle riduttiva e in qualche modo è percepita come stridente con la più
autentica volontà di Dio, che dice «misericordia voglio, non sacrificî».
Riprendendo l’invito di papa Francesco (Evangelii gaudium, 47), Raniero La Valle sostiene poi la
convinzione che le porte dei sacramenti non debbano venir chiuse per ragioni
non adeguatamente fondate. Quanto poi all’eucarestia sottolinea l’esigenza di
dar luce al suo essere rimedio e alimento per i deboli, più che premio per i
perfetti. È opportuno, aggiungo io, che il vitello grasso fu messo a tavola per
il ritorno del figlio prodigo e non per la perseveranza del figlio rimasto a casa.
A questo punto La Valle apre un sentiero di riflessione esegetica davvero
stimolante, attraverso la proposizione di una rilettura attualizzante della
risposta evangelica di Gesù sul tema del “ripudio”, ben sapendo che «non è il
Vangelo che cambia, ma siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio». È su
questo testo che tradizionalmente si fa risalire la fondazione dell’indiscutibilità
della dottrina dell’indissolubilità, come elemento voluto dallo stesso Gesù. «L'uomo
non divida quello che Dio ha congiunto» (Mt. 19,3) è questa l’affermazione di
Gesù, che sottolinea anche che se Mosè aveva permesso una deroga in proposito,
ciò era dovuto alla «durezza dei cuori» degli uomini. La Valle esordisce
ponendo in evidenza che la «durezza di cuore» denunciata da Gesù era riferita
all’istituto del ripudio della donna parte dell’uomo e non al divorzio (che,
nell’Israele del 1° secolo non esisteva) e poi sottolinea come anche in questo
caso Gesù evita accuratamente la tentazione della casistica nella quale in più occasioni
tentano di farlo cadere e riporta il discorso sul piano essenziale, quello dell’originario
ordine della creazione. Riprendendo un’omelia di papa Francesco (Santa Marta,
28 febbraio 2014), La Valle fa presente come Gesù abbia nell’occasione
riportato il rapporto tra l’uomo e la donna al capolavoro della creazione, al
dato essenziale della creazione come maschî e femmine, al fatto che Dio non
abbia voluto l’uomo da solo, ma con la sua compagna di cammino. E qui l’argomentazione
di La Valle si fa stringente «se in tal modo si torna “all’inizio della
rivelazione”, si vede che in quel quadro descritto dalla Genesi ed evocato da
Gesù non c’è una comunità umana di uomini e di donne in cui possa darsi fedeltà
o infedeltà, adulterio, divorzio o ripudio. Lì ci sono solo un uomo e una donna
prototipo degli universi maschile e femminile che avrebbero abitato la terra, e
il problema antropologico che da lì avrebbe attraversato tutti i luoghi e tutti
i tempi non era che l’uomo non scegliesse
un’altra donna che non c’era, ma che l’uomo non ripudiasse la donna come aiuto
simile a lui, e che mai si rompesse l’alleanza tra l’uomo e la donna in tutto
il corso della storia a venire, perché se questo fosse avvenuto l’ordine della
creazione ne sarebbe stato sconvolto, e la catastrofe umanitaria sarebbe
sopravvenuta fin dal principio. Ciò che tiene in piedi il mondo è infatti l’unità
inscindibile, della donna e dell’uomo». Di conseguenza l’invito di Gesù a non
separare ciò che Dio ha unito, anziché essere costretto in una lettura
riduttiva di natura giuridica sull’indissolubilità di ogni legame matrimoniale,
è molto più verosimilmente un grande invito a prendere sul serio la realtà di una dignità femminile ancora
ampiamente oltraggiata nella società odierna. «Le parole di Gesù possono perciò
essere lette non tanto come un vincolo imposto al singolo matrimonio monogamico,
ma come il divino appello a non rompere l’alleanza ontologica tra uomini e
donne, dalla forza dell’Eros e da quella dell’Agape, e come tale veramente
figura del rapporto indissolubile tra Dio e l’umanità intera».
Raniero La Valle conclude, infine, il suo intervento richiamando l’episodio
dell’incontro di Gesù con la donna di Samarìa, richiamato al capitolo 4° del Vangelo di Giovanni, dove Gesù, non
solo, non si fa condizionare dal pregiudizio che imponeva di non parlare con
una donna, ma non esita a presentarsi come messia a una donna che aveva avuto
cinque mariti e che, al momento, stava con un uomo che non era suo marito. E a
una tale donna, che oggi non avrebbe diritto alla comunione, Gesù fa la
rivelazione decisiva sull’autenticità del rapporto con Dio «Ma viene l'ora - ed
è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità:
così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano» (Gv. 4,23).
Sergio Sbragia
Vico Equense, sabato 26 aprile 2014
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