sabato 26 aprile 2014

Suggerimento di lettura : Gesù e la donna dai cinque mariti







Sull’ultimo numero di «Rocca», che è davvero un’autentica miniera di stimoli e provocazioni  di alto profilo, sono stato davvero conquistato dal contributo di Raniero La Valle:



Gesù e la donna dai cinque mariti / Raniero La Valle. – «Rocca : Quindicinale della Pro Civitate Christiana», 73. (2014) 08, p. 43-46.



La Valle prende di petto la sofferenza prodotta nella comunità ecclesiale dall’interdizione dalla mensa eucaristica attualmente vigente nei confronti dei fedeli divorziati e risposati, in vista della prossima Assemblea straordinaria del Sinodo mondiale dei vescovi, convocata da papa Francesco sui temi della famiglia e per la cui preparazione è stata avviata una consultazione d’ampiezza davvero inedita.

L’autore si confronta con l’ipotesi formulata dal cardinal Walter Kasper nel corso del Concistoro dello scorso febbraio, che ha prefigurato un possibile itinerario per la riammissione alla mensa eucaristica delle persone divorziate e risposate, dopo aver seguìto un percorso penitenziale.

La Valle riconosce alla proposta del card. Kasper il merito di riportare la riflessione ecclesiale sulla dottrina dell’indissolubilità del matrimonio alla fonte da cui essa è scaturita, cioè il Vangelo, che, Tommaso d’Aquino, non è una legge scritta ma è dono della grazia dello Spirito santo. L’autore non si nasconde le difficoltà che la proposta Kasper si trova dinanzi  e dà conto delle reazioni che sono già venute alla luce da parte di quelle componenti della comunità ecclesiale contrarie a ogni evoluzione della vigente disciplina canonica sul matrimonio, perché convinte che non sia nel potere della Chiesa modificare tale impalcatura normativa, che è ritenuta come pienamente radicata nello stesso insegnamento di Gesù.

Secondo La Valle, invece, la Chiesa non «dovrebbe avere paura di rimettersi in condizione di povertà e di rinnovata disponibilità all’ascolto della Parola, di fronte alla propria stessa dottrina dell’indissolubilità del matrimonio quale si è andata strutturando e irrigidendosi nei secoli». A tal proposito appare pertanto necessario ricordare che la dottrina e la fede non sono due realtà del tutto coincidenti. La dottrina, lungi dall’esaurire l’intera dimensione della fede, è piuttosto il modo in cui la fede viene presentata nel tempo e del tempo risente necessariamente i condizionamenti. Si rivela pertanto urgente comprendere nella sua profondità la dottrina ed enunciarne la verità nei modi richiesti dalla nostra epoca. E per far questo «occorre interrogare il Vangelo, come se fosse scritto per gli uomini d’oggi».

A tal proposito La Valle pone senza mezzi termini in evidenza i limiti della lettura della realtà del matrimonio operata dall’Esortazione apostolica Familiaris consortio di papa Giovanni Paolo 2°, che appare prevalentemente polarizzata sulla presentazione del matrimonio cristiano indissolubile quale simbolo dell’unione indissolubile di Cristo con la Chiesa. L’indicazione di tale funzione simbolica nell’Esortazione apostolica di papa Wojtyla assume, ad avviso di La Valle, un rilievo del tutto esclusivo relegando ai margini ogni considerazione sul «matrimonio come realtà terrena, umana, storica, sociale». La riflessione cristiana, lungo i secoli, per indicare la relazione misteriosa e inscindibile sussistente tra Gesù Cristo e la Chiesa ha fatto ricorso, oltre alla realtà dell’unione coniugale uomo-donna, anche all’uso simbolico  di molteplici altre realtà umane, che possono dare un’idea calzante (sia pur sempre imperfetta) della realtà unica e per molti aspetti del tutto ineffabile della comunione della Chiesa in Cristo (la relazione tra il capo e le membra dello stesso corpo, la vigna, il popolo, il gregge, l’ovile, ecc.). «Ma nel caso dell’immagine coniugale la metafora si scambia con la realtà e subisce una curiosa inversione, una sorta di ritorno di fiamma esplosivo; se l’unità in una sola carne della coppia sposata è presa all’inizio come umanissimo simbolo delle nozze tra Cristo e la Chiesa, il modello si rovescia e l’unità soprannaturale tra Cristo e la Chiesa diventa il modello obbligante dell’unità naturale del matrimonio tra battezzati, investiti così di un compito pubblico di “rappresentazione reale del rapporto tra Cristo e la Chiesa”, il cui peso sulla loro vita privata può diventare schiacciante».

L’indissolubilità del matrimonio, pur presentata come dono di Dio ai coniugi cristiano, assume talora la dimensione della vocazione vitale e talaltra quella del comandamento. Quest’ultimo aspetto finisce tuttavia per predominare sull’altro quando s’indica la testimonianza dell’indissolubilità come uno dei doveri più preziosi e urgenti delle coppie cristiane di oggi.

«Ma in questo modo – osserva ancora Raniero La Valle – il dono di Dio diventa vincolo, […] che se da Dio giunge all’uomo come dono, dall’uomo torna a Dio come olocausto». E questa presentazione della scelta gioiosa di uomini e donne di unire, nel concreto della vita, il proprio destino appare a La Valle riduttiva e in qualche modo è percepita come stridente con la più autentica volontà di Dio, che dice «misericordia voglio, non sacrificî».

Riprendendo l’invito di papa Francesco (Evangelii gaudium, 47), Raniero La Valle sostiene poi la convinzione che le porte dei sacramenti non debbano venir chiuse per ragioni non adeguatamente fondate. Quanto poi all’eucarestia sottolinea l’esigenza di dar luce al suo essere rimedio e alimento per i deboli, più che premio per i perfetti. È opportuno, aggiungo io, che il vitello grasso fu messo a tavola per il ritorno del figlio prodigo e non per la perseveranza del figlio rimasto a casa.

A questo punto La Valle apre un sentiero di riflessione esegetica davvero stimolante, attraverso la proposizione di una rilettura attualizzante della risposta evangelica di Gesù sul tema del “ripudio”, ben sapendo che «non è il Vangelo che cambia, ma siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio». È su questo testo che tradizionalmente si fa risalire la fondazione dell’indiscutibilità della dottrina dell’indissolubilità, come elemento voluto dallo stesso Gesù. «L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mt. 19,3) è questa l’affermazione di Gesù, che sottolinea anche che se Mosè aveva permesso una deroga in proposito, ciò era dovuto alla «durezza dei cuori» degli uomini. La Valle esordisce ponendo in evidenza che la «durezza di cuore» denunciata da Gesù era riferita all’istituto del ripudio della donna parte dell’uomo e non al divorzio (che, nell’Israele del 1° secolo non esisteva) e poi sottolinea come anche in questo caso Gesù evita accuratamente la tentazione della casistica nella quale in più occasioni tentano di farlo cadere e riporta il discorso sul piano essenziale, quello dell’originario ordine della creazione. Riprendendo un’omelia di papa Francesco (Santa Marta, 28 febbraio 2014), La Valle fa presente come Gesù abbia nell’occasione riportato il rapporto tra l’uomo e la donna al capolavoro della creazione, al dato essenziale della creazione come maschî e femmine, al fatto che Dio non abbia voluto l’uomo da solo, ma con la sua compagna di cammino. E qui l’argomentazione di La Valle si fa stringente «se in tal modo si torna “all’inizio della rivelazione”, si vede che in quel quadro descritto dalla Genesi ed evocato da Gesù non c’è una comunità umana di uomini e di donne in cui possa darsi fedeltà o infedeltà, adulterio, divorzio o ripudio. Lì ci sono solo un uomo e una donna prototipo degli universi maschile e femminile che avrebbero abitato la terra, e il problema antropologico che da lì avrebbe attraversato tutti i luoghi e tutti i tempi  non era che l’uomo non scegliesse un’altra donna che non c’era, ma che l’uomo non ripudiasse la donna come aiuto simile a lui, e che mai si rompesse l’alleanza tra l’uomo e la donna in tutto il corso della storia a venire, perché se questo fosse avvenuto l’ordine della creazione ne sarebbe stato sconvolto, e la catastrofe umanitaria sarebbe sopravvenuta fin dal principio. Ciò che tiene in piedi il mondo è infatti l’unità inscindibile, della donna e dell’uomo». Di conseguenza l’invito di Gesù a non separare ciò che Dio ha unito, anziché essere costretto in una lettura riduttiva di natura giuridica sull’indissolubilità di ogni legame matrimoniale, è molto più verosimilmente un grande invito a prendere sul serio  la realtà di una dignità femminile ancora ampiamente oltraggiata nella società odierna. «Le parole di Gesù possono perciò essere lette non tanto come un vincolo imposto al singolo matrimonio monogamico, ma come il divino appello a non rompere l’alleanza ontologica tra uomini e donne, dalla forza dell’Eros e da quella dell’Agape, e come tale veramente figura del rapporto indissolubile tra Dio e l’umanità intera».

Raniero La Valle conclude, infine, il suo intervento richiamando l’episodio dell’incontro di Gesù con la donna di Samarìa, richiamato al capitolo 4° del Vangelo di Giovanni, dove Gesù, non solo, non si fa condizionare dal pregiudizio che imponeva di non parlare con una donna, ma non esita a presentarsi come messia a una donna che aveva avuto cinque mariti e che, al momento, stava con un uomo che non era suo marito. E a una tale donna, che oggi non avrebbe diritto alla comunione, Gesù fa la rivelazione decisiva sull’autenticità del rapporto con Dio «Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano» (Gv. 4,23).



Sergio Sbragia

Vico Equense, sabato 26 aprile 2014

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