Nella celebrazione
della Messa, all’inizio della liturgia eucaristica (offertorio) è diffuso l’uso
di prevedere il canto di un inno, spesso anche molto bello e significativo. Il
risultato è tuttavia che attraverso il canto, passa di fatto in subordine,
relegata a una recitazione del solo celebrante la proclamazione della preghiera
di presentazione delle offerte:
«Benedetto sei tu,
Signore, Dio dell'universo:
dalla tua bontà abbiamo
ricevuto questo pane,
frutto della terra e
del lavoro dell'uomo;
lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
Benedetto nei secoli il Signore.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo:
dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino,
lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
Benedetto nei secoli il Signore.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dell'universo:
dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino,
frutto della terra, e
del lavoro dell'uomo;
lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza.
Benedetto nei secoli il Signore».
lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza.
Benedetto nei secoli il Signore».
È questo un testo di
profondissimo significato, che traccia una relazione profonda tra la
celebrazione eucaristica e la vita concreta e il lavoro delle persone e della
comunità umana. La messa domenicale non è un evento staccato dalle condizioni
quotidiane di vita, ma è un evento che entra e interroga ciascuno di noi nella
nostra concretezza esistenziale.
Oggi parliamo molto di
“nuova evangelizzazione” e di certo è giusto ricordare come l’annuncio del
Regno dei cieli irrompe nella vita quotidiana delle persone, nelle loro
ordinarie attività di lavoro, basti ricordare l’episodio della chiamata dei primi
apostoli (Mt. 4,18-22).
«Mentre
camminava lungo il mare di Galilèa, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro,
e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E
disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". Ed
essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due
fratelli, Giacomo, figlio di Zebèdeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca,
insieme a Zebèdeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi sùbito
lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono» (Mt. 4,18-22).
Gesù, all’inizio della
propria predicazione, richiamando alla conversione e annunciando la vicinanza
del Regno di Dio, irrompe presso le barche di alcuni uomini (che noi poi
riconosceremo come quattro degli apostoli) che erano impegnati a rassettare le
reti, li chiama e li invita a seguirlo. Ed essi, lasciato tutto lo seguirono. L’annuncio
di Gesù fa irruzione nella quotidiana vita di questi uomini (le barche e le
reti). E così, analogamente, la celebrazione dell’eucarestia dev’interrogare la
nostra concreta vita di lavoro, nella quale siamo chiamati a lasciare tutto per
seguirlo. Questo aspetto riveste oggi un significato notevole, visto il rischio
che quotidianamente corriamo di creare una cesura tra la vita di ogni giorno e
la nostra partecipazione alle celebrazioni liturgiche.
Per questa ragione
penso sarebbe giusto lasciare ai fedeli partecipanti alla celebrazione
eucaristica la possibilità di poter formulare la duplice benedizione del
Signore, così come prevista dal Rito della Messa senza che questa venga dal
canto di inni.
La soluzione potrebbe
essere quella di far seguìre al canto degli inni, comunque la formulazione del
testo della preghiera sulle offerte.
Vico Equense, domenica 2 novembre 2014
Sergio Sbragia
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