«I Giudèi» alle Nozze di Cana (2,1-11)
«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilèa e c'era la madre di
Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse:
"Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che
vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica,
fatela".
Vi
erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudèi, contenenti ciascuna da
ottanta a centoventi litri. E
Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino
all'orlo. Disse loro di nuovo:
"Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi
gliene portarono. Come ebbe
assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale
non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso
l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino
buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece
hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo,
a Cana di Galilèa, fu
l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi
discepoli credettero in lui» (2,1-11).
Nella narrazione del
miracolo di Cana il riferimento al gruppo de «i Giudèi» ricorre nel quadro di
un richiamo all’attività di purificazione rituale dei Giudèi. Gesù, infatti,
ordina di riempire d’acqua sei grandi anfore destinate proprio ai riti della
purificazione, cioè alle ricorrenti abluzioni del corpo e degli abiti
effettuate con l’acqua, che avevano la funzione di consentire il recupero
della condizione di purità.
La scena si svolge lontano da Gerusalemme, anzi
al di fuori della Giudèa, in Galilèa. Il
riferimento è quindi non a un gruppo autorevole centrato in Gerusalemme, ma a
«i Giudèi» come entità religiosa, sostanzialmente coincidente con l’intero
Israele fedele e credente.
In Israele l’impurità era la forma più elementare
con cui si presentava tutto ciò che dispiace a Dio. Essa rappresentava una
forza misteriosa che contamina ed esclude dalla sfera del sacro, dove per
Israele era propriamente situata la vita; l’impurità era perciò una condizione
di morte.
La purità è un concetto
comune alle religioni antiche. Essa designa la disposizione richiesta per avvicinarsi
alle cose sacre. Pur potendo implicare in via
accessoria la virtù morale opposta alla lussuria, essa non è procurata da atti
morali, ma da riti, la si perde per contatti materiali, indipendentemente da
ogni responsabilità morale. Ordinariamente questo concetto primitivo tende ad
approfondirsi, ma lo fa in modo vario, secondo i diversi ambienti di pensiero.
Secondo la fede biblica, che crede buona tutta la creazione, la nozione di
purità tende a diventare interna e morale, pur conservando presso Israele
aspetti privi di rapporti diretti con la moralità. La purità assicura
l’attitudine legale a partecipare al culto o alla stessa vita ordinaria della comunità
santa.
Le leggi che regolavano la purità cultuale presso
Israele erano complesse e riflettevano anche concezioni primitive e costumi
arcaici. Tali riti avevano la funzione di separare Israele dai popoli
circostanti e di conservargli il senso della trascendenza di Jahwé.
Tale legislazione includeva la pulizia fisica, pur non esaurendosi in
essa. Prescriveva pertanto l’allontanamento di tutto ciò che è sudicio, malato
o corrotto.
La purità costituiva anche una protezione contro il paganesimo e la
tentazione dell’idolatria. Poiché la terra di Canaan era, nell’antichità,
contaminata dalla presenza dei pagani, i bottini di guerra furono votati
all’anàtema («Incendiarono poi la città e quanto vi era dentro. Destinarono
però l'argento, l'oro e gli oggetti di bronzo e di ferro al tesoro del tempio
del Signore. Giosuè lasciò in vita la prostituta Raab, la casa di suo padre e
quanto le apparteneva. Ella è rimasta in mezzo a Israele fino ad oggi, per aver
nascosto gli inviati che Giosuè aveva mandato a esplorare Gerico. In quella
circostanza Giosuè fece giurare: "Maledetto davanti al Signore l'uomo che
si metterà a ricostruire questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà
le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!". Il Signore fu con
Giosuè, la cui fama si sparse in tutta la regione», Gs. 6,24-27) e gli stessi
frutti di questa terra furono proibiti durante i primi tre anni del raccolto («Con
questo ariete di riparazione il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio
davanti al Signore, per il peccato da lui commesso, e il peccato commesso gli
sarà perdonato. Quando sarete entrati nella terra e vi avrete piantato ogni
sorta di alberi da frutto, ne considererete i frutti come non circoncisi; per
tre anni saranno per voi come non circoncisi: non se ne dovrà mangiare. Nel
quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati al Signore, come dono festivo.
Nel quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi; così essi continueranno a
produrre per voi. Io sono il Signore, vostro Dio», Lv. 19,22-25). Taluni
animali, come il maiale, furono definiti impuri («il porco,
perché ha l'unghia bipartita da una fessura, ma non rumina, lo considererete
impuro», Lv. 11,7) indubbiamente perché i pagani li associavano al loro culto
(cf. « Uno sacrifica un giovenco e poi uccide un uomo, / uno immola una pecora
e poi strozza un cane, / uno presenta un'offerta e poi sangue di porco, / uno
brucia incenso e poi venera l'iniquità. / Costoro hanno scelto le loro vie, /
essi si dilettano dei loro abominî», Is. 66,3).
La purità disciplinava infine l’uso di tutto ciò che è santo. Tutto
ciò che riguarda il culto doveva essere eminentemente puro e non poteva essere
indebitamente avvicinato. D’altra parte, il sacro e l’impuro erano ugualmente
intoccabili come se fossero carichi di una forza terribile e contagiosa.
Alla base di questa nozione ancora molto materiale della purità appare
l’idea che l’uomo ha una tale unità, che non si possono dissociare il corpo e
l’anima, e che i suoi atti religiosi, per quanto spirituali, restano incarnati.
In una comunità consacrata a Dio e desiderosa di superare lo stato naturale
della sua esistenza, non si mangia qualunque cosa, non si tocca tutto, non si
fa un uso qualsiasi delle potenze generatrici della vita. Queste molteplici
restrizioni, forse arbitrarie all’origine, hanno avuto un duplice effetto. Esse
preservavano la fede monoteistica da ogni contaminazione dell’ambiente pagano
circostante; inoltre, assunte per obbedienza a Dio, costituivano una vera
disciplina morale. Così potevano rivelarsi progressivamente le esigenze di Dio,
spirituali[1].
La purificazione, neutralizzando gli effetti dell’impurità, rimette la
persona in relazione con Jahwé, il santo, cioè permette la partecipazione al
culto e assicura al popolo la vita. L’impurità dell’uomo, posto di fronte
all’assoluta santità trascendente di Dio, rivela la miseria della condizione
umana. All’uomo Dio chiede di santificarsi. Jahwé chiama l’uomo, lo attrae, lo
sollecita: quindi l’esigenza di purificazione è pari, per Israele, alla
coscienza della santità di Jahwé. In Israele i riti di purificazione erano
molteplici: varî elementi potevano svolgere, in casi diversi, una funzione
purificatrice, per esempio, il fuoco, il sangue e, come in questo caso,
l’acqua.
L’acqua purifica (Lv. 11,23-25)[2]: il
sacerdote deve lavarsi prima di esercitare le sue funzioni (Es. 30,17-20; Lv.
8,6; 16,4)[3];
l’abluzione è frequente nei sacrificî d’espiazione (Lv. 12,6-7)[4], alla
nascita (Ez. 16,4)[5], per
il matrimonio (Rt. 3,3)[6], prima
d’assumere i pasti, per purificare sia il corpo (Lv. 22,5-6; c. 15)[7] che gli abiti (Es. 19,10; Nm. 31,24)[8] da
contatti impuri[9].
Nel brano non emerge un evidente rifiuto polemico nei confronti delle
pratiche giudaiche di purificazione cultuale, ma è presente la proposizione di
una nuova e più autentica azione di purificazione. Le anfore di pietra, figura
della Legge (tavole di pietra), destinate a contenere acqua per la
purificazione, sono in realtà vuote (cf. il successivo v. 7: «Riempite d’acqua
le anfore»): l’antica Legge non può purificare autenticamente. Riemerge qui il
dualismo già affiorato nel c. 1 (1,32-34)[10] tra
il battesimo in acqua e il battesimo nello Spirito. È significativo che,
all’inizio della sua attività, Gesù trasformi l’acqua in vino, indicando come
la sua opera segni il passaggio dalla prima alla seconda alleanza. facendo
riempire d’acqua le anfore, Gesù indica la sua volontà di purificare
(ristabilire il rapporto con Dio); trasformando l’acqua in vino egli indica che
la sua purificazione è indipendente dalla Legge della prima alleanza, essa non
avverrà al di fuori (acqua che lava), ma nell’intimo dell’uomo (vino che si
beve, lo Spirito). La purificazione, sempre associata all’idea di afflizione
rituale (liturgia penitenziale), passa al campo della gioia e della festa, data
dal vino dello Spirito nelle nuove nozze-alleanza[11].
[1] – Cf. Ladislas Szabo, voc. Puro, in «Dizionario di
Teologia Biblica /diretto da Xavier Leon-Dufour», Casale Monferrato:
Marietti, 1971, 1027-1028.
[2] – «Ogni altro insetto alato che ha quattro piedi sarà obbrobrioso
per voi; infatti vi rendono impuri: chiunque toccherà il loro cadavere sarà
impuro fino alla sera e chiunque trasporterà i loro cadaveri si dovrà lavare le
vesti e sarà impuro fino alla sera» (Lv. 11,23-25).
[3] – «Il Signore parlò a Mosè: "Farai per le abluzioni un bacino
di bronzo con il piedistallo di bronzo; lo collocherai tra la tenda del
convegno e l'altare e vi metterai acqua. Aronne e i suoi figli vi attingeranno
per lavarsi le mani e i piedi. Quando entreranno nella tenda del convegno,
faranno un'abluzione con l'acqua, perché non muoiano; così quando si
avvicineranno all'altare per officiare, per bruciare un'offerta da consumare
con il fuoco in onore del Signore» Es. 30,17-20.
«Mosè
fece accostare Aronne e i suoi figlî e li lavò con acqua» (Lv. 8,6).
«Si
metterà la tunica sacra di lino, indosserà sul corpo i calzoni di lino, si
cingerà della cintura di lino e si metterà in capo il turbante di lino. Sono
queste le vesti sacre, che indosserà dopo essersi lavato il corpo con l'acqua» (Lv. 16,4).
[4] – «Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una
figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all'ingresso della tenda del
convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio
per il peccato. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito
espiatorio per lei; ella sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la
legge che riguarda la donna, quando partorisce un maschio o una femmina»
(Lv. 12,6-7).
[5] – «Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il
cordone ombelicale e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti
fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce» (Ez. 16,4).
[6] – «Làvati,
profùmati, mettiti il mantello e scendi all'aia. Ma non ti far riconoscere da
lui prima che egli abbia finito di mangiare e di bere» (Rt. 3,3).
[7] – «
oppure per chi toccherà un rettile che lo
rende impuro o una persona che lo rende impuro, qualunque sia la sua impurità.
Colui che avrà avuto tali contatti resterà impuro fino alla sera e non mangerà
le offerte sante prima di essersi lavato il corpo nell'acqua» (Lv. 22,5-6).
«Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
"Parlate agli Israeliti dicendo loro: "Se un uomo soffre di gonorrea
nella sua carne, la sua gonorrea è impura. Questa è la condizione di impurità
per la gonorrea: sia che la carne lasci uscire il liquido, sia che lo
trattenga, si tratta di impurità. Ogni giaciglio sul quale si coricherà chi è
affetto da gonorrea sarà impuro; ogni oggetto sul quale si siederà sarà impuro.
Chi toccherà il giaciglio di costui, dovrà lavarsi le vesti e bagnarsi
nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Chi si siederà sopra un oggetto
qualunque, sul quale si sia seduto colui che soffre di gonorrea, dovrà lavarsi
le vesti, bagnarsi nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Chi toccherà il
corpo di colui che è affetto da gonorrea si laverà le vesti, si bagnerà
nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Se colui che ha la gonorrea sputerà
sopra uno che è puro, questi dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e
resterà impuro fino alla sera. Ogni sella su cui monterà chi ha la gonorrea
sarà impura. Chiunque toccherà qualsiasi cosa, che sia stata sotto quel tale,
resterà impuro fino alla sera. Chi porterà tali oggetti dovrà lavarsi le vesti,
bagnarsi nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Chiunque sarà toccato da
colui che ha la gonorrea, se questi non si era lavato le mani, dovrà lavarsi le
vesti, bagnarsi nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Il recipiente di terracotta
toccato da colui che soffre di gonorrea sarà spezzato; ogni vaso di legno sarà
lavato nel'acqua. Quando uno sarà guarito dalla sua gonorrea, conterà sette
giorni dalla sua guarigione; poi si laverà le vesti, bagnerà il suo corpo
nell'acqua corrente e sarà puro. L'ottavo giorno prenderà due tortore o due
colombi, verrà davanti al Signore, all'ingresso della tenda del convegno, e li
consegnerà al sacerdote, il quale ne offrirà uno come sacrificio per il peccato,
l'altro come olocausto; il sacerdote compirà per lui il rito espiatorio davanti
al Signore per la sua gonorrea. L'uomo che avrà avuto un'emissione seminale, si
laverà tutto il corpo nell'acqua e resterà impuro fino alla sera. Ogni veste o
pelle su cui vi sarà un'emissione seminale dovrà essere lavata nell'acqua e
resterà impura fino alla sera. La donna e l'uomo che abbiano avuto un rapporto
con emissione seminale si laveranno nell'acqua e resteranno impuri fino alla
sera. Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo,
per sette giorni resterà nell'impurità mestruale; chiunque la toccherà sarà
impuro fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante
la sua impurità mestruale sarà impuro; ogni mobile sul quale si sarà seduta
sarà impuro. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi
nell'acqua e sarà impuro fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul
quale lei si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà
impuro fino alla sera. Se un oggetto si trova sul letto o su qualche cosa su
cui lei si è seduta, chiunque toccherà questo oggetto sarà impuro fino alla
sera. Se un uomo ha rapporto intimo con lei, l'impurità mestruale viene a
contatto con lui: egli resterà impuro per sette giorni e ogni giaciglio sul
quale si coricherà resterà impuro. La donna che ha un flusso di sangue per
molti giorni, fuori del tempo delle mestruazioni, o che lo abbia più del
normale, sarà impura per tutto il tempo del flusso, come durante le sue
mestruazioni. Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante tutto il tempo del
flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le
mestruazioni; ogni oggetto sul quale siederà sarà impuro, come lo è quando lei
ha le mestruazioni. Chiunque toccherà quelle cose sarà impuro; dovrà lavarsi le
vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà impuro fino alla sera. Se sarà guarita dal
suo flusso, conterà sette giorni e poi sarà pura. L'ottavo giorno prenderà due
tortore o due colombi e li porterà al sacerdote, all'ingresso della tenda del
convegno. Il sacerdote ne offrirà uno come sacrificio per il peccato e l'altro
come olocausto e compirà per lei il rito espiatorio davanti al Signore, per il
flusso che la rendeva impura. Avvertite gli Israeliti di ciò che potrebbe renderli
impuri, perché non muoiano per la loro impurità, qualora rendessero impura la
mia Dimora che è in mezzo a loro. Questa è la legge per colui che ha la
gonorrea o ha avuto un'emissione seminale che lo rende impuro, e la legge per
colei che è indisposta a causa delle mestruazioni, cioè per l'uomo o per la
donna che abbiano il flusso e per l'uomo che si corichi con una donna in stato
di impurità""» (Lv. 15,1-33).
[8] – «Il Signore disse a Mosè: "Va' dal
popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti» (Es. 19,10).
«Laverete anche le
vostre vesti il settimo giorno e sarete puri; poi potrete entrare
nell'accampamento» (Nm. 31,24).
[9] – Cf.
Emanuela Ghini – Giuseppe Barbaglio, voc. Purità,
in «Schede bibliche pastorali : 6. O-P
/ a cura di Giuseppe Barbaglio», Bologna: Edizioni Dehoniane, 1986, 3206-3209.
[10] – «Giovanni testimoniò dicendo: "Ho
contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di
lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare
nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo
Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato
che questi è il Figlio di Dio"» (1,32-34).
[11] – Cf.
voc. Acqua, in «Dizionario teologico del Vangelo di Giovanni / a cura
di Juan Mateos e Juan Barreto», Assisi: Cittadella editrice, 1982, 24.
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