In questi giorni è stato pubblicato un importante documento della
Conferenza episcopale della Campania, dedicato ai temi delle feste religiose.
Il documento, intitolato “Evangelizzare la pietà popolare : Norme per le feste
religiose”, interviene autorevolmente su un tema di grande delicatezza e di
notevole portata nella vita delle nostre comunità ecclesiali.
La vita religiosa delle nostre genti trova ampia espressione in
momenti celebrativi e devozionali che spesso travalicano l’àmbito stretto della
vita liturgica e della pratica sacramentale, che si concretizzano in eventi che
siamo soliti definire di “religiosità popolare”. È il caso di una molteplicità
di eventi: processioni, pellegrinaggî, devozioni particolari, feste patronali,
appuntamenti di preghiera, forme di venerazione legate a particolari luoghi,
immagini ed edicole votive, e molte altre e diversificate forme di culto e
devozione pubbliche e private. Si tratta di forme di esperienza religiosa
profondamente radicate nel vissuto di fede
delle nostre genti, che spesso affondano le proprie origini lontano nel
tempo.
Il documento è stato presentato pubblicamente in una recente
conferenza stampa, presieduta dal Card. Crescenzio Sepe, alla quale hanno
partecipato i Vescovi della nostra Regione.
L’argomento non è nuovo nella preoccupazione pastorale dei vescovi
campani, che già nel 1973 emanarono direttive pastorali in merito, ma il
documento attuale si segnala in modo particolare per la preoccupazione di un
concreto rischio di un’ingerenza malavitosa nello svolgimento delle feste
religiose. Questo dato porta immediatamente alla memoria i casi recenti in cui
nel corso di processioni, celebrate in occasione feste patronali, si sono verificati
in varî luoghi episodî di omaggio pubblico a personaggî di spicco legati ad ambienti
malavitosi.
La Chiesa campana ha ritenuto allora necessario condannare e respingere,
con fermezza tali ingerenze che possono verificarsi in occasione di manifestazioni
pubbliche, come le processioni e le feste.
Il documento, tuttavìa, non si ferma a questa, pur primaria, esigenza
di scongiurare pericolose degenerazioni nella gestione e nello svolgimento
degli eventi di pietà popolare, ma si configura come un autentico sforzo di
evangelizzazione delle forme di pietà popolare diffuse nella nostra realtà
ecclesiale, operato facendo proprio l’invito formulato dalla recente Assemblea
del Sinodo mondiale dei Vescovi sulla Nuova evangelizzazione, che, nel “Messaggio al popolo di Dio”, esorta le parrocchie «ad affiancare
alla tradizionale cura pastorale del popolo di Dio le forme nuove di missione
richieste dalla nuova evangelizzazione. Esse devono permeare anche le varie,
importanti espressioni della pietà popolare» (13a Assemblea generale
ordinaria del Sinodo mondiale dei vescovi, “Messaggio al popolo di Dio”, 8).
Punto di partenza della riflessione di Vescovi è l’insegnamento sul
tema formulato da papa Paolo 6° nell’Esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”, n. 48. In
quell’occasione, papa Montini, ebbe modo d’indicare nella pietà popolare «un
aspetto dell'evangelizzazione che non può lasciare insensibili», e non mancò di sottolineare come «sia nelle
regioni in cui la Chiesa è impiantata da secoli, sia là dove essa è in via di
essere impiantata, si trovano presso il popolo espressioni particolari della
ricerca di Dio e della fede. Per lungo tempo considerate meno pure, talvolta
disprezzate, queste espressioni formano oggi un po' dappertutto l'oggetto di
una riscoperta». Il sommo pontefice non si nascondeva che «la religiosità
popolare […] ha certamente i suoi limiti. È frequentemente aperta alla
penetrazione di molte deformazioni della religione, anzi di superstizioni.
Resta spesso a livello di manifestazioni cultuali senza impegnare un'autentica
adesione di fede. Può anche portare alla formazione di sètte e mettere in
pericolo la vera comunità ecclesiale». Ciononostante Paolo 6° pose in grande
evidenza come la pietà popolare «se è ben orientata, soprattutto mediante una
pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di
Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di
generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di manifestare la
fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la
provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori
raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce
nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione».
I vescovi
della Campania prendono le mosse proprio da questo autorevole insegnamento
montiniano per indicare come “pietà popolare” quel «complesso di
manifestazioni, prevalentemente di carattere comunitario, che nell’ambito della
fede cristiana si esprime, non secondo i moduli e le leggi proprie della
liturgia, ma in forme peculiari sorte dal genio di un popolo e dalla sua cultura
e rispondenti a precisi orientamenti spirituali di gruppi di fedeli», ma anche
per precisare opportunamente come essa, da un lato, faccia esplicito riferimento
«alla rivelazione cristiana, cioè alla fede in Dio Uno e Trino, in Cristo vero
Dio e vero uomo, Salvatore di tutto il genere umano e alla Chiesa», e,
dall’altro, si configuri come «il complesso di manifestazioni cultuali che sono
in sintonia con la cultura di un popolo e ne esprimono l’identità».
I Vescovi
riconoscono come caratteristiche e valori significativi della “pietà popolare”:
-
la
“spontaneità”, «in quanto essa nasce non tanto
dal ragionamento quanto dal sentimento;
- l’“apertura alla trascendenza”
«come
superamento della povertà “esistenziale” in cui spesso il popolo vive»;
- il “linguaggio totale” «con il quale la pietà popolare
trasmette la fede non con il ragionamento ma con il silenzio e la parola, il
canto e la danza, il gesto individuale e l’azione corale, l’immagine e il
colore»;
-
la
“concretezza”
con cui la
pietà popolare dialoga con Dio e affronta i problemi della vita quotidiana
segnata spesso dal dolore e dalla fatica (povertà, malattia, mancanza di
istruzione e di lavoro…), i grandi cicli dell’esistenza (nascita, crescita e maturazione,
matrimonio, anzianità, morte, aldilà) e i contenuti che le danno colore e
calore (l’amicizia, l’amore, la solidarietà);
-
la “saggezza” «che tende a congiungere in una
sintesi vitale divino e umano, spirito e corpo, persona e comunità, fede e
patria, intelligenza e affetto»;
- la
“memoria” «che
porta a trasmettere il passato come “racconto” e a vederlo come un “fattore di identità”
per il gruppo e la collettività»;
- la “solidarietà” «che si incontra più facilmente
tra gli umili, i poveri, i semplici che non hanno ideologie che li dividono, ma
esperienze di vita e sofferenze che li uniscono: per gli umili e i semplici la
condivisione – del pane, del tempo, della parola – è un fatto normale intuendo
che non possono aspirare alle ricchezze del cielo senza condividere i beni
della terra».
Il documento tiene poi a
individuare, pur nella molteplicità delle forme espressive, i principali orientamenti
che contraddistinguono le manifestazioni della pietà popolare:
- «l’adorazione alla
Santissima Trinità e
l’amore a Dio, padre buono e provvidente, signore onnipotente, giudice giusto e
misericordioso;
-
l’attenzione amorosa per l’umanità di Cristo, contemplato
soprattutto nei misteri dell’infanzia (Gesù bambino), della passione (Gesù crocifisso,
l’Ecce
homo, il Volto
Santo), del suo amore misericordioso (Sacro Cuore) e della sua presenza
nascosta (il Santissimo Sacramento);
- la venerazione della Madonna;
la devozione degli Angeli, il culto dei
Santi visti dai
fedeli come amici e intercessori del popolo di Dio;
- la preghiera per i
defunti con la
celebrazione di sante Messe di suffragio e le indulgenze per i defunti, nonché
con la visita dei cimiteri».
Fatte queste premesse che hanno opportunamente evidenziato il valore e
le potenzialità di arricchimento spirituale delle forme di pietà popolare, i Vescovi
non si nascondono i problemi che si manifestano in un quadro profondamente
diversificato di esperienze e manifestazioni e indicano con chiarezza i
pericoli cui esse possono andare incontro.
I Vescovi non esitano a evidenziare come numerose feste popolari abbiano
spesso solo la parvenza del sacro. Il rischio concreto è allora che esse, in
quanto svuotate del più autentico contenuto cristiano, corrono il pericolo di non
render «credibile la fede da parte dei lontani», di essere rifiutate dai giovani
che le percepiscono come «prive di ogni valore di autentica testimonianza
cristiana», di venir considerate dai poveri «più una provocazione che un
annuncio gioioso della salvezza».
Non viene poi sottovalutata la possibilità che in molti casi le stesse
processioni possono trasformarsi, di fatto, «in estenuanti maratone di
questuanti», che in definitiva «offendono il decoro e il sacro e non sono certo
segno di una Chiesa peregrinante».
Di fronte a tali eventualità i nostri Pastori avvertono la necessità
di «recepire con tempestività l’istanza di una religiosità essenziale che
rifugga da forme colorate e rumorose e che tenda ad una interiorizzazione del
culto» e, affinché «le feste religiose siano autentiche celebrazioni di fede
incentrate nel mistero di Cristo e siano purificate da infiltrazioni profane»,
manifestano la volontà chiara di dar vita a un’azione pastorale indifferibile «che
si proponga di vivere le manifestazioni esterne del culto popolare in modo che
siano espressioni autentiche e comunitarie di fede; di formare, con una seria e
puntuale catechesi, una sana opinione pubblica sul significato cristiano di
questi riti collettivi; di purificare il culto popolare, spesso decaduto a
sagra mondana e a fatto di folclore, dalle incrostazioni superstiziose che si
sono sovrapposte».
A tale scopo i vescovi hanno,
pertanto, ritenuto necessario formulare alcune direttive pastorali, intese a
divenire norme operative per le comunità ecclesiali, in ordine alle feste
religiose e alle processioni, ai pellegrinaggî e ai santuarî. Direttive che si
ripropongono di creare le condizioni più opportune per poter contribuire:
- a
un’“evangelizzazione autentica della pietà popolare” «con un rapporto continuo e
fecondo con la Parola di Dio;
- a
“orientare la pietà popolare verso la liturgia”, «che è il culmine verso cui
tende tutta
- l’azione della Chiesa»;
- a
“superare il distacco tra culto e vita”, «sia sulla liturgia sia sulla
pietà popolare incombe il rischio di un distacco tra il momento cultuale e
l’impegno di vita».
Il documento si conclude quindi nella formulazione di alcune precise
disposizioni operative riguardanti sia gli aspetti più direttamente liturgici e
celebrativi delle feste religiose, che i momenti ludici che non di rado sono a
esse collegati.
Queste disposizioni possono essere così schematicamente richiamate:
“àmbito liturgico-celebrativo”:
- necessità
che ogni nuova festa sia espressamente autorizzata dall’Ordinario canonico;
- ogni
festa sia adeguatamente preparata con un “novenario” o “settenario” o “triduo”,
al cui interno ampio spazio sia dato all’ascolto della Parola di Dio;
- che,
contestualmente a ogni festa, venga preparato e realizzato un gesto concreto di
solidarietà.
“aspetto ludico-esterno”:
- il
momento ludico, non di rado collegato alla festa religiosa, non dev’essere
prevalente o distaccato, rispetto ad essa, anzi deve rimanere comunque ad essa
subordinato;
- è
necessario evitare che le feste religiose si riducano a manifestazioni
paganeggianti, con sperpero di danaro per il cantante famoso e per i fuochi
artificiali;
- delicata
funzione dei Consiglî pastorali parrocchiali, ai quali viene conferito il
compito di assicurare, attraverso un sapiente dosaggio, il delicato equilibrio
tra il polo liturgico-celebrativo e quello ludico di una determinata festa
religiosa.
- i
Comitati organizzativi devono essere presieduti dal Parroco, avere carattere
temporaneo, essere composti da persone che si distinguono per impegno
ecclesiale e onestà di vita, godere della partecipazione di componenti del
Consiglio pastorale, impegnarsi al pieno e rigoroso rispetto delle norme
canoniche e civili, presentare tempestivamente il bilancio dell’iniziativa al
Consiglio parrocchiale degli affari economici.
-
va poi garantita la coerenza della
programmazione delle feste con le principali solennità del calendario
liturgico, evitando sovrapposizioni;
-
sono previste norme stringenti anche per le
Confraternite;
-
sono dettate anche norme per i contenuti e le
forme degli spettacoli leggeri previsti nel corso delle feste.
Il documento si conclude,
infine, con alcune disposizioni particolari riguardanti le processioni, i
pellegrinaggî e i santuarî, tra le quali si segnalano in particolare:
“per
le processioni”:
- il
divieto di attaccare denari alla statua che viene portata in processione;
- la
definizione degli itinerarî con il consenso del Consiglio Pastorale
Parrocchiale.
“per
i pellegrinaggî”:
- la
previsione in partenza di un momento di preghiera nella chiesa parrocchiale;
- la
programmazione di una “liturgia della soglia” come momento di preghiera e di
accoglienza dei pellegrini;
“per
i santuarî”:
- divieto
che i cortei diretti ai santuarî che ostentino stendardi religiosi coperti di
denaro o che trasportino, danzando, trofei votivi.
- sono
altresì vietate anche manifestazioni di isterismo che profanino il luogo sacro
e impediscano la devota e decorosa celebrazione dei momenti liturgici.
- i
punti vendita di “ricordi” non siano sistemati all’interno dell’aula liturgica
e non abbiano l’apparenza di un mercato.
I nostri pastori concludono il
documento sottolineando che le norme in esso delineate «non vogliono essere una
gabbia dove rinchiudervi la libertà e la spontaneità dei fedeli bensì
qualificare la pastorale affinché sottolinei con forza la necessità che la
nostra religione non può ridursi a qualche pratica esteriore ma deve incidere
sul modo di pensare, di giudicare e di vivere dei cristiani».
Il testo integrale del documento può essere consultato sul sito:
Una sintesi della conferenza stampa di presentazione del documento è
invece disponibile sul sito:
Il documento si configura pienamente come un autorevole pronunciamento
dei Vescovi della nostra Regione, un coraggioso gesto di iniziativa pastorale,
i cui contenuti è auspicabile vengano ampiamente portati a conoscenza di tutti
i fedeli.
Sergio Sbragia
Vico Equense, domenica 12 maggio 2013
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