domenica 5 maggio 2013

L’ultima testimonianza di Giovanni (3,22-36)



L’ultima testimonianza di Giovanni (3,22-36)


«Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudèa, e là si tratteneva con loro e battezzava. Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c'era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.
Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudèo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui". Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimonî che io ho detto: "Non sono io il Cristo", ma: "Sono stato mandato avanti a lui". Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire".
Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la  vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui» (3,22-36).

In questo nuovo episodio torna in scena Giovanni il Battista in due forme diverse. Una prima volta, in forma indiretta. È infatti Gesù che recandosi in Giudèa inaugura una pratica tipica del Battista, iniziando anch’egli a battezzare (3,22). Una seconda volta, in forma diretta, ove il Battista viene interpellato dai suoi discepoli.
Dopo il colloquio con Nicodèmo, Gesù, con i suoi discepoli, si reca in una regione della Giudèa, ricca di acqua (probabilmente lungo il corso meridionale del Giordano, al confine tra la Giudèa e la Perèa), e inaugura una propria pratica di battezzatore. È un luogo indeterminato della Giudèa dove anche Giovanni il Battista usava dispiegare la sua missione di chiamata al pentimento, alla penitenza e alla purificazione. Gesù dunque si dèdica alla pratica di battezzare quanti accorrevano a presso di lui, avendo avuto notizia dei segni compiuti che egli aveva compiuto.
Intanto in una località, sempre lungo il corso del Giordano, ma posta più a settentrione [Ennòn (“le Sorgenti”), vicino a Salìm], verosimilmente in una zona posta al confine tra la Samarìa, la Decàpoli e la Perèa, anche Giovanni Battista continua la sua missione di battezzare i penitenti.
In questa fase Gesù si pone sulle orme di Giovanni Battista, fa propria la pratica battesimale di Giovanni e la inserisce a pieno titolo nella sua esperienza di maestro itinerante. Agli occhî di quanti accorrono presso Gesù o presso il Battista nasce così una certa confusione e si manifesta una difficoltà a comprendere una distinzione di ruoli tra i due (distinzione che la primitiva comunità cristiana potrà comprendere solo nella fase post-pasquale e che le comunità di diretta derivazione dall’esperienza del Battista leggeranno in modo diverso). In un certo senso si può percepire anche l’affiorare di una certa concorrenza tra i due gruppi.
 In questo quadro di relazioni di contiguità e, allo stesso tempo di concorrenza, tra i due gruppi (relazioni che comunque si declinavano nel contesto di un ambiente dominato sostanzialmente dal controllo sociale esercitato dai gruppi dirigenti gerosolomitani, come abbiamo visto in 1,19-28 e come vedremo tra poco in 4,1-2), s’inserisce la rapida citazione della discussione intercorsa tra i discepoli del Battista e un Giudèo sull’argomento della purificazione. Della discussione conosciamo solo l’argomento, ma non il suo contenuto concreto né il suo effettivo dipanarsi. Non è questo il punto centrale che il narratore tiene a evidenziare, quanto la successiva testimonianza di Giovanni. Ciò che possiamo supporre è che l’oggetto della disputa sia stata la preoccupazione di verificare quanto coerente fosse la pratica battesimale di Giovanni con la tradizione della ritualità giudaica sulla purificazione, un  tema che abbiamo già incontrato quando abbiamo approfondito i brani 1,19-28 e 2,1-11. Un tema, quello della purificazione, che doveva rivestire in àmbito giudaico una notevole delicatezza, se si tien conto che l’episodio si svolge in un territorio esterno alla Giudèa vera ‘e propria a circa 70-80 km. da Gerusalemme, e, nonostante ciò, l’interesse è tale da suscitare la curiosità di Giudèo (probabilmente di passaggio nel luogo) che interpella in merito i discepoli del battezzatore.
Quest’episodio fornisce al narratore l’opportunità d’introdurre il colloquio tra Giovanni il Battista e i suoi interlocutori circa i rapporti e le differenze tra la sua pratica battesimale e quella contemporaneamente operata da Gesù in un luogo non eccessivamente distante (circa 30-40 km. più a sud). Una discussione, quella di Giovanni nei vv. 26-36, che si riallaccia idealmente con quella sostenuta, sempre dal Battista in 1,24-36.
Nell’episodio “«I Giudèi» all’origine della testimonianza di Giovanni” (1,19-28), che ho già avuto l’opportunità di commentare, Giovanni ai vv. 26-27 aveva posto in evidenza la differenza/relazione intercorrente tra il proprio battesimo e la missione di Gesù: «Io battezzo nell'acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (1,26-27). Il giorno successivo a tali fatti, l’evangelista ci riferisce poi di un incontro tra Gesù e il Battista (1,29-34), il quale, vedendo Gesù andargli incontro, ebbe a esclamare: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele» (1,29-31). E ancora: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (1,32-34). L’evangelista ci parla anche di un nuovo incotro tra i due il dì seguente, nel quale Giovanni, assistendo al passaggio di Gesù proclamò solennemente: «Ecco l'agnello di Dio!» (1,36).
Di fronte ai nuovi dubbî proposti dal Giudèo, Giovanni ribadisce la relazione che lo lega a Gesù e la differente dignità della rispettiva missione, riconoscendo l’indubitabile primato di Gesù «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo» (v. 27), «Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udìto» (vv. 31-32), «Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (vv.34-35). Gesù, per il Battista, proviene da Dio, dal Padre, ed attesta ciò che ha visto e udìto presso di Lui. Quanto a sé, Giovanni ribadisce di non essere il Cristo (v. 28), e che la propria missione è quella di precederlo: «Sono stato mandato avanti a lui» (v. 28), perché come l’amico dello sposo gioisce all’udìre la voce dello sposo, la sua gioa è piena nel vedere il giorno di Gesù (v. 29) ed è quindi consapevole che «Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
Ne deriva infine l’invito, da parte di Giovanni, ad accettare la testimonianza di Gesù: «chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero» (v. 33), «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio rimane su di lui» (v. 35).
Questi passaggî dedicati alla testimonianza di Giovanni il Battista vanno letti con ogni probabilità nel quadro di rapporti fludi con le comunità dei seguaci di Giovanni, entro le quali non doveva essere pacifico il riconoscimento della superiorità della missione di Gesù rispetto a quella del Battista, come testimoniano i riferimenti, presenti negli Atti degli Apostoli, a persone che avevano ricevuto solo il Battesimo di Giovanni (cf. «Questi [Apollo] era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni», At. 18,25; «Ed egli [sempre Apollo] disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero», At. 19,3).
La vicenda del personaggio giudèo che fa da apripista alla distinzione tra la missione del Battista e quella di Gesù, pone in evidenza che nel contesto in cui la primitiva comunità cristiana si trova a vivere pone in evidenza come, nella storia, ogni confronto tra due componenti, non avviene al di fuori di altre influenze e altri condizionamenti. Le comunità cristiane e quelle battiste dovevano confrontarsi facendo necessariamente i conti con il terzo incomodo rappresentato dal giudaismo ufficiale, rappresentato in questo brano dal singolo viaggiatore Giudèo, che, incontrando la comunità di Giovanni vuole comprendere (e, allo stesso tempo, verificare) quanto la comunità che si trova davanti abbia in comune con quella di Gesù e se possa collocarsi legittimamente nell’àmbito della pietà giudaica.

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