IL VANGELO DI GIOVANNI È ANTIGIUDAICO?
Voi avete per padre il diavolo e
volete compiere i desiderî del padre vostro. Egli era omicida fin da principio
e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il
falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna (8,44).
La lettura di questo versetto del Vangelo
di Giovanni, la singolare
durezza del suo contenuto, ma anche dello stesso linguaggio e delle parole
usate da Gesù, mi pongono degli interrogativi pressanti, in merito ai quali mi
risulta impossibile eludere una ricerca seria e meticolosa per pervenire a una
risposta che abbia il necessario carattere dell’autenticità. Come mai Gesù,
maestro dell’amore, in questo Vangelo, anch’esso riconosciuto dalla tradizione
cristiana come il «Vangelo dell’amore», apostrofi i suoi interlocutori, cioè il
gruppo de «i Giudèi», come figlî del diavolo e, in quanto eredi di costui, come
omicidi e mentitori? Com’è possibile che Gesù, che nella sua vita ha
manifestato grande attenzione alla più autentica pratica cultuale incentrata intorno
al Tempio di Gerusalemme, sia giunto a muovere un’accusa così grave,
prospettando una derivazione diabolica ne «i Giudèi» che lo contraddicevano?
Eppure Gesù frequentava regolarmente il Tempio, presso il quale si recava in
pellegrinaggio dalla Galilèa,
riconosceva che dai Giudèi veniva la salvezza (4,22). Tutto ciò non ha tuttavìa
impedito l’uso di un linguaggio la cui durezza ha pochi paralleli nell’intero corpus dei detti di Gesù riportati nel
Secondo Testamento. È un interrogativo di non poco conto che interpella senza
sconti la nostra fede, soprattutto per i riflessi che questo testo, insieme ad
altri, ha avuto lungo i secoli sullo svilupparsi nelle chiese e tra i credenti
di sentimenti e azioni tragicamente antigiudaici. È una riflessione doverosa,
che dobbiamo ai nostri fratelli ebrei, ma soprattutto all’autenticità della
nostra esperienza di fede, per scongiurare in futuro tragici errori analoghi a
quelli compiuti in un passato lontano e recente.
Lungo l’itinerario di approfondimento, che stiamo realizzando, delle
caratteristiche e del messaggio del Vangelo
di Giovanni non è possibile eludere una delicata questione
che riveste rilevanza primaria per la sensibilità etica e culturale della
nostra epoca. Di fronte ai tragici e tremendi epiloghi cui hanno condotto
secoli di teorizzazioni e di pratiche di violenze e discriminazioni antigiudaiche
e antisemitiche, fino a culminare nell’Olocausto, cui purtroppo hanno fornito
il loro nefando contributo anche le chiese cristiane e generazioni di credenti
in Cristo, è doveroso affrontare in maniera adulta e spassionata le obiezioni e
le accuse che autorevoli studiosi ebrei e numerose voci dell’intellettualità
contemporanea rivolgono nei confronti del quarto Vangelo, cui si contesta di
aver contribuito consistentemente alla formazione di un antigiudaismo di matrice
cristiana.
Per la verità l’approfondimento del carattere antigiudaico del quarto
Vangelo, non costituisce un tema
centrale nella ricerca sul Vangelo
di Giovanni, esso è tuttavìa
oggetto di continuo interesse, e, posto entro il più ampio contesto della
ricerca sulle origini dell’antigiudaismo cristiano, riveste di certo un
significato di stringente attualità. Chiunque si interessi del Vangelo di Giovanni finisce, infatti, con l’imbattersi prima o poi
nel problema delle sue supposte dichiarazioni antigiudaiche[1].
E questo è ancor più necessario, se si tien conto di quanto detto da
Gesù in 16,2 («Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui
chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio»). In una prima fase
storica, risalente alla costituzione della primitiva comunità cristiana, appare
verosimile che la spinta all’assunzione di un atteggiamento persecutorio da
parte di persone e ambienti giudaici, possa essere derivata da un’autentica esigenza
di fedeltà alla tradizione religiosa giudaica. È innegabile che, nelle epoche
successive, sia subentrato da parte dei cristiani, un atteggiamento analogo e
contrario, in cui ritenendo di rendere culto a Dio, si sia dato vita ad atteggiamenti
drammaticamente persecutorî nei confronti degli ebrei fino agli epiloghi del
secolo 20.. L’idea che si possa essere giunti a uccidere credendo di rendere
culto a Dio, ci impone la necessità di invocare il perdono del Signore e di
chiedere perdono ai nostri fratelli ebrei, ma ci chiama anche a investigare con
grande attenzione il testo biblico, per attingere a una sua comprensione più
autentica e scongiurarne un uso antigiudaico e, più in generale,
discriminatorio verso altre fedi.
L’antigiudaismo è dunque proprio per questi motivi divenuto un tema
ineludibile nello studio del quarto Vangelo e, più in generale, nella teologia
cristiana[2].
Grazie alla dichiarazione di 8,44 («Voi avete per padre il diavolo e
volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio
e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il
falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna») si è guadagnato l’accusa di essere la più
chiara forma teologica di quella demonizzazione dei Giudèi che è alla radice della
tradizione antigiudaica che ha contrassegnato, con alti e bassi, la storia
delle chiese cristiane.
La conseguente discussione sull’antigiudaismo del Vangelo di Giovanni è entrata profondamente nell’esegesi
giovannea. La riflessione e la ricerca sulla verifica dell’eventuale presenza
di un orientamento antigiudaico nel quarto Vangelo vanno naturalmente condotte
su una pluralità di livelli: in prima battuta, impegnandosi su un terreno di carattere
esegetico, attraverso l’analisi di suoi brani in cui il tema del
rapporto con il gruppo de «i Giudèi» appare in maniera diretta o indiretta; in
secondo luogo, grazie a una riflessione intorno al processo di recezione
che lungo i secoli le comunità cristiane hanno condotto dell’opera del quarto
Evangelista, attingendo dunque alla storia della sua interpretazione e dei suoi
effetti; quindi operando una considerazione d’ordine teologico, che
comporti un’approfondita riflessione sulla natura delle sacre Scritture e della
rivelazione in esse attestata, ma anche sulla «violenza» che – a giudizio di
alcuni – sarebbe implicata nell’esclusivismo cristologico giovanneo; infine con
un approfondimento sul piano del rapporto col giudaismo: sia come tema
centrale nel dialogo con l’ebraismo contemporaneo, sia quale comparto
d’indagine essenziale nella ricerca sulle origini del cristianesimo e del momento
in cui avvenne la «separazione delle strade» tra il cristianesimo e il
giudaismo.
10.1. Livello esegetico
L’analisi esegetica del Vangelo di Giovanni deve porci nelle condizioni di rispondere a due interrogativi di fondo:
a) L’antigiudaismo è solo un fenomeno della storia della ricezione del
Vangelo di Giovanni, oppure è già
posto, almeno potenzialmente, nel Vangelo stesso?;
b) la polemica contro «i Giudèi», che culmina in 8,44 («Voi avete per
padre il diavolo e volete compiere i desiderî del padre vostro. Egli era
omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è
verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre
della menzogna»), è solo un elemento marginale del testo o è un’implicazione e
una conseguenza della cristologia giovannea?
Le dichiarazioni su «i Giudèi» nel Vangelo di Giovanni vanno distinte sul piano della critica letteraria, circoscritte dal punto di vista semantico e
spiegate in prospettiva storica o psicologica a partire dall’ipotetica
situazione della comunità giovannea. Nella ricerca esegetica troviamo approccî metodologici
di tipo sincronico, contrapposti ad approccî diacronici, anche se non mancano
studî che affiancano l’una e l’altra metodologia. Non mancano d’altronde contributi in cui l’indagine è condotta all’interno
del mondo raccontato e altri dove si ricerca soprattutto il mondo reale
riflesso nel testo, ma si incontrano anche studî dove si fa sintesi dei due
metodi.
Un esegeta autorevole come Jörg Frey suggerisce
come sia metodologicamente più sensato tener conto delle tre lettere giovannee
per l’interpretazione del Vangelo di
Giovanni: il fatto che, in esse, il sintagma «i Giudèi»
manchi completamente è già un orientamento per l’indagine. Occorre tratteggiare
la ripartizione del sintagma «i Giudèi» nell’insieme del quarto Vangelo, e
configurare il campo semantico dei lessemi giovannei che descrivono i gruppi o
le istituzioni ebraiche e dichiara che si dovrebbe tener conto di tutti. Il
termine «i Giudèi» si rivela non solo distribuito irregolarmente, ma viene
anche usato con sfumature molto diverse: le attestazioni non si lasciano
ricondurre a un unico denominatore semantico, ma neppure ripartire su diversi
strati letterarî. Si chiede quale relazione sussista tra «i Giudèi» e il mondo.
L’evangelista identifica «i Giudèi» e il mondo? «I Giudèi» rappresentano il suo
«mondo»?
A questo punto è opportuno render conto analiticamente delle varie
ricorrenze dell’espressione «i Giudèi».
[1] – J. Frühwald-König, «Die “gröβere Schuld”.
Antijudaismus in der Auslegung des Johannesevangelium?», in J. Frühwald-König –
F. R. Prostmeier – R. Zwick (a cura di), Steht
nicht geschrieben? Studien zur Bibel und ihrer Wirkungsgeschichte. Fs. G.
Schmuttermayr, Regensburg: 2001, 153-172.
[2] – J. Lieu, «Anti-Judaism and the Fourth Gospel»,
in R. Bauckham – C. Mosser (a cura di), The Gospel of John and Christian Theology,
Grand Rapids: 2008, 168-182.

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