domenica 5 maggio 2013

IL VANGELO DI GIOVANNI È ANTIGIUDAICO?



IL VANGELO DI GIOVANNI È ANTIGIUDAICO?

                    

Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desiderî del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna (8,44).

La lettura di questo versetto del Vangelo di Giovanni, la singolare durezza del suo contenuto, ma anche dello stesso linguaggio e delle parole usate da Gesù, mi pongono degli interrogativi pressanti, in merito ai quali mi risulta impossibile eludere una ricerca seria e meticolosa per pervenire a una risposta che abbia il necessario carattere dell’autenticità. Come mai Gesù, maestro dell’amore, in questo Vangelo, anch’esso riconosciuto dalla tradizione cristiana come il «Vangelo dell’amore», apostrofi i suoi interlocutori, cioè il gruppo de «i Giudèi», come figlî del diavolo e, in quanto eredi di costui, come omicidi e mentitori? Com’è possibile che Gesù, che nella sua vita ha manifestato grande attenzione alla più autentica pratica cultuale incentrata intorno al Tempio di Gerusalemme, sia giunto a muovere un’accusa così grave, prospettando una derivazione diabolica ne «i Giudèi» che lo contraddicevano? Eppure Gesù frequentava regolarmente il Tempio, presso il quale si recava in pellegrinaggio dalla Galilèa, riconosceva che dai Giudèi veniva la salvezza (4,22). Tutto ciò non ha tuttavìa impedito l’uso di un linguaggio la cui durezza ha pochi paralleli nell’intero corpus dei detti di Gesù riportati nel Secondo Testamento. È un interrogativo di non poco conto che interpella senza sconti la nostra fede, soprattutto per i riflessi che questo testo, insieme ad altri, ha avuto lungo i secoli sullo svilupparsi nelle chiese e tra i credenti di sentimenti e azioni tragicamente antigiudaici. È una riflessione doverosa, che dobbiamo ai nostri fratelli ebrei, ma soprattutto all’autenticità della nostra esperienza di fede, per scongiurare in futuro tragici errori analoghi a quelli compiuti in un passato lontano e recente.
Lungo l’itinerario di approfondimento, che stiamo realizzando, delle caratteristiche e del messaggio del Vangelo di Giovanni non è possibile eludere una delicata questione che riveste rilevanza primaria per la sensibilità etica e culturale della nostra epoca. Di fronte ai tragici e tremendi epiloghi cui hanno condotto secoli di teorizzazioni e di pratiche di violenze e discriminazioni antigiudaiche e antisemitiche, fino a culminare nell’Olocausto, cui purtroppo hanno fornito il loro nefando contributo anche le chiese cristiane e generazioni di credenti in Cristo, è doveroso affrontare in maniera adulta e spassionata le obiezioni e le accuse che autorevoli studiosi ebrei e numerose voci dell’intellettualità contemporanea rivolgono nei confronti del quarto Vangelo, cui si contesta di aver contribuito consistentemente alla formazione di un antigiudaismo di matrice cristiana.
Per la verità l’approfondimento del carattere antigiudaico del quarto Vangelo, non costituisce un tema  centrale nella ricerca sul Vangelo di Giovanni, esso è tuttavìa oggetto di continuo interesse, e, posto entro il più ampio contesto della ricerca sulle origini dell’antigiudaismo cristiano, riveste di certo un significato di stringente attualità. Chiunque si interessi del Vangelo di Giovanni finisce, infatti, con l’imbattersi prima o poi nel problema delle sue supposte dichiarazioni antigiudaiche[1].
E questo è ancor più necessario, se si tien conto di quanto detto da Gesù in 16,2 («Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio»). In una prima fase storica, risalente alla costituzione della primitiva comunità cristiana, appare verosimile che la spinta all’assunzione di un atteggiamento persecutorio da parte di persone e ambienti giudaici, possa essere derivata da un’autentica esigenza di fedeltà alla tradizione religiosa giudaica. È innegabile che, nelle epoche successive, sia subentrato da parte dei cristiani, un atteggiamento analogo e contrario, in cui ritenendo di rendere culto a Dio, si sia dato vita ad atteggiamenti drammaticamente persecutorî nei confronti degli ebrei fino agli epiloghi del secolo 20.. L’idea che si possa essere giunti a uccidere credendo di rendere culto a Dio, ci impone la necessità di invocare il perdono del Signore e di chiedere perdono ai nostri fratelli ebrei, ma ci chiama anche a investigare con grande attenzione il testo biblico, per attingere a una sua comprensione più autentica e scongiurarne un uso antigiudaico e, più in generale, discriminatorio verso altre fedi.  
L’antigiudaismo è dunque proprio per questi motivi divenuto un tema ineludibile nello studio del quarto Vangelo e, più in generale, nella teologia cristiana[2].
Grazie alla dichiarazione di 8,44 («Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna»)  si è guadagnato l’accusa di essere la più chiara forma teologica di quella demonizzazione dei Giudèi che è alla radice della tradizione antigiudaica che ha contrassegnato, con alti e bassi, la storia delle chiese cristiane.
La conseguente discussione sull’antigiudaismo del Vangelo di Giovanni è entrata profondamente nell’esegesi giovannea. La riflessione e la ricerca sulla verifica dell’eventuale presenza di un orientamento antigiudaico nel quarto Vangelo vanno naturalmente condotte su una pluralità di livelli: in prima battuta, impegnandosi su un terreno di carattere esegetico, attraverso l’analisi di suoi brani in cui il tema del rapporto con il gruppo de «i Giudèi» appare in maniera diretta o indiretta; in secondo luogo, grazie a una riflessione intorno al processo di recezione che lungo i secoli le comunità cristiane hanno condotto dell’opera del quarto Evangelista, attingendo dunque alla storia della sua interpretazione e dei suoi effetti; quindi operando una considerazione d’ordine teologico, che comporti un’approfondita riflessione sulla natura delle sacre Scritture e della rivelazione in esse attestata, ma anche sulla «violenza» che – a giudizio di alcuni – sarebbe implicata nell’esclusivismo cristologico giovanneo; infine con un approfondimento sul piano del rapporto col giudaismo: sia come tema centrale nel dialogo con l’ebraismo contemporaneo, sia quale comparto d’indagine essenziale nella ricerca sulle origini del cristianesimo e del momento in cui avvenne la «separazione delle strade» tra il cristianesimo e il giudaismo.


10.1. Livello esegetico


L’analisi esegetica del Vangelo di Giovanni deve porci nelle condizioni di rispondere a due interrogativi di fondo:  
a) L’antigiudaismo è solo un fenomeno della storia della ricezione del Vangelo di Giovanni, oppure è già posto, almeno potenzialmente, nel Vangelo stesso?;
b) la polemica contro «i Giudèi», che culmina in 8,44 («Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desiderî del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna»), è solo un elemento marginale del testo o è un’implicazione e una conseguenza della cristologia giovannea?
Le dichiarazioni su «i Giudèi» nel Vangelo di Giovanni vanno distinte sul piano della critica letteraria,  circoscritte dal punto di vista semantico e spiegate in prospettiva storica o psicologica a partire dall’ipotetica situazione della comunità giovannea. Nella ricerca esegetica troviamo approccî metodologici di tipo sincronico, contrapposti ad approccî diacronici, anche se non mancano studî che affiancano l’una e l’altra metodologia. Non mancano d’altronde contributi in cui l’indagine è condotta all’interno del mondo raccontato e altri dove si ricerca soprattutto il mondo reale riflesso nel testo, ma si incontrano anche studî dove si fa sintesi dei due metodi.
Un esegeta autorevole come Jörg Frey suggerisce come sia metodologicamente più sensato tener conto delle tre lettere giovannee per l’interpretazione del Vangelo di Giovanni: il fatto che, in esse, il sintagma «i Giudèi» manchi completamente è già un orientamento per l’indagine. Occorre tratteggiare la ripartizione del sintagma «i Giudèi» nell’insieme del quarto Vangelo, e configurare il campo semantico dei lessemi giovannei che descrivono i gruppi o le istituzioni ebraiche e dichiara che si dovrebbe tener conto di tutti. Il termine «i Giudèi» si rivela non solo distribuito irregolarmente, ma viene anche usato con sfumature molto diverse: le attestazioni non si lasciano ricondurre a un unico denominatore semantico, ma neppure ripartire su diversi strati letterarî. Si chiede quale relazione sussista tra «i Giudèi» e il mondo. L’evangelista identifica «i Giudèi» e il mondo? «I Giudèi» rappresentano il suo «mondo»?
A questo punto è opportuno render conto analiticamente delle varie ricorrenze dell’espressione «i Giudèi».


[1] – J. Frühwald-König, «Die “gröβere Schuld”. Antijudaismus in der Auslegung des Johannesevangelium?», in J. Frühwald-König – F. R. Prostmeier – R. Zwick (a cura di), Steht nicht geschrieben? Studien zur Bibel und ihrer Wirkungsgeschichte. Fs. G. Schmuttermayr, Regensburg: 2001, 153-172.
[2] – J. Lieu, «Anti-Judaism and the Fourth Gospel», in R. Bauckham – C. Mosser (a cura di),  The Gospel of John and Christian Theology, Grand Rapids: 2008, 168-182.

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