mercoledì 1 maggio 2013


Non svendiamo la dignità per un “piatto di lenticchie”.

Una volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed era sfinito. Disse a Giacobbe: "Lasciami mangiare un po' di questa minestra rossa, perché io sono sfinito". Per questo fu chiamato Edom. Giacobbe disse: "Vendimi subito la tua primogenitura". Rispose Esaù: "Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?". Giacobbe allora disse: "Giuramelo subito". Quegli lo giurò e vendette la primogenitura a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la primogenitura (Gen. 25,29-34).

Il messaggio biblico ci trasmette un antichissimo insegnamento sull’esigenza di salvaguardare la dignità autentica della persona umana. Oggi, nel rileggere il brano del “Libro della Genesi” sull’episodio di Esaù e Giacobbe che scambiano il diritto alla primogenitura per un piatto di lenticchie, siamo un po’ tutti abbastanza concordi nel criticare la scelta di Esaù che non ebbe esitazione a preferire un “piatto di lenticchie” immediato a un “diritto alla primogenitura” che in futuro si sarebbe tramutato in un vantaggio permanente. In effetti, nel fare questa valutazione, non dobbiamo frettolosamente sorvolare sulle condizioni reali di sofferenza di cui nell’episodio è vittima Esaù. Questi in realtà, se leggiamo attentamente il testo, fa esperienza di una reale e profonda sofferenza («era sfinito»; « sto morendo») che oggi, a distanza di millennî, può essere facile sottovalutare. In quell’occasione Esaù si trovava in una condizione di reale debolezza (oggi diremmo “debolezza contrattuale”) nei confronti del fratello Giacobbe, che, a dir la verità, non ci fa una buona figura, nonostante nei secoli successivi assurga alla dignità di Patriarca del popolo d’Israele. Noi, senza la pressione immediata della sofferenza provata da Esaù, in quel contesto siamo facilmente portati a valutare la preferibilità dell’opzione del “diritto alla primogenitura”, ma probabilmente l’urgenza immediata portò Esaù a fare una scelta diversa.
Oggi come cittadini italiani, se guardiamo bene alle cose, siamo chiamati a compiere una scelta che si svolge in un contesto che presenta tante analogìe con la vicenda di Giacobbe, Esaù e il “piatto di lenticchie”. La vita delle famiglie italiane attraversa uno dei momenti più difficili da diversi decennî a questa parte. In tante case manca il lavoro e in molte altre aleggia lo spettro della povertà. Di fronte a un quadro sì drammatico il Sig. Berlusconi offre a noi cittadini italiani l’elemosina del rimborso IMU e anche quella della sua eventuale abolizione.
Mi rendo conto che nelle condizioni difficili in cui tante nostre famiglie si trovano a vivere può risultare difficile rifiutare una tale elemosina, soprattutto se contrabbandata sotto le spoglie di un generoso regalo. Bisogna tuttavìa essere consapevoli che spesso i “regali” possono avere un secondo fine.
Dobbiamo avere la forza e la dignità per chiedere che tutte le risorse, tutte le energie, tutte le capacità, tutte le competenze siano indirizzate a un PIANO NAZIONALE ED EUROPEO PER IL “LAVORO” PER TUTTI.

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