Non svendiamo la dignità per un “piatto di lenticchie”.
Una
volta Giacobbe aveva cotto una minestra; Esaù arrivò dalla campagna ed era
sfinito. Disse a Giacobbe: "Lasciami mangiare un po'
di questa minestra rossa, perché io sono sfinito". Per questo fu chiamato
Edom. Giacobbe disse: "Vendimi subito la tua primogenitura". Rispose
Esaù: "Ecco, sto morendo: a che mi serve allora la primogenitura?". Giacobbe
allora disse: "Giuramelo subito". Quegli lo giurò e vendette la primogenitura
a Giacobbe. Giacobbe diede a Esaù il pane e la minestra di lenticchie; questi
mangiò e bevve, poi si alzò e se ne andò. A tal punto Esaù aveva disprezzato la
primogenitura (Gen. 25,29-34).
Il messaggio biblico ci
trasmette un antichissimo insegnamento sull’esigenza di salvaguardare la
dignità autentica della persona umana. Oggi, nel rileggere il brano del “Libro della Genesi” sull’episodio di
Esaù e Giacobbe che scambiano il diritto alla primogenitura per un piatto di
lenticchie, siamo un po’ tutti abbastanza concordi nel criticare la scelta di
Esaù che non ebbe esitazione a preferire un “piatto di lenticchie” immediato a
un “diritto alla primogenitura” che in futuro si sarebbe tramutato in un
vantaggio permanente. In effetti, nel fare questa valutazione, non dobbiamo frettolosamente
sorvolare sulle condizioni reali di sofferenza di cui nell’episodio è vittima
Esaù. Questi in realtà, se leggiamo attentamente il testo, fa esperienza di una
reale e profonda sofferenza («era sfinito»; « sto morendo») che oggi, a
distanza di millennî, può essere facile sottovalutare. In quell’occasione Esaù si
trovava in una condizione di reale debolezza (oggi diremmo “debolezza
contrattuale”) nei confronti del fratello Giacobbe, che, a dir la verità, non
ci fa una buona figura, nonostante nei secoli successivi assurga alla dignità
di Patriarca del popolo d’Israele. Noi, senza la pressione immediata della
sofferenza provata da Esaù, in quel contesto siamo facilmente portati a
valutare la preferibilità dell’opzione del “diritto alla primogenitura”, ma
probabilmente l’urgenza immediata portò Esaù a fare una scelta diversa.
Oggi come cittadini italiani,
se guardiamo bene alle cose, siamo chiamati a compiere una scelta che si svolge
in un contesto che presenta tante analogìe con la vicenda di Giacobbe, Esaù e
il “piatto di lenticchie”. La vita delle famiglie italiane attraversa uno dei
momenti più difficili da diversi decennî a questa parte. In tante case manca il
lavoro e in molte altre aleggia lo spettro della povertà. Di fronte a un quadro
sì drammatico il Sig. Berlusconi offre a noi cittadini italiani l’elemosina del
rimborso IMU e anche quella della sua eventuale abolizione.
Mi rendo conto che nelle condizioni
difficili in cui tante nostre famiglie si trovano a vivere può risultare
difficile rifiutare una tale elemosina, soprattutto se contrabbandata sotto le
spoglie di un generoso regalo. Bisogna tuttavìa essere consapevoli che spesso i
“regali” possono avere un secondo fine.
Dobbiamo avere la forza e la
dignità per chiedere che tutte le risorse, tutte le energie, tutte le capacità,
tutte le competenze siano indirizzate a un PIANO NAZIONALE ED EUROPEO PER IL “LAVORO”
PER TUTTI.
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